Disney presenta il nuovo corto "Il Miglior Natale di Sempre"

Disney presenta il nuovo corto "Il Miglior Natale di Sempre"

Milano, 11 nov. (askanews) - Disney ha svelato Il Corto Disney di Natale: Il Miglior Natale di Sempre, il nuovo cortometraggio diretto dal vincitore del Premio Oscar Taika Waititi che invita il pubblico a scoprire una nuova, emozionante storia originale, disponibile da oggi online e su Disney+. Al centro della storia ci sono una bambina e il suo disegno, che prende vita il giorno di Natale dopo che Babbo Natale lo scambia per il suo desiderio per le feste. Con l'inconfondibile stile Disney, il cortometraggio segue la tenera storia d'amicizia tra la bambina e il risultato animato della sua immaginazione durante il magico periodo delle festività, e si conclude con un invito a tutti: "Regala un magico Natale a chi ami". Il Corto Disney di Natale: Il Miglior Natale di Sempre vede ancora la regia di Taika Waititi, dopo il corto candidato agli Emmy dell'anno scorso Il Bambino e l'Amico Polpo, le cui numerose collaborazioni con Disney includono i film Marvel Studios Thor: Ragnarok (2017) e Thor: Love and Thunder (2022), oltre al film Searchlight Pictures Jojo Rabbit (2019), vincitore dell'Oscar per la Migliore sceneggiatura non originale. "Quello che rende questo corto un'autentica storia Disney è il fatto che sia ambientato nel mondo di una bambina. Racconta di una bimba e del suo nuovo migliore amico, che affrontano insieme un mondo complesso contando solo sul potere dell'amicizia e dell'immaginazione", ha dichiarato Taika Waititi. Il celebre animatore dei Walt Disney Animation Studios Eric Goldberg - creatore di alcuni amatissimi personaggi Disney come il Genio di Aladdin (1992) - ha ricoperto il ruolo di consulente per l'animazione del cortometraggio in collaborazione con Untold Studios, la casa di produzione hungryman e l'agenzia creativa adam&eveDDB. "Le storie Disney sono sempre state una fonte di condivisione, meraviglia e gioia, specialmente durante le festività", ha dichiarato Joanna Balikian, Senior Vice President, Brand Management di Disney. "Con Il Corto Disney di Natale: Il Miglior Natale di Sempre volevamo catturare quello spirito senza tempo di amicizia, famiglia e immaginazione che unisce le generazioni e rende magiche le feste". "Regala un magico Natale a chi ami": quest'anno Disney ispira i fan e il pubblico a rendere magiche le feste. Da generazioni, Disney fa parte della vita delle famiglie durante le festività, creando ricordi preziosi che durano per tutta la vita. I fan Disney di tutto il mondo possono celebrare le prossime feste nei Parchi Disney, su DisneyStore.it, su una delle premiate navi da crociera o guardando i Classici senza tempo su Disney+, come Mamma, ho perso l'aereo (1990) o le nuove, emozionanti novità in arrivo, come A Very Jonas Christmas Movie, con l'iconico trio Kevin, Joe e Nick Jonas, disponibile su Disney+ dal 14 novembre.

Strage di Sinnai, la memoria manipolata: esperti denunciano errori e verità sepolte

Strage di Sinnai, la memoria manipolata: esperti denunciano errori e verità sepolte

Dopo 34 anni, la strage di Sinnai, l’omicidio di tre pastori ammazzati in provincia di Cagliari l’8 gennaio 1991, è tornata a essere un cold case, un caso irrisolto. Sì, perché per il triplice omicidio fu condannato in via definitiva all’ergastolo Beniamino Zuncheddu , indicato dall’unico sopravvissuto e testimone come l’autore del raid. Dopo 32 anni di carcere, il 26 gennaio 2024, Zuncheddu è stato assolto in seguito alla revisione del processo. Il programma Psiche Criminale, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, si è occupato del caso divenuto il più emblematico errore giudiziario della storia italiana. Tutto ebbe inizio martedì 8 gennaio 1991, quando tre persone furono uccise a colpi di fucile da un uomo che, giunto in un ovile a bordo di uno scooter, assaltò gli uomini e fece fuoco all’impazzata. Rimasero uccisi Gesuino Fadda, 56 anni, suo figlio Giuseppe, 24 anni, proprietari di quell’ovile, e il loro dipendente Ignazio Pusceddu, 55 anni. Il genero di Gesuino Fadda, Luigi Pinna, 29 anni, rimase invece gravemente ferito. Fu proprio la sua testimonianza a inchiodare Zuncheddu, all’epoca 26enne di Burcei, anche lui allevatore. Tra le famiglie Fadda e Zuncheddu si erano verificati contrasti, anche aspri, sfociati nell’uccisione di bestiame a vicenda. Una possibile faida tra famiglie “rivali”, dunque, poteva aver scatenato quel raid a fucilate. In fase di indagini preliminari, però, la testimonianza di Pinna non era genuina ed era stata influenzata, come è emerso in maniera chiara solo dopo 32 anni, nel corso del processo con cui la difesa di Zuncheddu ha chiesto e ottenuto la clamorosa revisione. Probabilmente Pinna si era lasciato influenzare da un poliziotto che, prima di raccogliere le dichiarazioni nel suo interrogatorio, gli aveva mostrato alcune foto, tra cui proprio quella del pastore rivale. Una testimonianza che portò alla condanna all’ergastolo di Zuncheddu. Con la pena ormai scontata quasi del tutto, la difesa riuscì a dimostrare ciò che sosteneva da anni: Luigi Pinna era stato “imbeccato” nel suo riconoscimento, visto che inizialmente aveva dichiarato di non ricordare l’aggressore, per poi cambiare versione e accusare Beniamino Zuncheddu. Il 14 novembre 2023 si svolse l’udienza decisiva, con il confronto tra il sopravvissuto Luigi Pinna e l’agente di polizia Mario Uda. Le dichiarazioni di Pinna confermarono la versione della difesa: a mostrargli la foto fu l’agente di polizia, che però negò l’accaduto. La testimonianza convinse i giudici del clamoroso errore giudiziario e, dieci giorni dopo, fu concessa la libertà all’innocente Beniamino Zuncheddu, poi assolto in via definitiva due mesi dopo. “Inizialmente Pinna incolpò Zuncheddu – ha spiegato lo psicologo Emiliano Fabbri – solo perché gli fu mostrata la fotografia in cui lo riconobbe. Una vicenda che si inserisce nella rivalità tra pastori in Sardegna, scaturita dalla gestione dei pascoli e del bestiame, che era molto accesa. Bisogna capire quali potessero essere le problematiche, perché si partì con la convinzione che fosse stato lui. Inoltre, il silenzio in quell’ambiente è stato decisivo, perché nonostante gli scontri tutto rimaneva confinato al mondo della pastorizia. Il delitto maturò in quell’ambito rurale, per vendetta personale. Gli inquirenti erano convinti che fosse quello il colpevole, e le indagini furono condotte senza valutare a 360 gradi altre piste. Chi è sottoposto a interrogatorio spesso si sforza e si convince che quella persona proposta sia davvero il colpevole. Si volle indagare a stretto raggio sulle frequentazioni di quei gruppi di pastori, che vivevano in un contesto sociale e culturale ristretto, senza legami al di fuori del lavoro. Si indagò su quel piccolo mondo, fatto di clan rivali, dove la gestione dei pascoli poteva alimentare odio e ritorsioni. Poi ci furono sicuramente errori investigativi e giudiziari che portarono alla condanna dell’imputato, basata unicamente sulla testimonianza di Pinna, poi ritenuta inattendibile. Una persona che subisce un’aggressione così violenta, che vede morire altre persone, è vittima di uno shock fisico e mentale di grande intensità e, nelle fasi immediatamente successive, non ha piena lucidità. Inoltre, all’epoca la valenza delle prove scientifiche era molto limitata. Non avevamo strumenti e organizzazione adeguati. Successivamente, il condizionamento psicologico del testimone è stato fortissimo, e dunque prove e testimonianze non erano affatto oggettive”. “Il tessuto sociale, in quella zona della Sardegna, era strutturato come un sistema di clan di pastori – ha ricostruito lo psicologo Giuliano Ferrari – e in passato avvennero spesso conflitti tra gruppi diversi. Ma in questo caso è interessante analizzare l’influenza che l’investigatore ebbe nell’induzione del ricordo di Pinna, mostrandogli la foto di Zuncheddu. Si tratta di una forma di manipolazione del ricordo: ogni volta che recuperiamo un ricordo, lo stiamo già modificando. Anche in presenza di fenomeni di ipermnesia, il ricordo cambia. Con una forte induzione e con l’aspetto autorevole dell’investigatore, Pinna ha potuto inquinare quel ricordo e forse lo ha fatto anche per convenienza. Poteva convenirgli ricordare in un certo modo, perché il vero ricordo poteva ritorcersi contro di lui. Dobbiamo calarci in quel momento in cui ci fu un trauma fisico e psicologico che genera vuoti di memoria e scarsa lucidità. Poi interviene la figura dell’investigatore che, nel tentativo di “aiutare” a ricordare, influenza il contenuto stesso della memoria, invece di lasciare che emergano elementi concreti dal testimone. Bisogna sapere che, se pongo il testimone davanti a una scelta, ne influenzo già il ricordo”.

Incendio a Roma, si lancia dalla finestra per salvarsi

Incendio a Roma, si lancia dalla finestra per salvarsi

Un uomo è rimasto ferito in un incendio in un edificio abbandonato, alla periferia di Roma, mentre stava cercando di sfuggire alle fiamme, ed è stato portato in codice rosso all'ospedale Pertini. All'interno della struttura in cui si è sviluppato il rogo, in zona Tor Sapienza, c'erano circa 200 senzatetto che nello stabile avevano trovato rifugio per la notte. Il ferito, in pericolo di vita, si è lanciato da uno dei piani alti dello stabile.

Sarajevo, pagavano per uccidere: l'orrore dei cecchini del weekend

Sarajevo, pagavano per uccidere: l'orrore dei cecchini del weekend

Ci sono orrori che appartengono a un altro secolo ma tornano a mettere in crisi le nostre coscienze: a Milano la Procura ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi abbietti contro ignoti (anche italiani) che, durante la guerra di Bosnia, avrebbero pagato per sparare sui civili di Sarajevo. Non per ideologia, non per convinzione politica, ma per divertimento. Come in un macabro safari. La definizione che circola nei documenti giudiziari è tanto grottesca quanto atroce: “cecchini del weekend” : gente che, negli anni dell’assedio – tra il 1993 e il 1995 – partiva da diversi paesi occidentali, pagava somme ingenti alle milizie serbo-bosniache e veniva condotti sulle colline attorno alla città per sparare contro la popolazione inerme. Si trattava, scrive il giornalista e scrittore Ezio Gavazzeni, di «turisti della guerra»: uomini facoltosi, appassionati di armi che vedevano nella carneficina un’esperienza adrenalinica. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:41859487]] L’inchiesta milanese nasce da un esposto presentato proprio di Gavazzeni, assistito dagli avvocati Nicola Brigida e Guido Salvini , ex magistrato noto per le indagini sulle stragi italiane. Il fascicolo, affidato al pm Alessandro Gobbis con delega ai Ros dei Carabinieri, è al momento a carico di ignoti ma mira a fare luce su un capitolo che l’Europa ha preferito dimenticare. Nell’esposto, Gavazzeni cita la testimonianza di un ex agente dell’intelligence bosniaca che nel 1993 avrebbe segnalato la presenza di almeno cinque italiani sulle alture intorno a Sarajevo, tre dei quali si dichiaravano esplicitamente tali. Uno avrebbe detto di essere di Milano. Nelle carte compare anche un dettaglio agghiacciante: uno dei cecchini identificati era «proprietario di una clinica privata specializzata in chirurgia estetica». Secondo le testimonianze raccolte, questi gruppi si radunavano a Trieste, dove venivano presi in carico da intermediari delle forze serbo-bosniache di Radovan Karadžic e condotti in Bosnia per “provare” l’ebrezza di sparare dall’alto contro le case e le persone. Le informazioni, inoltrate allora al Sismi, avrebbero trovato eco in un documento del 2007 depositato al Tribunale dell’Aja durante il processo al generale Ratko Mladic. In quell’occasione un volontario americano, John Jordan, raccontò di aver visto uomini «che non sembravano del posto, per abbigliamento e armi, guidati da militari locali», e di averli riconosciuti come «tiratori turistici». Non solo. L’ex sindaca di Sarajevo, Benjamina Karic, ha inviato alla Procura una relazione sui «ricchi stranieri amanti di imprese disumane», segnalando la presenza di italiani tra i tiratori. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:41425528]] Nell’esposto di Gavazzeni, lungo diciassette pagine, emerge perfino una “tariffa” per le uccisioni: i bambini costavano di più, poi gli uomini in divisa, le donne e infine gli anziani, che si potevano «uccidere gratis». Un listino della disumanità , una perversione economica applicata al delitto. Gavazzeni sostiene che «l’intelligence bosniaca avvisò che c’erano gruppi turistici di cecchini e cacciatori stavano partendo da Trieste». Nel 2022, il regista sloveno Miran Zupanic aveva portato alla luce la stessa vicenda nel documentario “Sarajevo Safari”, raccontando come uomini provenienti da Italia, Stati Uniti, Canada e Russia pagassero per “giocare alla guerra” sparando sui civili. Secondo i servizi bosniaci, dietro il traffico si nascondeva il servizio di sicurezza statale serbo, con la copertura logistica della compagnia charter Aviogenex, e l’organizzazione diretta di Jovica Stanišic, poi condannato per crimini di guerra nell’ex Jugoslavia. Oggi, trent’anni dopo, la giustizia italiana tenta di chiarire questa orribile storia. Non sarà facile. Le prove sono fragili, i testimoni dispersi, i nomi sfumati nel tempo. Ma il solo fatto che un procuratore milanese voglia indagare su questa pagina rimossa è già un passo verso la verità. Non solo giudiziaria, ma civile. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:38865502]]

Bolton lancia nuovo hub internazionale di adesivi: al via la costruzione del polo di Uhu in Germania

Bolton lancia nuovo hub internazionale di adesivi: al via la costruzione del polo di Uhu in Germania

Roma, 11 nov. (Adnkronos) - Si apre un nuovo capitolo per Uhu, storico marchio tedesco degli adesivi, grazie alla posa della prima pietra del futuro stabilimento produttivo a Rheinmünster. La multinazionale italiana Bolton ha infatti ufficialmente dato il via ai lavori, segnando un passo fondamentale nella strategia di crescita e innovazione industriale in Europa. La cerimonia della posa della prima pietra si è svolta nel Parco Chimico di Rheinmünster, già sede del centro logistico Bolton dal 2018, concretizzando un progetto nato tre anni fa con l'obiettivo di creare una sede produttiva all'avanguardia, sostenibile e pronta per il futuro. All'interno dell'ecosistema Bolton, la categoria Bolton Adhesives - che comprende marchi iconici come Uhu, Bison e Griffon – è oggi una delle aree più dinamiche e strategiche. L'impianto di Rheinmünster, pronto entro il 2027 e in grado di produrre 170 milioni di prodotti ogni anno, rafforzerà ulteriormente questa posizione, fornendo una piattaforma moderna per la crescita e lo sviluppo del gruppo. L'investimento si inserisce nella strategia di internazionalizzazione di Bolton, volta a rafforzarne la presenza globale e a creare solide prospettive di crescita per il futuro. "Questo nuovo impianto non è solo l'avvio di una polo produttivo, ma è il simbolo di come trasformiamo la nostra visione in realtà: investendo nella crescita di lungo termine, nell'innovazione e nelle comunità che ci accompagnano nel nostro percorso", sottolinea Roberto Leopardi, Ceo di Bolton . "Nel nostro ecosistema diversificato di prodotti, la categoria degli adesivi è uno dei pilastri maggiormente rilevanti e dinamici della nostra azienda. Negli ultimi anni è cresciuta in modo significativo, sia organicamente che attraverso acquisizioni come Unipak e Repair Care. Il nuovo impianto di Rheinmünster è un esempio tangibile di questa strategia". Il nuovo impianto sarà un polo produttivo di ultima generazione, caratterizzato da un elevato grado di automazione e da una forte integrazione tra produzione e logistica. Questo permetterà non solo di snellire i processi e migliorare la sicurezza e il comfort sul posto di lavoro, ma anche di eliminare i trasporti interni tra l'attuale stabilimento di Bühl e il magazzino logistico. Il risultato sarà un notevole aumento dell'efficienza e una significativa riduzione del traffico, a beneficio sia dell'azienda che dell'ambiente. Particolare attenzione è stata infatti posta agli aspetti di sostenibilità: l'impianto sarà alimentato al 100% da energia elettrica, senza ricorso a combustibili fossili, e utilizzerà ampiamente energia solare. Rispetto all'attuale sito produttivo, si prevede una riduzione dei consumi energetici del 50%. L'intera struttura è progettata per ottenere la certificazione Gold Standard del Consiglio Tedesco per l'Edilizia Sostenibile (Dgnb), contribuendo in modo significativo agli obiettivi climatici dell'azienda. Marina Nissim, Chairwoman di Bolton, ha ribadito l'importanza della tradizione e dei valori che guidano l'azienda sin da quando sua padre, Joseph Nissim, l'ha fondata nel 1949: "Crediamo che il futuro debba essere costruito sul rispetto: per chi sceglie ogni giorno i nostri prodotti, per l'ambiente e per le persone che lavorano con noi. Il nostro nuovo stabilimento riunisce innovazione, tecnologia, sostenibilità e passione. Rappresenta la nostra fiducia nello sviluppo continuo dei nostri marchi e il nostro costante impegno a fornire alle nostre persone un luogo di lavoro all'avanguardia e durevole, che agisca davvero per il futuro". Grazie a questa importante operazione, Bolton, attraverso la propria categoria Adhesives, consolida il ruolo di leader mondiale nel settore degli adesivi, puntando su una piattaforma produttiva moderna, efficiente e sostenibile. Il nuovo polo di Rheinmünster rappresenta una sintesi perfetta tra innovazione tecnologica, attenzione all'ambiente e rispetto per le persone: valori che da sempre caratterizzano il percorso dell'impresa italiana Bolton, oggi presente con oltre 60 marchi in 150 paesi e forte di una storia iniziata più di 75 anni fa.