Quarto Grado, l'anteprima dell'esclusiva intervista a Giuseppe Sempio: "La verità è la nostra, mio figlio non c'entra"

Nel corso della puntata di “Quarto Grado” condotta da Gianluigi Nuzzi con Alessandra Viero - in onda questa sera, venerdì 19 dicembre, su Retequattro – verrà trasmessa un'intervista realizzata da Martina Maltagliati esclusiva a Giuseppe Sempio - papà di Andrea Sempio - indagato per corruzione dal 30 ottobre scorso. Dal 30 ottobre scorso è indagato. Come sta? «Stiamo seguendo questa situazione e vedremo quali saranno gli sviluppi. Siamo nelle mani degli avvocati». Lei viene indagato per un'eventuale corruzione messa in atto per ottenere l'archiviazione della posizione di suo figlio Andrea nel 2017. «Con Venditti? Non c'entro nulla, non ho niente a che vedere. Non lo conosco neanche». Quante volte l'ha visto nella vita? «L'ho visto una sola volta, quando ci ha interrogati. Quel giorno ha interrogato tutta la famiglia su mio figlio: su dove fosse, su cosa avesse fatto quel giorno in cui c'è stato l'omicidio di Chiara Poggi. L'ho conosciuto solo quel giorno». C'è stata un'indagine a carico di suo figlio nel 2016-2017. Voi avete movimentato delle cifre anche importanti. La Guardia di Finanza attenziona 35.000 euro, potrebbero essere, secondo i suoi appunti, anche più di 50.000. Quei soldi a chi sono stati dati? «I soldi sono stati dati agli avvocati per seguire la pratica di mio figlio». Gli avvocati dell'epoca chi erano? «C'erano Soldani, Lovati e l'avvocato Grassi. Loro volevano i soldi in contanti e noi ci siamo adeguati alle loro richieste. Quando c'era bisogno si portavano i contanti in una busta all'ufficio dell'avvocato Soldani e poi, credo, se li dividessero tra di loro. Nel frattempo, c'è stato anche un pagamento per un genetista, Garofano, che ha svolto una consulenza ed è stato pagato con un bonifico». Arriviamo ai due biglietti che sono stati trovati in casa sua nell'arco di due perquisizioni diverse. C'è un primo biglietto: “Venditti GIP archivia per 20.30 euro”. Ce lo spiega? «La cifra di 20-30 euro si riferiva più che altro a un prospetto di spesa che dovevamo affrontare». Quei 20-30 erano mila euro come previsione di spesa o 20-30 euro per le marche da bollo? «Si parla sempre dei 20-30 mila di cui dice la Finanza. Era un prospetto di spesa fatto in casa, un ragionamento sul capitale che avevamo tra banca e posta per affrontare le spese. Non c'erano 20-30 mila scritti: era solo un'ipotesi, un conto fatto in casa». Non sa perché non ha scritto “mila”. «Non c'era motivo di scrivere “20-30 mila”. Quei soldi erano solo per gli avvocati». “Archivia” era una speranza, una previsione? «Era solo una cosa che volevo capire io dagli avvocati: cosa significasse l'archiviazione, il contesto dell'archiviazione, che cosa comportasse». Il 26 settembre scorso a casa sua viene trovato un altro foglietto indicativo. «Questo foglietto è un promemoria di quello che si pensava di arrivare ad affrontare, certe spese legali di mio figlio». C'è un 10.000 per il generale Garofano e poi una fattura per un totale di 6.433 euro. Ma lei segna Garofano 10.000. Perché? «Perché poi ho fatto l'assegno a mio figlio di 10.000 euro». Lei ha dato l'assegno a suo figlio? «Sì. Lui l'assegno se l'è preso e dunque la fattura del generale l'ha pagata con un bonifico». 21.13, sempre del 10 febbraio. In auto con sua moglie dice: “Bisogna trovare una formula per pagare quei signori lì”. Chi erano? «Gli avvocati». Però Giuseppe la formula l'avevate già trovata, almeno nel dicembre quando iniziate a segnare quella cifra di 2.000 euro. «Non c'era una formula». Cioè cercavate di aggirare questo tetto del prelievo del contante? «Si dovevano trovare i soldi per pagarli in contanti e basta». E non ne avevate più? «No, poi finiscono anche quelli». Perché non avete buttato via quel foglietto con le cifre? «Ma perché? È come dire che nascondi qualcosa e io non ho niente da nascondere». Perché “GIP archivia” potrebbe essere la prova che dà impulso... «Ma io non sapevo che sarebbe successa questa maledizione. Anche se lo avessi saputo non lo avrei buttato. È mio, l'ho scritto io». Quindi lo rivendica? «Certo che lo rivendico. Ma stiamo scherzando? È una cosa che ho scritto io! Per me è un promemoria. Poi la gente può dire quello che vuole». Sua moglie Daniela, in una settimana importante come questa, ha deciso di mettere lo stesso le luminarie per Natale. È un Natale di nuovo nell'incubo. Come lo vivrete? «Non è un Natale. Esci di casa e pensi che lo sia, ma per noi non lo è». Una parte di opinione pubblica ha deciso che siete colpevoli. Lei ha voglia o non ha più voglia di difendersi? «Adesso più di prima. Adesso si diventa cattivi. Noi stiamo i piedi per la cattiveria, la rabbia. È una vigliaccheria che si ripresenta di nuovo e che va avanti. Noi non avevamo niente da nascondere. Qui non c'è niente da nascondere. Mio figlio non c'entra niente. A casa mia i ragionamenti non si fanno più. Deve farli la giustizia. Noi sappiamo che la verità è la nostra, è solo la nostra. E ci sentiamo chiusi in un barattolo».