Se Hijazi ci attacca vuol dire che siamo dalla parte giusta

Ci ha provato l'Unione Europa a tapparci la bocca ai tempi della commissione Libe, una specie di tribunale speciale sovietico sulla libertà di stampa che, come primo atto, censura un giornalista dal dibattito, in quel caso era chi vi scrive ma soprattutto Il Tempo. Bruxelles e Ursula non ci sono riusciti. Figuriamoci se ci può riuscire lei, Signor Suleiman Hijazi, personaggio che si presenta nel nostro Parlamento dopo avere spifferato ai quattro venti la sua vicinanza con Hamas, a negarla e darci lezioni di democrazia quando esplode il caso e gli italiani si domandano a che titolo ci fosse lei nel palazzo che simboleggia il contrario di ciò che professano loro. E lo fa pure minacciando Il Tempo e Libero e annunciando la solita sequela di intimidazioni tipiche di chi è abituato a tappare la bocca quando non gli piace ciò che dice. Tipico di regimi come Hamas, che usano gli innocenti come scudi umani e da oggi anche i giornali come scusa. Il Tempo non solo conferma ogni riga di quanto scritto dalla collega Giulia Sorrentino, ma da oggi siamo, se possibile, perfino più consapevoli che abbiamo fatto bene. In un Paese libero i giornali raccontano e ai giornalisti si risponde, mentre lei, caro Suleiman Hijazi, alla domanda se considerasse Hamas un gruppo terroristico non l'ha voluto fare. Ebbene per noi lo è. Così come lo sono i gruppi che, con il supporto di una parte della sinistra a cui lei si accompagna, favoriscono la radicalizzazione jihadista in Italia e usano l'orrore di Gaza per fomentare antisemitismo e principi antidemocratici.