Era un'inchiesta giudiziaria ed è diventata una telenovela priva di colpi di scena e piena di mostri presunti sbattuti in prima pagina per far felice il pubblico affamato e titillare la pletora di giornalisti schierati in difesa di questa o dell'altra tesi senza troppo convincimento se non quello di fare ascolti. I dettagli si sovrappongono e si confondono in questo scenario criminale del giallo di Garlasco incline al voyeurismo. Ma sono quelli di una commedia buffa che a volte tracima in tragedia. Cito solo gli ultimi episodi e vado in ordine sparso. L'avvocatone dal ciuffo bianco (Lovati) che si dispiace di essere stato defenestrato dal suo assistito Sempio ma monopolizza le tv, sogna esorcismi, e studia da Jerry la Rana per una fiction televisiva. Un «sistema Pavia» fatto di scambi, favori e piacevolezze tra signori togati, imprenditori di successo e forze dell'ordine senza macchia (apparente). Un'inchiesta (sempre a Pavia) chiusa frettolosamente nel 2017 nonostante quella prova circostanziata che conduceva a Sempio. Un ex pm stimato e ammirato indiziato di corruzione ed esposto al pubblico ludibrio ancora prima che gli sia fatto un processo. Testimonianze confuse che sbucano dalle retrovie e puntano il dito contro Sempio, anzi Stasi, anzi Ignoto 3. Poi i dettagli pruriginosi sul santuario della Bettola, l'emoticon tigresco di un'avvocata agli inizi della carriera, il delirio di telecamere sparpagliato nelle vie, il canale Tromello dragato alla ricerca dell'arma del delitto che però era solo il martello di un carpentiere annoiato. Mancano solo l'esercito e i riti satanici e onirici echeggiati dal suddetto Lovati e avremo fatto bingo... Sullo sfondo le uniche due incontrovertibili verità di questa brutta storia di cronaca nera che si trascina dal 2007 e che ha trascinato nel fango un paesello adagiato sulla pianura padana: l'innocenza di Alberto Stasi, in prigione da 10 anni senza che si sia mai dimostrata la sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. E la tragica morte di Chiara Poggi, straziata e uccisa nel fiore degli anni da uno sconosciuto cui ha aperto la porta in una mattina d'estate senza immaginare che fosse quello il principio della fine. Avete mai sentito qualcuno parlare di Chiara, com'era e cosa sognava, o del dolore dei suoi cari in questi anni di indagini e fascicoli sparsi come sale su ferite mai sanate? Mai. Non cambio idea rispetto a quello che ho sempre sostenuto. Alberto Stasi è innocente e ha pagato da solo il prezzo di un'ingiustizia acclarata, trascorrendo dieci anni della sua vita in carcere per un'inchiesta condotta malamente e goffamente e perché una corte ne ha smentite altre due condannandolo dopo due sentenze di assoluzione. Una vergogna che ha ridicolizzato la magistratura italiana, di cui nessuno ha più parlato a parte il sottoscritto che ho seguito Alberto nel suo calvario trovandomi sempre di fronte una persona perbene e buona incapace di covare vendetta nei confronti dei giudici e soprattutto del sistema che lo stritolava bruciandogli i giorni, le opportunità e forse anche la speranza. Chi meglio del biondino slavato della Bocconi con la faccia da secchione, i modi misurati e la voce bassa per chiudere la faccenda e trovare un colpevole da dare in pasto all'opinione pubblica atterrita da quel truce delitto? Anche i cretini sanno che Stasi è innocente ma lui resta in cella, col solo beneficio della semilibertà. Sono stato il primo a compiacermi l'11 marzo scorso che finalmente si aprisse una breccia su quel muro di cemento che si era chiuso sul fidanzato di Chiara. E sono ancora propenso a pensare che una procura si muova solo sulla base di indizi e prove concrete. Ma non mi sembra che finora sia emerso nulla di incontrovertibile e di definitivo contro Sempio. Quello che mi sconcerta di più tuttavia è il circo mediatico nato attorno a quel fascicolo aperto dopo anni di colpevole indifferenza. I dibattiti televisivi, gli esperti di crimini, i genestisti all'inseguimento del dna, gli avvocati presenzialisti che litigano e primeggiano in favore di telecamere. Financo i cronisti che non cercano più notizie ma si affidano ai sussurri, scavano nel torbido, ritagliano dettagli, alla ricerca di un titolo che non avranno mai il tempo di verificare. La Garlascolandia... come se tutto il mondo girasse su Garlasco. Come se non si potesse trascorrere un giorno senza dire Garlasco. Come se fosse un teatro con i protagonisti, le comparse, gli eroi nascosti, i sobillatori. Gli eterni ritorni: le misteriose gemelle Cappa, l'ex comandante dei Ris Garofano. E i nuovi ingressi: Corona, Ignoto 3, un certo Maurizio delle intercettazioni sui genitori di Sempio. Non vorrei che nella confusione generale si perdesse di vista il fine ultimo: liberare Stasi da questo girone infernale in cui lo si è condannato da qui all'eternità. E salvare Sempio dalla mostrificazione a prescindere. Mi soffermo spesso a guardare il volto di quei due ragazzi che il filo di Chiara e il grande mistero del 13 agosto 2007 lega indissolubilmente. Sono stempiati, hanno le rughe pesanti sulla fronte, e il fisico leggermente appesantito. Sono invecchiati insieme all'inchiesta. Ieri la mamma di Sempio è stata ricoverata in ospedale, il secondo malore in pochi mesi e non credo che sia un caso. Perché è così che funziona la giustizia italiana: o crepi in cella ingiustamente; o crepi in attesa di un giudizio che non arriva. Ma intanto sei il mostro e hai la vita rovinata. Tu e la famiglia che ti sta accanto. «Il capolavoro dell'ingiustizia è di sembrare giusto senza esserlo», diceva Platone. E l'Italia è maestra in questo. A proposito: ieri, 17 ottobre 2025, nessun giornale nazionale recava notizie su Garlasco. È morto qualcuno? Non mi risulta. Ma magari nel silenzio generale la magistratura ha fatto un piccolo passo avanti.