Nicolai Lilin a giudizio, le frasi choc alla giornalista Rai sul "polonio nel tè"

È stato disposto il rinvio a giudizio a carico dello scrittore Nicolai Lilin, nome anagrafico Nicolai Verbjbitkii, per le frasi minacciose rivolte tramite video pubblicati sul suo canale YouTube all'inviata Rai Stefania Battistini e al suo operatore Simone Traini. Lo scrittore moldavo, noto per il best seller “Educazione siberiana” del 2009, è accusato di diffamazione aggravata e di minaccia grave. La vicenda è stata ricostruita dal “Corriere della Sera”. Nei video pubblicati a metà agosto 2024, Lilin aveva rivolto parole pesanti ai due giornalisti, arrivando a evocare un ipotetico avvelenamento con il polonio e a fare riferimenti ai servizi segreti russi, in un contesto che la procura milanese considera potenzialmente pericoloso. Le frasi si inseriscono nel contesto di un reportage realizzato dai due inviati il 14 agosto in Ucraina, dove documentavano un'incursione di soldati ucraini in territorio russo. Il servizio aveva provocato la reazione di Mosca, che aveva emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti dei reporter, tuttora sotto scorta. “Abbiamo fiducia nella giustizia che esaminerà questo caso”, ha dichiarato Eleonora Piraino, avvocata di Lilin, dopo la notifica del procedimento, recapitata allo scrittore durante una sosta in un aeroporto italiano. Non solo Lilin: nel fascicolo figurano anche altri commentatori online. Due persone sono già a processo a Milano per frasi pubblicate su Telegram, mentre ulteriori segnalazioni sono state inviate ad altre procure per competenza. Tra gli imputati figurano un ingegnere 59enne e un 50enne disoccupato; i loro difensori hanno sottolineato come molte espressioni fossero iperboliche o ironiche, prive di concreta possibilità di realizzazione. Il caso evidenzia la crescente rilevanza dei social nella diffusione di messaggi aggressivi o minacciosi. Esperti di diritto digitale sottolineano che la rete amplifica immediatamente parole che, seppur teoricamente metaforiche, possono avere effetti reali su chi ne è destinatario. La linea tra libertà di espressione e responsabilità penale diventa quindi sempre più sottile, soprattutto in contesti di alta tensione internazionale come quello dell'Ucraina. Il servizio di Battistini e Traini si inserisce in un quadro di conflitto che ha già visto giornalisti internazionali diventare bersaglio di minacce e ritorsioni. Dal caso Skripal, avvelenato con il polonio in Inghilterra, alle pressioni esercitate su reporter in zone di guerra, la storia recente ha dimostrato come certe espressioni non siano mai puramente simboliche. L'inchiesta contro Lilin richiama, quindi, questioni delicate legate alla tutela dei giornalisti in territori instabili e alle responsabilità di chi utilizza la rete per minacciare. Per Battistini e Traini, le dichiarazioni dello scrittore e dei commentatori online hanno comportato un aumento delle misure di sicurezza e una maggiore attenzione istituzionale. Il caso ha attirato l'attenzione anche dei sindacati di categoria e di associazioni per la libertà di stampa, che ne seguono gli sviluppi con preoccupazione per le implicazioni sulla sicurezza dei giornalisti. Il pm milanese Francesca Crupi ha deciso il rinvio a giudizio, che determinerà ora in aula se le affermazioni di Lilin e dei coindagati costituiscono effettivamente reati di minaccia e diffamazione aggravata. Le parti potranno presentare prove e argomentazioni difensive, mentre l'attenzione dei media resta alta per comprendere il confine tra parole e azioni nell'era digitale. La vicenda, in ogni caso, non riguarda solo il caso specifico dei giornalisti Rai, ma solleva interrogativi più ampi sull'uso dei social per esprimere odio e violenza verbale e sulle conseguenze penali che possono derivarne. L'evoluzione del processo sarà seguita con attenzione non solo in Italia, ma anche da osservatori internazionali interessati alla protezione dei giornalisti in scenari di guerra.