Cane domestico, in Liguria scoperta la prima orma: è di 1mila anni fa

Cane domestico, in Liguria scoperta la prima orma: è di 1mila anni fa

Sappiamo che cane e uomo si sono evoluti insieme. Il legame tra le due specie è antico, anzi arcaico, come prova la forte empatia che hanno l’una per l’altra. Ma resta sensazionale la notizia che ci viene dalla pubblicazione sulla rivista Quaternary Science Reviews dell’esplorazione di una grotta “in collaborazione” tra un gruppo umano e un cane, il loro cane, al tempo del Paleolitico superiore, circa 14.400 anni fa . È il più antico caso di convivenza fra uomo e cane di cui si abbia conoscenza. Lo studio è stato realizzato da un gruppo di ricerca della Sapienza di Roma, coordinato dal paleontologo Marco Romano. In Liguria, nella grotta della Bàsura (grotta della strega, dal dialetto locale) a Toirano (Savona), i ricercatori hanno esaminato con le tecniche più avanzate le tracce del passaggio di un cane di circa 40 chili, al fianco di un gruppo di uomini, donne e bambini, evidentemente intenti a esplorare quegli ambienti oscuri e nascosti. Per l’illuminazione, sono state rivenute tracce carboniose rilasciate da torce fatte di fasci di legno resinoso. ANALISI SCIENTIFICHE I ricercatori dell’università romana hanno studiato 25 impronte fossili di canide, analizzate con fotogrammetria, che a partire dalle fotografie dei fossili ricostruisce un’immagine tridimensionale, e morfometria, che misura in modo scientifico e comparativo le forme dei fossili. Il confronto è stato fatto con un archivio di migliaia di orme di cani domestici odierni e lupi in condizioni controllate. I risultati hanno dimostrato che, come dice il professor Romano, tutte le impronte del canide nella grotta della Bàsura «appartengono a un unico individuo, un cane adulto di circa 40 chili, alto quasi 70 centimetri al garrese, che seguiva da vicino il gruppo umano. Le sovrapposizioni reciproche tra le impronte umane e canine rappresentano una prova inequivocabile della contemporaneità e quindi della relazione stretta fra i due. Per la prima volta possiamo osservare non solo la presenza del cane accanto agli esseri umani, ma un momento preciso della loro stretta interazione, cristallizzato nelle impronte». Le tracce fossili mostrano la vivacità della mescolanza tra il gruppo umano e il cane, disegnando un andirivieni dove a volte le orme del cane si imprimono su quelle degli uomini, a volte accade il rovescio. Passaggi incrociati, esplorazioni, ispezioni e nuovi passaggi, proprio come avviene oggi quando usciamo con il cane e lo vediamo anticiparci, seguirci, girarci attorno, ripercorrere i nostri passi e rispondere a un richiamo. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45188643]] Una “danza” che è stata rilevata in molti ambienti della grotta, evidentemente esplorata a fondo dagli uomini in compagnia, e con l’aiuto, del cane. Non è la prima volta che i paleontologi osservano la presenza del cane in un contesto umano. Alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, durante un’estrazione di basalto a Oberkassel, quartiere di Bonn, vennero rinvenuti resti di due esseri umani e la mandibola destra di un animale che fu classificato come un lupo. Tutti i corpi vennero datati al 14.200 a.C. Alla fine degli anni Settanta la mandibola venne riesaminata, e si concluse che non era un lupo, ma un Canis Lupus Familiaris , insomma il cane domesticato (il cane è stato il primo animale che l’uomo abbia addomesticato, dal lupo grigio). Si ebbe così la prova che in Europa occidentale, attorno al 14.500 a.C., c’erano già animali geneticamente e morfologicamente uguali al cane moderno. Tutti i segni del ritrovamento lasciavano pensare che esistesse un forte legame affettivo tra i due uomini e il cane, e che erano stati sepolti assieme. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45166696]] SEPOLTURA COMUNE Il nuovo studio aggiunge un tassello ulteriore nella storia dei rapporti fra le due specie: gli uomini del Paleolitico non solo avevano a cuore i loro cani, affezionandoglisi al punto da farsi seppellire assieme e senza necessariamente, o meglio, esclusivamente sviluppare con loro un rapporto utilitaristico, ma effettivamente agivano e esploravano e compivano la loro marcia nell’ignoto di una caverna buia con quegli inseparabili compagni. Il cane cioè era a tutti gli effetti un partner evolutivo, un essere vivente che condivideva le speranze, le paure, le scoperte dell’Homo Sapiens, che l’aveva addomesticato. Già più di quindicimila anni fa, l’uomo si era fatto il suo fedele alleato tra le altre specie, un alleato che svolgeva essenzialmente lo stesso ruolo prezioso dei cani che abbiamo nelle nostre case illuminate non da fiaccole ma dalla luce elettrica. Se un cane di allora e uno di oggi si potessero incontrare, non si comporterebbero in modo più amichevole, o conflittuale, di come fanno due cani contemporanei. Con lo stesso senso di territorialità per la “casa” e di curiosità nello scoprire nuovi ambienti, e lo stesso vincolo al padrone e ai suoi compagni.

Natale, la festa per un Bambino confusa col consumismo

Natale, la festa per un Bambino confusa col consumismo

Amo il Natale consumista. Non perché io sia un gran “consumatore”. Anzi, il contrario. Faccio vita da eremita e compro solo libri e giornali. Ma amo il Natale consumista che tutti criticano perché sono cattolico. Mi piace il “consumismo” natalizio degli altri. Mi dà allegria perché mi sembra un piccolo atto di fede inconsapevole (o forse consapevole, chi può dirlo?). Per me ogni luce degli addobbi natalizi celebra la Luce che è venuta nel mondo. Ogni – piccolo o grande – dono che vedo fra le mani della gente è il ricordo del dono che Dio ha fatto agli uomini: suo Figlio. E ogni gesto di gentilezza, di perdono, di comprensione (specie per chi soffre o è solo), ogni sorriso, ogni augurio fatto o ricevuto è una carezza del Bambino di Betlemme. Perché siamo tutti poveracci e tutti abbiamo bisogno di misericordia. Perciò mi commuove vedere tutta questa folla che alla vigilia di Natale mette luci alle case, addobba le città, si sorride, si fa gli auguri, si accalca nei negozi per i regali. Ipocrisia, dirà qualcuno. Ma chi può giudicare? E se invece si esprimesse così il desiderio più profondo, di Bene e di Felicità, che abbiamo nel cuore? Almeno un giorno all’anno ci diciamo la verità. Si dirà che è solo la consuetudine o che è un’invenzione del sistema capitalista per fare fatturato. Sarà... (peraltro fare fatturato non è poi un male: si dà lavoro, si dà il pane a tante famiglie). Ma non è tutto qui. A Natale c’è qualcos’altro e tutti lo sanno: c’è quel Bambino in quel presepe, quella tenerezza che in fondo al cuore ci dice che siamo amati, che «un altro mondo è possibile», che senza amore l’umanità non vive, ma si autodistrugge. Nessuno dentro di sé è indifferente quando sente il nome “Gesù”. E ognuno – che sia credente o no – sa che a Natale sta festeggiando Lui. Vedere le nostre città che in questi giorni s’illuminano è stupendo, perché così si celebra l’avvenimento più bello e liberante della storia: Dio che si fa uomo, il Re dei cieli che nasce fra noi e condivide la nostra vita, con tutti i suoi dolori, le sue fatiche. È la compassione di Dio per noi suoi poveri figli. Per noi si farà addirittura crocifiggere. Tutti lo sanno. Si festeggia il Natale anche solo rallegrandosi e sorridendo. E molti intuiscono – più o meno – che è a quel Bambino che dobbiamo tutto. Pure le cose che sono diventate civiltà laica, come la dignità, la libertà e l’uguaglianza di ogni essere umano, la sacralità anche del più misero degli esseri umani. Prima di Lui non era così. Senza di Lui non è così. Albert Camus da non credente diceva: «Non posso nascondere l’emozione che sento di fronte a Cristo e al suo insegnamento. Di fronte a lui e di fronte alla sua storia non provo che rispetto e venerazione». Il grande laico Benedetto Croce lo scrisse in un testo celebre: «Non possiamo non riconoscerci e non dirci cristiani... Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta... E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni... non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primato perché l’impulso originario fu e perdura il suo». QUEI PRETI FUSTIGATORI Ma lo sappiamo tutti, qualunque sia il nostro rapporto con la Chiesa. Non a caso, secondo una ricerca del Censis dell’autunno 2024, in Italia il 71,1% si definisce cattolico (poi ci sono anche i cristiani evangelici e ortodossi). È vero che i cattolici che vanno a messa ogni domenica sono il 15,3 %, quelli occasionali il 34,9% e il 20,9% afferma di essere “cattolico non praticante”. Ma ben il 66% degli italiani dichiara di pregare o di rivolgersi a Dio (lo fa perfino l’11,5% di chi si dichiara non credente). A Natale le chiese sono piene e ci sono preti che ne approfittano per fustigare i partecipanti, magari proprio polemizzando sui regali e sul consumismo. O lamentando la scarsa presenza in chiesa di chi si vede solo a Natale. Eppure Gesù ha pietà di tutti e spiega che non è venuto per quelli che credono di essere sani, ma per i malati. Cioè tutti. Nel Vangelo si dice di Gesù: «Egli guarì tutti» (Mt 12,15). Nel corpo e nell’anima. È proprio a chi è incerto, sulla soglia, che vuole donare la sua consolazione. L’evangelista applica a Gesù un versetto di Isaia: «Non spezzerà la canna incrinata e non spegnerà il lucignolo fumigante». Se i preti, a Natale, offrissero a chi li ascolta questa consolazione forse le domeniche avrebbero più fedeli. Potrebbero ispirarsi alla famosa omelia del papa San Leone Magno: «Il nostro Salvatore oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina il premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita». Anche San Francesco viveva il Natale così. Lui sapeva che Cristo è il senso e la consistenza di tutto il creato, perciò voleva che «per amore di Lui, che ha dato a noi tutto se stesso, ogni cristiano fosse largo e munifico» perfino con gli animali. Scrive Chiara Mercuri che per Francesco «il Natale deve essere il giorno della gioia e dell’abbondanza per tutti. Solo se lo sarà per tutti sarà Natale. Si mangeranno cibi ricchi, rari, di solito assenti dalla mensa dei frati, come la carne, i formaggi stagionati, il vino, l’olio, il lardo e la frutta fresca. Mendicanti, contadini, medici, notai, nobili si uniranno alla mensa dei frati per festeggiare con loro».

Papa Leone XIV: "No a economia distorta che rende l'uomo merce"

Papa Leone XIV: "No a economia distorta che rende l'uomo merce"

(Agenzia Vista) Città del Vaticano, 24 dicembre 2025 "Mentre un'economia distorta porta a ridurre gli uomini a meri oggetti, Dio si fa uomo, rivelando l'infinita dignità di ciascuna persona. Se l'essere umano aspira a diventare Dio per dominare l'altro, Dio sceglie di farsi uomo per liberarci da ogni forma di schiavitù. Questo amore ci basterà per cambiare il nostro cammino?" così Papa Leone XIV durante l'omelia della messa della notte di Natale 2025, la sua prima dall'elezione al pontificato. Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

George Michael, quando si spegne la voce di Natale

George Michael, quando si spegne la voce di Natale

R50 / Il 25 dicembre 2016 morì a 53 anni il cantante e compositore britannico, che proprio alle feste natalizie aveva legato la sua fortuna con il brano “Last Christmas” quando era nel duo Wham!. Con circa 110 milioni di dischi venduti è stato uno degli artisti musicali di maggior successo del suo Paese. Ecco l’articolo di Giuseppe Videtti pubblicato il 27 dicembre 2016

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