Il pm della Direzione Nazionale Antimafia, Giovanni Musarò, applicato nel processo “Propaggine”, e il pm di Roma Stefano Luciani hanno chiesto condanne per un totale di 463 anni di reclusione e 85mila euro di multa per 43 imputati. Il procedimento nasce dalla maxi-inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e della Dia contro la prima “locale” ufficiale di ‘ndrangheta nella Capitale, un'organizzazione radicata nel tessuto criminale romano e collegata ai clan calabresi. Tra le richieste più pesanti, 30 anni di carcere sono stati sollecitati per il boss Vincenzo Alvaro e per Marco Pomponio, mentre 24 anni e 11 mesi sono stati chiesti per Giuseppe Penna. Antonio Palamara rischia 21 anni e 9 mesi, e Francesco Greco 19 anni e 5 mesi. Gli inquirenti contestano a vario titolo associazione mafiosa, traffico di droga, estorsione aggravata, detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, truffa ai danni dello Stato, riciclaggio e favoreggiamento aggravato. In appello, dove il procedimento parallelo con rito abbreviato ha già portato a diverse condanne, il boss Antonio Carso è stato condannato a 18 anni di reclusione. L'inchiesta “Propaggine” rappresenta uno dei filoni più significativi contro l'espansione della ‘ndrangheta a Roma, evidenziando il radicamento del clan Alvaro-Palamara-Penna nel tessuto economico e sociale della città.