Viterbo, l'attentato che la rese Città dei Papi

AGI - Un attentato e non il primo conclave della Chiesa cattolica. È stato un omicidio a fare di Viterbo la Città dei Papi che oggi si conosce. La vicenda viene fuori confrontando le date degli eventi importanti nella biografia del capoluogo, uno dei tanti tesori del Lazio messo in ombra dalla fama eterna della “Caput mundi”. La storia ha del paradosso L’inizio di Viterbo quale sede papale non si deve al paesaggio gentile della provincia medievale scelto da inquilini con la tiara, ma alla fine violenta di un pontefice avvenuta in un altro luogo. La vittima è Lucio II. Nel 1145 fu ucciso a Roma , preso a sassate dalla popolazione in rivolta (animata dal religioso riformatore Arnaldo da Brescia ) che voleva l’indipendenza dal potere ecclesiastico. Gli insorti presero il Campidoglio ristabilendovi l’antico Senato e scontrandosi con le milizie capeggiate proprio dal papa. Il nuovo corso comincia da qui Roma smise di essere residenza sicura dei capi della Chiesa e Viterbo apparve riparo tranquillo degli eredi di Pietro , distante appena un’ottantina di chilometri (in linea d’aria) dalla città burrascosa. La conseguenza fu che nello stesso anno dell’omicidio di Lucio II il successore “Eugenio III – scrive lo storico viterbese Cesare Pinzi nei ‘Principali monumenti di Viterbo’ - fu il primo dei papi che, fuggendo le ire di Roma, venne a cercare scampo fra le mura di Viterbo, e vi trattenne per sette mesi la sede papale”. Non solo. In un altro suo lavoro (“Il Palazzo papale”) lo stesso autore considera “ovvie le ragioni per cui i papi della seconda metà del secolo decimoterzo prescelsero Viterbo a loro terra di rifugio, tutte le volte che le turbolenze o le ostilità dei Romani li sforzarono a fuggir dal Laterano. Otto papi – aggiunge - l'uno dopo l'altro, da Alessandro IV a Niccolò III, vennero a porre stanza in Viterbo, procurando alla città un incremento che segnò l'apogeo della sua vita medioevale”. Stando ad altri calcoli, però, se ne potrebbe aggiungere pure qualcun altro Se si tiene conto di quante volte e per quali pontefici Viterbo è stato luogo di elezione, sede papale provvisoria e tappa finale della loro esistenza, la cifra finale infatti cambia. Dal 1145 al 1281 i papi tra le mura del Palazzo (inaugurato nel 1266) sono stati dieci: Eugenio III, Pasquale III, Alessandro IV, Urbano IV, Clemente IV, Gregorio X, Adriano V, Giovanni XXI, Niccolò III e Martino IV. Tra questi, ce n’è uno che ha firmato una pagina di primo piano della storia viterbese: Gregorio X. Nel 1268, dopo la morte nella città laziale di Clemente IV i cardinali elettori (sui libri di storia il loro numero varia da 17 a 18, ndr) si erano riuniti nel Palazzo per scegliere il successore. Il defunto era nato in Francia e non erano in molti a volere un altro papa d’Oltralpe. Così era difficile trovare un accordo. Lo era talmente tanto che, riportano i testi, alla fine del 1269 il podestà di Viterbo diede la sveglia ai cardinali sollecitandoli a concludere. I porporati però non gradirono l’esortazione e lo scomunicarono. Ma non servì. Anzi, produsse l’effetto contrario. Nel giugno 1270 la cittadinanza scoperchiò una parte del tetto del Palazzo dei Papi riducendo progressivamente anche i pasti per il Collegio cardinalizio. Bisognò aspettare il primo settembre dell’anno dopo per arrivare al termine delle operazioni di voto. In quello stesso giorno i cardinali nominarono una Commissione di sei loro delegati la quale in poche ore scelse il nome: Gregorio X appunto. Al secolo, si trattava di Tebaldo Visconti, 61 anni, nobile piacentino, arcidiacono di Liegi in quel momento impegnato in Palestina per combattere la decima crociata. Tre mesi dopo giunse a Viterbo. Nel 1272 fu ordinato prete e, in quello stesso periodo, incoronato papa. L ’assemblea viterbese di alti prelati durò 33 mesi ed è la più lunga nella storia dello Stato pontificio. Gregorio X Perfezionò il processo di norme sull’elezione papale avviato oltre due secoli prima per blindare il voto da influenze esterne. Nel 1059, con il decreto “In nomine Domini” Niccolò II aveva affidato l’elezione papale ai soli cardinali. Nel 1179 (“Licet de evitanda discordia”) Alessandro III aveva stabilito che la maggioranza necessaria fosse dei due terzi dei cardinali elettori. E nel 1274, nel Concilio II di Lione Gregorio X aveva promulgato la “Ubi periculum” regolamentando la clausura elettorale dei cardinali. A lui, ricorda la Santa Sede, “si deve l’istituzione ufficiale del cosiddetto ‘conclave’” , dal 1492 nella Cappella Sistina. “Habemus Papam”, abbiamo il Papa.