L'unica novità è che questa volta non ci hanno nemmeno provato. D'altra parte, che senso hanno quelle lunghe riunioni serali, appese a stravaganti mediazioni che puntualmente si attorcigliano su un punto e virgola, e che si concludono nello stesso modo? Esce il capogruppo M5S e ammette: «Ogni gruppo presenterà la sua risoluzione». Insomma, fatica risparmiata. Oggi, prima alla Camera e poi al Senato, per le comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo, le minoranze depositeranno cinque testi diversi. Il dente che duole è infatti l'Ucraina. Soprattutto a pochi giorni dalla vigorosa presa di posizione di Giuseppe Conte: «Lasciamo che se ne occupi Donald Trump». Anche il Pd ha le sue gatte da pelare: la segretaria non è mai andata a Kiev; un tentativo di avvicinamento al M5S lo farebbe anche, ma è frenata da due motivi. Il primo sono le divisioni interne: i riformisti, con il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, sono per un sostegno economico e militare al Paese aggredito dalla Russia, senza se e senza ma, e tengono sotto mirino Elly Schlein, ricordandole la posizione del Colle. La seconda riguarda l'inquilino della Casa Bianca: mai e poi mai il Nazareno potrebbe ammettere che si sta muovendo per favorire la pace. Il risultato è la piena incomunicabilità con il partner di via di Campo Marzio, con un'unica cortesia. Quella che la segretaria ha chiesto anche domenica, in assemblea nazionale: non attaccate l'avvocato di Volturara Appula. E dire che non si è ancora calmata la polemica scoppiata ad Atreju, per il tentativo di Elly Schlein di conquistare il palco a danno dell'ex presidente del Consiglio. Conte non si è fatto pregare due volte, è andato alla kermesse di Fratelli d'Italia e candidamente ha messo le cose in chiaro: «Non siamo alleati di nessuno». I fatti gli danno ragione. Anche sul tavolo del programma, il M5S balla da solo: «Presenteremo agli altri partiti i nostri punti irrinunciabili». Un'antifona che i fedelissimi della segretaria hanno già tradotto: «Quelli vogliono la botte piena e la moglie ubriaca». Ovvero, a un certo punto del 2026, gli emissari del Movimento si avvicineranno alla cassa: se ci volete in coalizione, il programma e il candidato presidente del Consiglio ce li mettiamo noi. Prendere o lasciare, poco spazio alla trattativa. Il campo di battaglia principale è sicuramente la politica internazionale, la materia in cui Elly Schlein è più imbrigliata: una buona parte del partito è pronta a non seguirla. Tanto più che la situazione interna, dopo la convention del fine settimana, è diventata ancora più nervosa. Il correntone (Dario Franceschini, Andrea Orlando e Roberto Speranza) sperava di essere trattato come il figlio prediletto e, visto che non è successo, medita di vendicarsi. Una possibilità che si è improvvisamente aperta a Palazzo Madama, per il pugno di ferro — che non è piaciuto — del capogruppo Francesco Boccia nei confronti di Graziano Delrio. Spropositato, commentano i senatori in Buvette. Così si soffia sul fuoco: e se si sostituisse l'ex ministro con l'affidabile Antonio Misiani, fedelissimo di Andrea Orlando? Con un'inedita alleanza: riformisti più delusi di Elly Schlein. Non c'è pace sotto il Nazareno.