Roma . Da una parte c’è il piano legale, “e da garantista convinto aspetto l’esito dei processi”. Dall’altro c’è quello etico, “e qui Mohammad Hannoun e i suoi accoliti sono già colpevoli”, dice al Foglio Emanuele Fiano, ex deputato del Pd e presidente di Sinistra per Israele. “Non so se sia più grave aver finanziato il terrorismo, aver truffato delle persone che credevano in buona fede di fare beneficenza per i gazawi o definire il 7 ottobre un atto resistenza paragonabile alla rivolta partigiana contro il nazifascismo. Dell’ultima siamo certi: quel signore ha detto e ridetto cose spaventose, aveva anche ricevuto un Daspo urbano da Milano. L’ho criticato duramente in varie situazioni, quando ad esempio riteneva le esecuzioni sommarie dei presunti collaborazionisti di Israele compatibili con la guerra. Se qualcuno afferma queste cose chiarisce da che parte sta, e lui sta dalla parte del male. Io e la mia associazione continuiamo a ribadirlo. Altri esponenti della sinistra italiana invece no”. Ed è un problema. “Essere solidali con la popolazione di Gaza massacrata non può confondersi con il sostegno a Hamas: purtroppo, il movimento pro-Pal su questo ha presentato ampie aree di ambiguità”. Nemmeno dopo gli arresti di questi giorni, da Avs al M5s, sono arrivate condanne senza se e senza ma. Troppo facile dire no al terrorismo, e non prendere le distanze dall’uomo. Oppure scaricarlo in tutta fretta, dopo averlo invitato in Parlamento. “Ho visto invece i comunicati di Provenzano, Serracchiani, di tante persone del Pd che in passato non hanno mai sottaciuto i crimini del 7 ottobre”, puntualizza Fiano. “Non credo che il partito e Schlein abbiano mai mostrato tenerezza nei confronti di Hamas: anzi, Elly, a Piazza del Popolo, fu la sola leader della sinistra a parlare con chiarezza”. C’è un però. “La questione profonda, in area dem, è non aver capito che fra le migliaia di persone scese in strada a manifestare per la Palestina si è sempre annidata una parte vergognosamente giustificazionista, se non favorevole, nei confronti di Hamas. Aver sottovalutato o ignorato questa frangia pericolosa è un errore politico enorme”. Secondo Fiano, “l’inchiesta in corso – per quanto le ipotesi di reato, se confermate, avrebbero ripercussioni tremende – non deve diventare il pretesto per scatenare il tribunale del popolo. Ma l’occasione per intraprendere una svolta convinta, tra la classe dirigente e l’opinione pubblica. Io non sono affatto massimalista: il movimento palestinese non è scevro da orrori tanto quanto non lo è la destra israeliana. La critica al governo Netanyahu è sacrosanta, ma non può sfociare nell’antisemitismo. Dunque mai ragionare in modo manicheo: il mondo è complesso. Questo è il modo di stare nella sinistra riformista di oggi”. O almeno, così dovrebbe essere. “Hannoun guidava i cortei cantando ‘dalla fiume al mare’: lì dentro c’erano anche tanti elettori di centrosinistra, purtroppo. Negli ultimi mesi ho partecipato a diverse trasmissioni tv con esponenti pro-Pal, cercando di far capire loro l’ignobilità di certi striscioni”, su tutti quel “7 ottobre giornata della resistenza palestinese”, apparso a Roma a due anni dall’eccidio. “A quei signori non bisogna dare la cittadinanza. E serve il massimo rigore: nel mare magnum che comprende tanti cittadini empatici con le sofferenze dei gazawi, circolano anche idee terribili. Questo è grande il problema di oggi”. Come affrontarlo? “Rispondo con l’essenza dell’associazione che presiedo. Due popoli e due Stati: noi non smettiamo di essere di sinistra, e vogliamo che la sinistra sia cosciente della necessità di non commettere errori su questa tematica. È fondamentale educare anche i ragazzi, le nuove generazioni che rifiutano il dialogo come ho potuto constatare a Venezia”, quando due mesi fa, all’Università Ca’ Foscari, Fiano fu zittito dagli attivisti pro-Pal. “E davanti a profili come Hannoun bisogna intervenire fermi, non avere dubbi. Senza aspettare che la vicenda arrivi fino al piano giudiziario”.