Picierno: "Nessuna censura a D'Orsi, ma tutela dalle ingerenze. Gergiev? Emissario di Putin"

«Censura e libertà di opinione in questo caso sono termini del tutto fuorvianti. Parliamo della presentazione di un libro scritto da Vincenzo Lorusso, presunto reporter di un'agenzia legata e finanziata dal Cremlino, con tanto di prefazione della ben nota Marija Zacharova, portavoce di Lavrov sanzionata dall'Unione Europea, artefice di continue aggressioni e provocazioni al nostro Paese che non hanno risparmiato neanche il nostro Presidente della Repubblica. Perdipiù in un luogo pubblico dall'alto valore culturale come il museo del ‘900 di Torino, a certificarne un alto profilo che evidentemente la presentazione non aveva. Non è censura, è tutela dalle ingerenze. Un'operazione di propaganda russa non può essere spacciata ambiguamente per un dibattito libero». Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, replica al professore D'Orsi che, su queste colonne, aveva accusato il suo Pd di censurare chi la pensa in modo differente, definendolo «fascista». Perché quando uno parla di Russia, un certo Pd si irrita. Per favorire la pace, non sarebbe opportuno ascoltare tutte le campane? «Intanto qui non si parla di Russia, ma del sistema cleptocratico di Putin, contro il quale si battono tanti russi coraggiosi come Yulia Navalnaya. E quella di Putin è una campana a morte. Non è parte di un conflitto, è il conflitto, provocato e perseguito in maniera criminale. Se dopo ormai quasi quattro anni siamo ancora costretti a spiegarlo, il problema c'è ed è più grave di quanto io stessa pensassi. Poi è ovvio che qualunque spiraglio di pace vada cercato con tutti, ma il punto di partenza non sarà mai e mai potrà essere la negazione della verità». Non è il primo episodio di censura a Mosca. Avete detto "no" anche al concerto di Gergiev. Non le sembra troppo dire "no" a un'intera cultura? «Mi trovi una mia sola dichiarazione contro il popolo russo e la sua cultura. È un popolo e una cultura da cui l'Europa e l'occidente hanno attinto a piene mani, che non solo rispetto, ma che a partire dalla letteratura, amo. La confusione tra regime e popolo non mi è mai appartenuta, anzi la contrasto come qualunque forma di propaganda. Personalità come Gergiev non sono semplici artisti ma sono emissari e sodali del regime. Basta vedere come questi eventi sono riportati in patria». In un clima teso, come quello attuale, con comportamenti basati sulla censura, non si rischia di alimentare altro odio? «Guardi, parla con una persona che per colpa di questa gente vive sotto scorta e rinuncia ad un pezzo importante della propria libertà personale. Direi che l'odio lo alimenta chi vede nell'Occidente un nemico, chi bombarda le città ucraine e costringe le famiglie al buio e al freddo. Inoltre definire censura tutto questo è fuorviante. Lei farebbe parlare in una struttura statale chi fa apologia del terrorismo brigatista? Chi giustifica il massacro di una popolazione? Il vostro giornale conduce una battaglia serrata e coraggiosa contro le sigle filo-Hamas, sa che a livello informativo sono complici dello stesso disegno propagandistico?». Più di un semplice dibattito l'ha scatenato il recente tatuaggio di Calenda. Non rischia di diventare un'inutile provocazione? «Io non ho tatuaggi, ma in democrazia ciascuno è libero, anche di tatuarsi. Certo, se l'avesse fatto a Mosca a quest'ora Carlo sarebbe in qualche carcere siberiano. Per fortuna viviamo al riparo di altri ombrelli».