Festa del Cinema di Roma: esordio di Rampoldi in regia, legami e tradimenti in "Breve storia d'amore"

L'amore e le sue zone d'ombra vero campo di battaglia del cinema contemporaneo. Nella ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma, 'Breve storia d'amore' presentato nella sezione Grand Public ripropone il tema del tradimento e del segue introspettivo, con l'esordio alla regia di Ludovica Rampoldi, già sceneggiatrice di serie Tv come 'Gomorra' e 'Il Traditore'. "Avevo scritto il soggetto quando avevo vent'anni - ha raccontato - mossa da domande che hanno continuato a bussare alla mia porta: perché si tradisce, come ci si comporta quando si scoprono cose dell'altro, perché si sta insieme? E spero di aver veicolato queste domande attraverso i quattro personaggi, interrogando il pubblico come mi sono interrogata io". Nel film, Pilar Fogliati è Lea, una giovane donna che trasforma il tradimento in una ricerca interiore: "Scopre che il suo compagno la tradisce e potrebbe reagire come tutti, arrabbiarsi, vendicarsi. Invece lo vive come un'occasione per capire se stessa e cosa significa tradire. Non giudica il bene o il male, e neppure il film lo fa. Si chiede piuttosto: cosa si prova a essere come quelli che tradiscono? Cosa sognano davvero?". Accanto a lei, Valeria Golino offre un ritratto di straordinaria maturità nel ruolo di Cecilia: "La doppia essenza e funzionalità di Cecilia era molto interessante per me, perché è l'antagonista ma anche la mentore. È più spregiudicata e libera, forse più coerente. Vive come crede sia giusto e senza sensi di colpa". Golino descrive il personaggio come "una donna che dice alla protagonista le cose che le serviranno per cambiare, che fa da detonatore alla sua trasformazione". Adriano Giannini, interprete di Rocco, lo descrive come "un uomo che porta con sé un grave senso di colpa, sposato con la sua ex psicanalista e che vive con una sorta di indolenza. "Questo è un film che mischia tre generi - spiega l'attore - un po' di commedia, un po' di romance, e una sorta di thriller psicologico. È molto complesso cinematograficamente, ma Ludovica ce l'ha fatta". Per la regista, il simbolo delle formiche - che nel film tornano ciclicamente - è una metafora del rischio di perdersi nel proprio girare a vuoto: "Mi interessava quel movimento in tondo, convinte di seguire chi sa la strada. Se non si interrompe quella spirale, si va incontro alla morte. È il girare intorno a sé stessi che ci distrugge". Tra i produttori, Nicola Giuliano (Indigo Film) ha sottolineato "la forza della sceneggiatura, capace di attrarre attori di questo calibro. Fare un'opera prima oggi è difficile, ma Ludovica aveva un'identità chiara e una visione matura". E Samantha Antonnicola di Rai Cinema ha aggiunto: "Fa parte della mission di Rai Cinema fare opere prime, e ne facciamo tante ma questa è atipica. Il talento di Rampoldi è dimostratissimo. Avevamo già la sensazione che fosse arrivato il suo momento, e non ci siamo sbagliati".