L'"amico" di Hamas minaccia di querelarci. Ma Il Tempo non molla

Dopo lo scoop del Tempo sulla presenza di Suleiman Hijazi alla Camera durante l'evento organizzato dal M5S in cui Francesca Albanese ha esposto il suo rapporto «Dall'economia dell'occupazione all'economia di genocidio», ecco che Hijazi ha deciso di querelarci: «Questa è la prima pagina di Libero e questa è quella del Tempo. Suleiman Hijazi, attivista palestinese, è stato colpito da articoli degni di una rappresaglia mediatica solo per il fatto che è dalla parte dei palestinesi ed è stato utile per colpire Francesca Albanese. Viene accusato di menzogne per cui chiameremo i due giornali e gli autori dei due articoli a rispondere davanti ai giudici per diffamazione». È stato questo l'incipit del discorso dell'avvocato Luca Baccuccio in un video diffuso sui propri social, in cui definisce i nostri articoli e le nostre parole gravemente diffamatorie. Ma noi non abbiamo mai colpito lui per colpire qualcun altro, non c'è mai stato un bersaglio precostituito. L'unico faro che ci ha sempre mosso è il racconto della verità e come tale lo abbiamo fatto. Ma soprattutto ci siamo posti delle domande, perché siamo davanti a una persona che nel 2015 scriveva sul proprio profilo Facebook che «il nostro movimento della resistenza che ha combattuto e continua a combattere in Palestina (Hamas)». E interrogarsi, soprattutto in un momento storico in cui il fondamentalismo islamico sta dilagando anche in Italia, è il minimo sindacale che si possa fare. A rispondere è il direttore Tommaso Cerno: «Il Tempo fa il lavoro che devono fare i giornali. Denuncia e rende pubbliche le notizie che scopre, in questo caso notizie di alta gravità, come il fatto che vengano ospitate in Parlamento figure islamiste vicine ad Hamas. Confermiamo ogni parola scritta, la qualità del lavoro della collega Giulia Sorrentino, e siamo pronti a ogni tipo di confronto in quanto quotidiano espressione di una democrazia, contrario a ogni forma di censura, minaccia, intimidazione contro chi sta raccontando il dilagante processo di islamizzazione nel nostro paese». Perché non ci siamo fermati a un post vecchio di 10 anni fa, gli abbiamo fatto domande a cui lui ha risposto negando fatti storicamente avvenuti: «Le parole di Elnet su di me? Sono cose non vere, è una fonte sionista, e io non sono obbligato a dire quali sono le mie idee. La domanda che dovreste fare, se vi importano i diritti umani, è cosa ne penso dei 70.000 morti palestinesi a Gaza», ci dice quando gli chiediamo se Hamas sia o meno un gruppo terroristico. «Io non corro dietro queste domande. Se pensi che Hamas sia un'organizzazione terroristica va bene, ma io non sono obbligato a rispondere». Quando gli ricordiamo che la nuova fase del conflitto nasce da una barbarie per mano di Hamas sostiene che «questa è la storia secondo lei. La Palestina è occupata dal '48, Gaza è nell'embargo dal 2007 e in questi anni ha subito più aggressioni». Ma non ha riconosciuto nemmeno che Hamas e l'Iran vogliano la morte di Israele e del popolo ebraico: «Non loso, melo state dicendo voi. Quello che so io è che due milioni di persone stanno rischiando la morte». Non ha risposto quando gli abbiamo chiesto del 7 ottobre, né quando gli abbiamo chiesto di discostarsi dalla natura terroristica di Hamas, né su fatti storicamente riconosciuti come la minaccia che subisce Israele da sempre. Però il suo passato parla e lo vedeva vicino ad Abspp (Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese), il cui presidente è Mohammad Hannoun, accusato dei servizi di intelligence israeliani ed europei di finanziare Hamas - tramite le attività umanitarie pro-Gaza. Un fatto finito in Parlamento con due interrogazioni, una di FI con Maurizio Gasparri in  Senato, l'altra di FdI con Sarah Kelany, il capogruppo Galeazzo Bignami e il collega Francesco Filini alla Camera. Ecco che, allora, i fautori della libertà di parola ci vogliono censurare per aver riportato i fatti. Fatti che continueremo a denunciare perché sì, in Italia la libertà di stampa prevale su qualunque ideologia.