Stragi del 7 ottobre, la Commissione Turgeman: “L’ex capo dell’Idf Halevi ordinò di non indagare sul livello politico”

Stragi del 7 ottobre, la Commissione Turgeman: “L’ex capo dell’Idf Halevi ordinò di non indagare sul livello politico”

Gran parte delle indagini condotte dalle Israel Defense Forces su ciò che non funzionò nel sistema di sicurezza prima e durante le stragi messe a segno da Hamas il 7 ottobre 2023 sono inadeguate. Lo ha stabilito l’atteso rapporto della commissione guidata dal generale Sami Turgeman, incaricata di valutare quelle inchieste. Nelle conclusioni diffuse ieri […] L'articolo Stragi del 7 ottobre, la Commissione Turgeman: “L’ex capo dell’Idf Halevi ordinò di non indagare sul livello politico” proviene da Il Fatto Quotidiano .

Ranucci, Donzelli attacca: "Che trattamento subisce chi tocca Report"

Ranucci, Donzelli attacca: "Che trattamento subisce chi tocca Report"

Il dibattito attorno al Garante della Privacy s’infiamma. Dopo l’ultima puntata di Report anche la politica ha alzato i decibel della polemica. Soprattutto l’opposizione, che per tutta la giornata di ieri ha inondato l’etere di dichiarazioni più o meno centrate. Tutti e tutte chiedono l’azzeramento del Garante perché, dicono, asservito al governo. Governo che però quando i Commissari sono stati nominati era all’opposizione. Cosa che la premier non ha mancato di far notare. E allora ecco servito un bel cortocircuito ne quale la sinistra sembra essersi infilata. A finire nel mirino delle opposizioni sono le presunte commistioni tra i membri dell’authority e la politica che, dicono, Report avrebbe smascherato. A finire nel tritacarne è stato soprattutto Agostino Ghiglia, ex deputato di Alleanza nazionale, accusato, appunto, di essere vicino a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia. Ma come vengono eletti i quattro commissari? [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44930805]] Dal Parlamento: due dalla Camera dei deputati e due dal Senato. Così quando il governo giallo-verde li nominò era chiaro a tutti - anche a chi oggi strilla allo scandalo - che il presidente Pasquale Stanzione era gradito al Pd; Guido Scorza al Movimento Cinquestelle e Ginevra Cerrina Feroni alla Lega. Nulla di strano succede sempre così, anche quando al governo c’è la sinistra. Fatta questa precisazione veniamo alle polemiche di ieri, con Schlein e Conte a chiedere l’azzeramento dell’organismo di controllo. Per la segretaria Pd «sta emergendo un quadro grave e desolante sulle modalità di gestione dell’Autorità Garante della privacy, che rende necessario un forte segnale di discontinuità». Quale? «Penso non ci sia alternativa alle dimissioni dell’intero consiglio. Senza un azzeramento - prosegue Schlein - e una ripartenza sarà impossibile ricostruire la fiducia dei cittadini nell’istituzione che deve tutelarne i diritti e assicurare la necessaria terzietà del collegio, anche rispetto alla politica». Il Pd, con il capogruppo in Senato Francesco Boccia ha anche presentato un’interrogazione parlamentare «per fare chiarezza sulle gravi circostanze emerse rispetto alle condotte dei componenti del Garante». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44932884]] Il leader Cinquestelle, Giuseppe Conte, rincara la dose: «Le istituzioni di garanzia non possono diventare succursali di partito o di Colle Oppio. Noi chiediamo a nome del Movimento Cinquestelle l’azzeramento del Garante della privacy che ha perso la necessaria forza, credibilità e autorevolezza. Meloni dice di non avere competenza sull’Autority? - chiude Conte - Quanta ipocrisia». Nella diatriba si è infilato anche Sigfrido Ranucci. Il conduttore di Report, ospite a Un giorno da pecora, ha spiegato che l’Authority: «È diventata nel tempo una sorta di tribunale politico dove i garanti decidono in base alla sensibilità politica, ai conflitti d’interesse, ai giochi clientelari». Parole pesanti. Dal centrodestra è arrivata secca la replica di Giorgia Meloni: «L’attuale garante è stato eletto durante il governo giallo-rosso, quindi del Pd e del M5S. Il presidente è in quota Pd. Dire che sia pressato dal governo di centrodestra mi sembra ridicolo. Cioè - prosegue la premier - se il M5S e il Pd non si fidano di chi hanno messo alla presidenza dell’Autority non se la possono prendere con me, forse dovevano scegliere meglio. Poi, si può discutere la legge, se volete la rifacciamo, ma non l’ho fatta io: forse ve la dovreste prendere con qualcun altro...». Per Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo di Fdi «la vera domanda è un’altra: ci sono altre colpe da espiare per la privacy oltre a quella di aver di aver avuto l’ardire di sanzionare l’intoccabile Report? Il messaggio che si vuol far passare è chiaro: chi tocca Report subisce il “metodo Report”, fatto di pedinamenti, controlli ossessivi e macchina del fango». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44934863]] Ancora più duro l’intervento dell’esponente di Forza Italia Maurizio Gasparri: «Credo che ci sia un problema di menzogne sistematiche, diffuse, anche su sé stesso. La privacy è stata semmai molestata». In serata ancora Ranucci ha spiegato che «l’Authority dovrebbe dimettersi». Ma al momento i primi a nicchiare sull’azzeramento sono proprio i garanti. Il “grillino” Scorza a Repubblica spiega di aver pensato alle dimissioni, ma «la scelta, per ora è stata quella di restare. Gettare la spugna sarebbe una sconfitta. Naturalmente l’opzione resta sul tavolo». Poi ammette che «non ho ancora trovato grandi responsabilità o scelte che non rifarei». Netta anche la posizione di Ghiglia: «Un passo indietro? Non c’è nessun motivo per farlo».

Antonio Giovinazzi, la rivincita di talento e tenacia: cacciato dalla Formula 1, ora è campione del mondo con la Ferrari

Antonio Giovinazzi, la rivincita di talento e tenacia: cacciato dalla Formula 1, ora è campione del mondo con la Ferrari

Da scarto della Formula 1 a campione del mondo. Affermare che Antonio Giovinazzi abbia scritto la storia può suonare scontato e retorico, però mai come in questo caso rappresenta la realtà nuda e cruda. Perché è storia il titolo WEC (World Endurance Championship) conquistato sabato dalla Ferrari in Bahrain e arrivato dopo appena tre stagioni […] L'articolo Antonio Giovinazzi, la rivincita di talento e tenacia: cacciato dalla Formula 1, ora è campione del mondo con la Ferrari proviene da Il Fatto Quotidiano .

Pd in crisi: pioggia di critiche per Schlein dai big. È già partita la caccia all'alternativa

Pd in crisi: pioggia di critiche per Schlein dai big. È già partita la caccia all'alternativa

«È Meloni che si tiene la Schlein». Con quella battuta tagliente, pubblicata poco più di un mese fa su X, Arturo Parisi aveva già sintetizzato il suo giudizio sullo stato del Partito democratico. Lo storico esponente dell'Ulivo, oggi lontano dai ruoli politici ma ancora molto attivo nel dibattito pubblico, è tornato a pungere la segretaria dem con la consueta ironia. E non si è fermato lì: «Il Pd abbandoni la sua deriva estremista», ha aggiunto di recente, bocciando le ambizioni di premiership di Elly Schlein e proponendo Paolo Gentiloni come figura capace di unire le diverse anime del centrosinistra, «che potrebbe essere un buon federatore». Un assist che non è passato inosservato, tanto che pochi giorni dopo lo stesso Gentiloni, riferisce il Corriere della Sera, ha fatto sentire la propria voce dal palco del festival de Linkiesta: «Se pensiamo che l'alternativa a Meloni ci sia già, ok, good luck». L'ex premier ha poi avvertito che «c'è molto da fare per rendere una proposta alternativa sufficientemente forte». Dalle retrovie, dunque, si alza un coro sempre più fitto di “consigli” alla segretaria. Alle parole di Parisi e Gentiloni si sommano quelle di Romano Prodi, che ha diagnosticato senza troppi giri di parole che «il centrosinistra ha voltato le spalle all'Italia» e che «l'alternativa a Meloni non c'è». È il fronte dei veterani, quella generazione di padri nobili che osserva il partito dalla tribuna ma non rinuncia a commentare, spesso dicendo pubblicamente ciò che molti dirigenti, ancora in campo, sussurrano solo nei corridoi. Dentro il Pd, il clima è quello di una partita che entra nel secondo tempo. Come ha sintetizzato un alto dirigente, «i giorni che mancano alle prossime elezioni sono di meno rispetto a quelli trascorsi dalle precedenti», e quindi i posizionamenti iniziano a farsi concreti. In questo contesto, le critiche si moltiplicano. «È movimentismo dozzinale», ha affondato Luigi Zanda riferendosi alla linea dell'opposizione impostata da Schlein. Ennesimo segnale di accerchiamento nei confronti della segretaria. Dietro le quinte, intanto, prende forma un risiko di nomi e correnti. Nei gruppi parlamentari si discute di possibili alternative: dall'europarlamentare Antonio Decaro, che potrebbe uscire rafforzato dalle regionali pugliesi di fine novembre, alla sindaca di Genova Silvia Salis. Nel campo dei riformisti — rimasti senza il punto di riferimento di Stefano Bonaccini — si muovono figure come Graziano Delrio, Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Marianna Madia, Giorgio Gori e Filippo Sensi. Sul fronte opposto, le aree che fanno capo a Dario Franceschini, Roberto Speranza e Andrea Orlando si preparano a incontrarsi a Montepulciano dal 28 al 30 novembre per costruire un “cordone di protezione” attorno alla segretaria e rilanciare una piattaforma politica «per un'alternativa alla Meloni». Un paradosso, a ben vedere: tutto ruota sempre intorno a quell'alternativa che, come riconoscono molti dentro e fuori il partito, ancora non c'è. E così il Pd continua a interrogarsi su chi, e come, potrà davvero incarnarla — in una battaglia che, più che con il governo, sembra ancora tutta interna.

Gli sparano una cerbottana lunga 13 centimetri nel cuore: il gatto Lucky lotta tra la vita e la morte

Gli sparano una cerbottana lunga 13 centimetri nel cuore: il gatto Lucky lotta tra la vita e la morte

Nel Wyoming, un gatto randagio è sopravvissuto dopo essere stato colpito da un proiettile e trafitto da una cerbottana che gli ha lesionato il cuore. Salvato dai volontari che seguivano la sua colonia felina, il micio è stato operato d’urgenza e ora lotta tra la vita e la morte. Ma la sua voglia di vivere sorprende i volontari ogni giorno. Continua a leggere

In anteprima il video "Sogni sgretolati" di Manuel Dang

In anteprima il video "Sogni sgretolati" di Manuel Dang

Milano, 11 nov. (askanews) - In anteprima il video "Sogni sgretolati" il singolo d'esordio di Manuel Dang, brano intenso e coinvolgente scritto con Federico Ranauro, disponibile in digitale (Musica è / The Orchard). "Con questo singolo vorrei enfatizzare il tentativo di potersi immergere nei sentimenti e nelle emozioni della propria amata, al fine di comprenderne lo stato interiore, questo è un percorso permeato da sguardi, impressioni e l'immenso splendore di lei che, nel suo dissidio, appare allo stesso modo, profonda e straordinaria. Pertanto il maturare di questa relazione, permette l'instaurarsi di una sorta di muro protettivo innalzato alle spalle della ragazza che non potrà mai sentirsi afflitta o pugnalata alle spalle - racconta Manuel Dang - il ritornello è nato quasi tutto d'un fiato, stavo suonando la chitarra e quelle parole mi sono venute in mente con una melodia già formata, come se la canzone stesse bussando alla porta. Il titolo, in realtà, è venuto subito dopo ed è direttamente legato a quella spontaneità. L'ho scelto perché è la frase chiave, la vera essenza emotiva del ritornello, volevo che catturasse immediatamente quel senso di immersione e protezione di cui parlo, quel desiderio di entrare nell'anima della persona amata. È un titolo che ti anticipa subito il cuore del messaggio." Il video, regia di Paranoids, girato tra le maestose vette delle Dolomiti, intreccia la forza della natura con la delicatezza dei sentimenti. Sotto un cielo azzurro che sembra infinito, tra rocce imponenti e distese di luce, la voce del cantante racconta un amore senza tempo, fragile come la neve che si scioglie al sole. Le montagne diventano il riflesso di un'anima che resiste, mentre i sogni, sospesi tra terra e cielo, cercano ancora un modo per non sgretolarsi. Manuel D'Angiolillo, in arte Manuel Dang, è nato il 15 giugno 2002 a Vallo della Lucania, in provincia di Salerno.