La preoccupazione resta, ma il pensiero è già a come ridurre il danno. E allora arrivano le proposte: compensazioni dirette, sforamenti del Patto di stabilità, uso del Pnrr, aiuti per aprire altri mercati. E poi continuare a negoziare. Fino all’ultimo. Incassata la botta dell’accordo politico tra Usa e Ue per dazi al 15%, le categorie produttive chiedono al governo di aiutarle. La presidente di Confindustria Veneto Est, Paola Carron , chiede, per esempio, di «continuare a negoziare e rilanciare la competitività dell’industria con gli investimenti e la semplificazione, sforando anche il Patto di stabilità ed eliminando i dazi interni». Perché il rischio, avverte, non è solo un calo dell’export, ma «la tenuta economica e sociale del comparto manifatturiero italiano ed europeo, e dell’Unione stessa». Che fare, dunque? «Bisogna continuare a negoziare e al tempo stesso attivare misure di compensazione a livello nazionale ed europeo per i settori più colpiti, attingendo anche alle risorse del Pnrr o dei Fondi di Coesione, vista la situazione straordinaria». E vanno eliminati i «dazi interni», ossia la proliferazione di «norme, multe e dazi autoimposti sulla manifattura europea». Infine, Carron chiede al governo di farsi portavoce a Bruxelles per chiedere di «sforare il Patto di Stabilità non solo per la difesa, ma anche per l’industria». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43544284]] Le valutazioni, del resto, non sono tutte fosche. Vede il bicchiere mezzo pieno, per esempio, Marcello Cattani , presidente di Farmaindusria, che pure rappresenta uno dei settori potenzialmente più colpiti: «L’accordo sui dazi al 15% relativamente ai farmaci», ha detto ieri, «è un compromesso con costi importanti per le imprese, ma che evita l’escalation commerciale e, considerate le premesse davvero critiche, con un impatto a livelli ancora sostenibili». Molto allarmato, invece, è Alberto De Togni , presidente di Confagricoltura Verona e vicepresidente vicario di Confagricoltura veneto, secondo cui «i dazi al 15%, uniti alla riduzione del 15-20% delle risorse europee previste dalla proposta della Commissione europea sulla pac 2028-2034, saranno una mazzata per tutte le oltre 14.500 aziende agricole veronesi», che dovranno prepararsi a «prospettive funeree». A spezzare una lancia a favore dell’accordo Usa-Ue, sia pur con alcune puntualizzazioni, è, invece, Assolatte, l’associazione delle industrie lattiero casearie italiane, secondo cui la tariffa del 15% “rappresenta un costo extra per molte imprese del settore, ma è senza dubbio un risultato importante, vista la ferma volontà dell’amministrazione Usa di ottenere forti aumenti sulle tariffe. Il peggio è passato», commentava ieri il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti . Disegna un quadro preoccupante, invece, uno studio dello Svimez, che analizza le possibili perdite regione per regione. In totale, secondo la ricerca, sarebbero oltre 8,6 i miliardi di esportazioni in meno dall’Italia, con una riduzione del 14%. L’accordo con gli Stati Uniti, secondo lo Svimez, danneggerebbe prevalentemente il Nord, area a maggiore trazione industriale e più orientata all'esportazione con 5.894 milioni, il 68,32% del totale. Una stima preoccupante arriva anche dal Formez, secondo cui l’accordo tra Unione europea e gli Stati Uniti potrebbe significare per l'Italia una riduzione del 14%delle esportazioni pari a oltre 8,6 miliardi l’anno e una diminuzione di oltre 103mila posti di lavoro a tempo pieno, con il 68,32% della riduzione complessiva dell'export concentrata al Nord. Durissima anche Assonime, associazione delle spa italiane, secondo cui quello siglato tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea domenica scorsa "più che un accordo è una resa quasi incondizionata».