Beppe Sala vive nel paese delle Meraviglie

Come in un vecchio film anni ’80, Giuseppe Sala si divide tra due dimensioni parallele. Una è ovviamente quella onirica, dove ieri il sindaco ha annunciato grandi svolte sull’urbanistica e una campagna di rifacimento delle principali arterie urbane. L’altra è quella reale, dove a tenere banco è soprattutto la Procura di Milano. Riguardo a quest’ultima dimensione, per capire quanto siano fondate le ambizioni della giunta, è bene rileggere le ragioni che hanno portato il governatore calabrese Roberto Occhiuto a inattese dimissioni. La sua amministrazione, dopo l’avviso di garanzia al presidente, era sostanzialmente incatenata: «Nessuno firma più nulla, tutti hanno paura. La mia esperienza si sta paralizzando». La spiegazione è ovvia: chi è disposto, anche in buonissima fede, ad accettare il rischio di mettere le mani su pratiche che sono sotto la lente dei magistrati? Il pericolo di finire come minimo intercettato e conseguentemente distrutto a mezzo stampa porta direttamente alla rinuncia di qualsiasi velleità politica. Ovviamente del tutto a prescindere dalla consistenza dell’inchiesta. Eppure Sala mostra coraggio, questo va detto. Ieri ha incontrato i rappresentanti delle famiglie bidonate con lo stop al Salva-Milano. Si parla di circa 4.000 nuclei rimasti senza l’appartamento promesso dai costruttori e spesso già pagato. E il problema è che con la tempesta giudiziaria non si sono fermati solo i progetti contestati dalla magistratura, ma anche molti altri che risentono del caos degli uffici di Palazzo Marino, cosa abbastanza normale viste le retate. Gli uomini di Sala hanno promesso di aprire tavoli con gli inquirenti (dove sarà meglio portare parecchi avvocati di scorta) per sbloccare la situazione in autunno. E contestualmente il primo cittadino ha lanciato un «piano straordinario perla manutenzione delle strade». Il tutto sotto costante minaccia. Già, perché anche gli inquilini del Salva-Milano annunciano di essere intenzionati portare avanti a partire da settembre una class action contro il Comune, se la situazione non muterà come promesso. Un’altra grana giudiziaria. Il tutto mentre – come abbiamo scritto nei giorni scorsi – il tintinnare di manette sta eccitando i temibili comitati cittadini, che hanno iniziato a sommergere di denunce l’amministrazione, anche per progetti che sembravano ormai fuori discussione. L’esempio più importante è ovviamente quello della cessione dello stadio di San Siro a Milan e Inter, al quale Sala sembra aver intenzione di legare il suo destino. Se il Consiglio non dovesse votare la delibera, il sindaco si dichiara pronto all’addio. E lo stesso vale per piano casa e Pgt. La maggioranza sta in piedi per un paio di consiglieri e in Comune tutti si chiedono chi potrebbe essere il traditore, chi potrebbe cedere alle pressioni della sinistra radicale e dei Cinquestelle che vorrebbero staccare la spina alla giunta delle “colate di cemento”. Il tutto a prescindere dalla incredibile figuraccia che ne conseguirebbe, visto che in quel caso si arriverebbe alle Olimpiadi senza un sindaco eletto in Comune. Fantapolitica? Non tanto, la situazione sta degenerando e dicono che Sala faccia sul serio quando minaccia l’addio. E la paralisi è dietro l’angolo. Lo si capisce anche da un altro dettaglio: pare che nessuno stia insistendo per ricevere in eredità la delega all’Urbanistica, quella dell’arrestato assessore Tancredi. Nessuno vuole vedere il proprio nome legato all’inchiesta. Nel giro di poche settimane si capirà la direzione che prenderà la politica milanese e soprattutto se il sindaco accetterà di convivere con lo stallo che molto probabilmente prenderà anche il Comune di Milano. Cosa è meglio per la città? Chiedete a Occhiuto...