John Elkann, il 2025? Un anno orribile: "Frustrato, i problemi lo attanagliano"

John Elkann, il 2025? Un anno orribile: "Frustrato, i problemi lo attanagliano"

Un 2025 assolutamente da dimenticare per John Elkann , l’erede della dinastia Agnelli. Un articolo duro ed impietoso quello scritto dall’autorevole quotidiano finanziario Financial Times che racconta tutti i guai che l’hanno investito negli ultimi dodici mesi. «Questo mese John Elkann s’è rivolto ai social media per lanciare un semplice messaggio ai tifosi della squadra di calcio italiana di cui la sua famiglia è proprietaria da oltre un secolo: «La Juventus, la nostra storia e i nostri valori non sono in vendita». Inizia così il lungo editoriale che il Financial Times dedicato al numero uno di Exor nonchè presidente del colosso globale dell’automotive, Stellantis che, mai come quest’anno è rimasto sotto i riflettori non solo nelle vicende di cronaca economico-finanziaria oltre che giudiziaria, ma soprattutto per le vicende che hanno riguardato il gruppo automobilistico Stellantis , la Ferrari e il gruppo editoriale Gedi , messo in vendita, oltre che per lo scontro giudiziario sull’eredità con la madre. «Ma la risposta a un’offerta non richiesta di 1,1 miliardi di euro da parte dei fondatori del gruppo di criptovalute Tether ha smentito un anno in cui i problemi hanno afflitto il rampollo della famiglia Agnelli, la più famosa dinastia imprenditoriale italiana» ha precisato il Ft. In più altre grane, stavolta giudiziarie, sono arrivate proprio, a metà dicembre, da un giudice di Torino che ha ordinato ai pm di presentare accuse di frode fiscale contro il presidente delle case automobilistiche Stellantis e Ferrari, inasprendo ancora una volta l’infinita controversia con la madre Margherita Agnelli sul patrimonio della nonna. Un caso assai complesso - che abbraccia diverse giurisdizioni e contrappone il miliardario e i suoi fratelli alla loro madre - che è stato anche l’ultimo colpo di scena in un anno che una persona a lui vicina ha definito «uno dei peggiori mai registrati per John Elkann». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45507660]] «Le persone vicine a Elkann- gli avvocati intanto continuano a ribadire la sua innocenza - hanno dichiarato al quotidiano britannico che tutte le sfide che ha dovuto superare in questo 2025 hanno avuto un impatto personale sul 49enne, che si sente frustrato dalla litania di problemi che lo attanagliano» ha sottolineato il quotidiano economico -finanziario. Male anche le azioni di Exor, la holding quotata in Olanda guidata da Elkann, di cui la famiglia Agnelli detiene una partecipazione del 55%, sono scese negli ultimi 12 mesi del 18%, portando così il suo valore di mercato a scendere a 15,1 miliardi di euro. Mentre le quotazioni del colosso dell’automotive Stellantis sono diminuite di ben il 24 per cento dall’inizio del 2025. Chissá se l’anno in arrivo porterà nuove buone per l’erede di Gianni Agnelli. Si accettanno scommesse...

Mara Campitiello, cambio sesso: "Giallo sul numero di farmaci prescritti"

Mara Campitiello, cambio sesso: "Giallo sul numero di farmaci prescritti"

È un tema complesso. Di quelli che tirano in ballo più elementi, che trattarli per partito preso è il più grande errore si possa commettere, di quelli che hanno mille sfaccettature, mille rimandi e conseguenze. La disforia di genere e i ragazzini che a tredici, sedici anni decidono di cambiare sesso e iniziano un percorso ormonale coi cosiddetti “farmaci bloccanti della pubertà”: «In realtà, al momento», spiega Mara Campitiello , «non sappiamo con precisione quante prescrizioni vengano fatte per la triptorelina in Italia». Campitiello fa la ginecologa ed è a capo del dipartimento Prevenzione al ministero della Sanità. Parla chiaro. È precisa, puntuale. È abituata a guardare ai dati oggettivi prima che alle opinioni. Dottoressa Campitiello, sta dicendo che, a dicembre del 2025, non è possibile neppure capire quanti adolescenti usino effettivamente la triptorelina? «Sì, è così. Abbiamo fatto una richiesta alle Regioni. Solo alcune hanno risposto. Con dati disomogenei. Per questo abbiamo deciso di procedere con una proposta di legge sull’argomento». Quale? «I ministri della Sanità e della Famiglia – Schillaci e Roccella – stanno portando avanti un disegno di legge. Per regolare e soprattutto monitorare, attraverso un registro, le prescrizioni di questo farmaco e degli ormoni cross-sex per i minori. Il tutto, comunque, in attesa delle linee guida che verranno emanate di concerto con l’Istituto Superiore di Sanità». A che punto è la legge? «Sono appena terminate le audizioni alla Camera. Sono state sentite le società scientifiche, i rappresentanti. Ma abbiamo anche un tavolo in corso». Cioè? «Un tavolo sulla disforia di genere. Ventinove componenti. Lo coordino io assieme alla professoressa Assunta Morresi del ministero della Famiglia. Ha già prodotto un documento ricognitivo su diversi aspetti della disforia dei minori. Dalla diagnosi allo stato dell’arte. Compreso il consenso informato che è un argomento centrale». Dove possiamo trovare questo documento? «Non è ancora pubblico. Lo stiamo analizzando. Abbiamo in programma una riunione al rientro delle vacanze natalizie. Penso che per febbraio, o al limite per marzo, dovremmo esserci. È un atto meramente ricognitivo». In che senso? «Non prende nessuna decisione. Del resto non potremmo farlo. Le linee guida vengono varate di concerto con l’Istituto Superiore di Sanità». Allora perché avete intrapreso questo lungo lavoro? «Per una ragione semplicissima: c’è molta confusione sul trattamento riservato alla disforia di genere. Sull’utilizzo degli ormoni. Su tutto ciò che ne ruota attorno. Lo sa che, nel nostro Paese, praticamente ogni centro fa per sé? Come le dicevo, a oggi non sappiamo quanti ragazzi assumono triptorelina durante un percorso per la disforia. Non sappiamo in che quantità. Con che frequenza. Questo dà la misura di ciò di cui stiamo parlando. Abbiamo optato per un’opera di ricognizione per fotografare quello che sta succedendo». Ci può anticipare qualcosa sull’esito? «Nel documento viene data grande attenzione alla diagnosi. A come si arriva a fare questa diagnosi. Non solo alla terapia. Pensi alle sedute di psicoterapia, al percorso psicologico che necessariamente deve supportare questi ragazzi. Uno degli ambiti fondamentali è come accertarsi che si tratti di una disforia – quindi di una volontà reale di cambiare sesso – o non di un’altra psicopatologia. Perché dobbiamo essere onesti. Glielo dico senza preconcetti né posizioni assunte a priori: a volte ci sono solo confusioni che portano a delle crisi psicologiche. Non voglio minimizzarle, ci mancherebbe. Tuttavia è importante essere sicuri di quello che si sta facendo». È anche giustissimo. L'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, cosa dice? «L'Aifa ha redatto una delibera nel 2019 che ha introdotto la triptorelina off-label nell’elenco dei farmaci coperti dal servizio sanitario nazionale. Off-label significa “fuori dall'etichetta”: un farmaco creato per una patologia viene impiegato in un’altra. La delibera ha dato indicazioni sulla somministrazione in casi di disforia di genere, specificando anche la necessità del supporto psicologico. Ha spiegato molto bene perché, per somministrarla a chi soffre di disforia di genere, sia necessario un percorso di supporto e una valutazione anche psicologica. Noi abbiamo chiesto all'Aifa di occuparsi del registro in vista della nuova legge». Il registro sul farmaco? «Sì. L’Aifa è un ente vigilato dal ministero. Fa proprio questo. È l’ente più deputato a occuparsene perché conosce il meccanismo, che tra l’altro vale anche per altri farmaci. In questi giorni abbiamo fatto partire una richiesta specifica a riguardo». Quello della disforia è un argomento assai delicato. Qual è l’impostazione del ministero? «Noi, come ministero della Salute, vogliamo essere vigili su questa tematica. Anche perché negli ultimi anni sono state avanzate delle denunce. Per esempio nei confronti dell’ospedale Careggi di Firenze sull’utilizzo improprio di questi farmaci. Ciò che a noi interessa è capire l’uso che ne viene fatto. In termini di appropriatezza clinica. Di che numeri stiamo parlando. Vogliamo occuparcene da un punto di vista medico, tecnico, scevro da ideologie politiche. Con l’unico obiettivo di tutelare questi ragazzi. Che spesso sono minorenni. E che, magari, non hanno ancora la piena consapevolezza di quello che vogliono».

Libri: in anteprima scrittrici e scrittori esordienti italiani del 2026

Libri: in anteprima scrittrici e scrittori esordienti italiani del 2026

Quali sono gli esordi di narrativa italiana più attesi del 2026? Anche quest'anno proponiamo uno speciale dedicato interamente ai debutti in arrivo durante l'anno e alle tematiche e ai generi narrativi che sembrano preferire scrittrici e scrittori esordienti. Tra nuove tendenze, sperimentazioni e scelte e percorsi ricorrenti Leggi l'articolo completo Libri: in anteprima scrittrici e scrittori esordienti italiani del 2026 .

Milano, i misteri della casa di via Cavezzali: sentinelle, abusivi e subaffitti

Milano, i misteri della casa di via Cavezzali: sentinelle, abusivi e subaffitti

Che ne è stato di uno dei «buchi neri» più spaventosi di Milano ? Ricordate il palazzo di via Cavezzali 11 , traversa di via Padova, che era finito al centro delle cronache per essere una ‘terra di nessuno’, una sorta di zona franca dove spaccio, prostituzione e abusivismo avvenivano platealmente e alla luce del sole? Dopo il maxi sgombero dell’aprile 2018, avvenuto un paio di settimane dopo un servizio de Le Iene che documentava quello che avveniva in questo fortino dell’illegalità, la situazione non è migliorata granché e il complesso, un ex residence che conta quasi 200 locali tra mono e bilocali nei suoi 9 piani, è tornato nel degrado. Basta fare un salto in zona per rendersene conto. Noi ci siamo andati e, appena ti avvicini al cancello ti senti subito «osservato speciale»: davanti al portone ci sono un immigrato di origine africana e un ragazzo in alta uniforme maranza con tuta e borsello, che presidiano l’ingresso e ti squadrano dalla testa ai piedi. Così decidiamo di percorrere pochi metri e girare a sinistra in via Russo: lì scopriamo una discarica abusiva in piena regola con laterizi e pezzi di mobili di ogni tipo abbandonati nel cortile condominiale. Per il resto, il silenzio che regna in quel complesso è quasi irreale. Incrociamo solo un’anziana signora di ritorno dalla spesa che, rispondendo a una nostra domanda sullo stato del luogo ci dice: «Meglio stare alla larga da quel posto». IL RACCONTO In effetti, anche dopo lo sgombero, i campanelli d’allarme non sono mancati: qui l’anno scorso la polizia aveva arrestato un gambiano per detenzione di cocaina. A confermare che qualcosa ancora non va è Marzia (nome di fantasia) che, nel settembre scorso, ha risposto ad un annuncio per un bilocale di 50 metri quadri in quel complesso proposto in affitto a soli 350 euro, un prezzo piuttosto vantaggioso per il capoluogo lombardo. Peccato che, fin dalle prime battute, la trattativa non sia andata esattamente come sperava. «Andrea, ha detto di chiamarsi di così, sosteneva che suo zio Mario fosse il titolare di tutto lo stabile che lo avesse acquistato e bonificato mentre lui gestisse le vendite. Però mi ha sconsigliato di andare lì e mi ha proposto un appartamento in viale Bligny che però costava il doppio, 650 euro al mese». Niente di fatto. Poi, la ragazza trova lavoro in un’agenzia immobiliare e si ricorda del presunto proprietario dello stabile. Così richiama Andrea che le dà appuntamento nel vicino bar e lì trova Mario (lo zio) che riconosce essere lo stesso personaggio apparso nel servizio de Le Iene anni prima. L’uomo si fa trovare al tavolo con una bottiglia di spumante in fresco, pronto a festeggiare: «Ci ha proposto un attico a 320 mila euro e in men che non si dica era già sceso a 300 mila perché - ha detto lui - mi siete simpatici». Come no. «Poi ha chiesto a me se fossi ancora interessata ad un affitto e gli ho risposto che, come libera professionista, non avevo buste paga da mostrargli, al che mi ha bloccato dicendomi “non c’è problema, la busta paga te la faccio io”». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45163632]] TESTIMONIANZE La ragazza continua: «Insospettiti, io e il mio collega abbiamo controllato e ci siamo accorti che l’ex residence in questione non era intestato a nessun Mario o ad Andrea anzi non c’era nessuna traccia di questi due nei documenti ufficiali così abbiamo lasciato perdere ». Tra l’altro, lei era capitata, per caso, nello stesso immobile anni prima, nel 2014, quando cercava un cucciolo di cane da adottare ed era finita lì dietro consiglio di un conoscente. «Ricordo che incontrai una signora che mi disse: “qui, c’è brutta gente, voglio andarmene ma non riesco a vendere”. Mi ha fatto una pena incredibile e mi chiedo: ma possibile che dopo tutti questi anni le cose siano ancora così?». Per intenderci, un ex amministratore dello stabile che cercava di riportare la legalità aveva persino denunciato di essere stata aggredita in mezzo alla strada nel giugno 2010. Insomma: quella era l’aria pesantissima che si respirava da quelle parti. E poco è cambiato. Tesi confermata da Mattia, che ha lavorato come custode in uno stabile vicino proprio nell’estate 2018, un paio di mesi dopo lo sgombero: «Tutto era tornato come prima con il via vai di queste persone, lo spaccio, l’ingresso piantonato e giri loschi. Tutto alla luce del sole». Il punto è che tra spaccio, abusivismo e tutto il resto la storia di questo enorme condominio fatiscente è la dimostrazione che non basta sgomberare un palazzo per ripristinare la legalità, ma serve un presidio costante per controllare che il male, come una metastasi, non torni ad attecchire. Dal gennaio 2023 c’è un nuovo amministratore che si sta impegnando per riportare tutto entro i binari della legalità. Oggi più che mai vale la pena porsi un paio di domande: quante altre vie Cavezzali 11 esistono a Milano? E dove sono?

La valle dei dinosauri nel parco dello Stelvio: "Migliaia di esemplari"

La valle dei dinosauri nel parco dello Stelvio: "Migliaia di esemplari"

Una scoperta sensazionale nel cuore delle Alpi lombarde destinata a ridefinire la conoscenza sui dinosauri in Italia, che tra l’altro porta in primo piano l’area valtellinese a ridosso dei Giochi olimpici invernali. All’interno del Parco Nazionale dello Stelvio è stato individuato un vastissimo complesso di orme fossili risalenti a circa 210 milioni di anni fa. Si tratta di migliaia di impronte, incise nella dolomia e oggi visibili su pareti rocciose quasi verticali, che disegnano piste lunghe centinaia di metri e che mostrano un livello di conservazione altissimo, con dettagli di dita e artigli ancora leggibili. Il ritrovamento ha fatto il giro del mondo e sta occupando le prime pagine delle riviste dedicate alla scienza. A confermare l’eccezionalità della notizia sono stati la stessa Regione Lombardia e Cristiano Dal Sasso, noto divulgatore e importante paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano. Secondo le sue prime interpretazioni scientifiche, diffuse sul web, le orme apparterrebbero a erbivori vissuti durante il Triassico Superiore, con ogni probabilità dei prosauropodi, ovvero gli antenati dei famosi animali dotati di un collo allungato e dalla testa piccola, vissuti durante il Giurassico. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43591218]] Di corporatura robusta possedevano artigli appuntiti sia sulle zampe anteriori che posteriori, mentre alcune di queste creature potevano superare i dieci metri di lunghezza. Il rinvenimento delle orme ha permesso agli studiosi di stabilire che erano in grado di formare dei branchi numerosi, con cui migravano attraversando i continenti, quando questi ultimi erano ancora uniti formando la Pangea. Gli scheletri di diversi esemplari sono stati rintracciati sia in alcuni cantoni svizzeri che in lande tedesche. All’epoca in cui erano in vita tali animali, l’area alpina non era formata da montagne ma da vasti territori costieri ed era affacciata sulle calde acque della Tetide, un oceano ora scomparso che presentava un ambiente tropicale. Le camminate parallele dei dinosauri risultano prove evidenti di gruppi in movimento sincronizzato e appaiono anche tracce di comportamenti più complessi, come una serie di animali radunati in cerchio, verosimilmente in segno di difesa. Il ritrovamento di queste impronte su superfici perfettamente verticali è invece il risultato dei movimenti tettonici che hanno portato gli antichi sedimenti di queste spiagge a divenire le Alpi. «Le numerose impronte sono una prova diretta della vita sociale dei dinosauri», spiega Cristiano Dal Sasso, sottolineando che il sito rappresenta «la più vasta valle dei dinosauri mai individuata sulle Alpi e una delle maggiori sull’intero pianeta». La segnalazione iniziale si deve al fotografo naturalista Elio Della Ferrara che, durante un’escursione in Val di Fraele (Sondrio) per osservare la fauna alpina, ha notato le prime impronte affioranti, alcune delle quali fino a quaranta centimetri di diametro. Il sito, difficilmente raggiungibile a piedi, richiederà l’uso di droni e tecniche di telerilevamento per essere analizzato in modo sistematico dagli esperti, visto anche il numero elevato di impronte impossibili da vedere restando sui sentieri. «Ci troviamo di fronte a un patrimonio scientifico straordinario, che solleciterà decenni di approfonditi studi», spiegano, in una nota congiunta, i paleontologi coinvolti nelle prime valutazioni e gli amministratori locali, certi che questa scoperta potrà incentivare pure una forma di visite alquanto particolari, cioè quelle legate alla ricerca e studio dei fossili. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43423491]] D’altronde non è la prima volta che in Italia viene fatta una scoperta di tale importanza. Il primo dinosauro rinvenuto nel nostro territorio fu Scipionyx samniticus, noto col soprannome giornalistico di “Ciro”. Trovato nel 1980 a Pietraroja (Benevento) dal veronese Giovanni Todesco, è uno dei dinosauri più piccoli al mondo ma la sua importanza scientifica è enorme. Nel 1998 fu riconosciuto a livello internazionale come uno dei fossili più importanti nella storia della paleontologia, conquistando la copertina di Nature per il suo eccezionale stato di conservazione. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43360267]]

Il tariffario della morte: quanto costa commissionare un omicidio

Il tariffario della morte: quanto costa commissionare un omicidio

C’è chi apre una partita Iva e chi, più pragmaticamente, apre le scatole craniche altrui. A Roma funziona così: violenza su ordinazione, prezzi chiari, consegna rapida, massima discrezione (o quasi). L’inchiesta della Procura di Velletri, firmata dai carabinieri della compagnia di Frascati, racconta una criminalità comune che non improvvisa più. Si organizza. Si struttura. E soprattutto fattura. Il catalogo è essenziale, appena due voci, ma ugualmente attraente per alcuni clienti. Mario I. fa il commerciale. Spiega, rassicura, incassa. Il listino è breve ma definitivo: 15mila euro per un pestaggio, 30mila per chiudere la pratica in modo irreversibile con una bella croce al camposanto. Nessuna clausola, nessun ripensamento, cash sull’unghia. Un padre disperato, convinto di vendicare la figlia molestata da un cittadino albanese che ne conosceva le debolezze dovute ad alcol e droga, sceglie l’opzione base. Meglio evitare l’ergastolo, caso mai le cose precipitassero. Anticipo da 4mila euro, saldo a lavoro finito. L’aggressione viene eseguita a Pavona, dopo aver attirato la vittima in una trappola. Colpi secchi, nessuna lama, nessuna pistola. Il servizio è concluso. L’offesa è stata lavata col sangue. O almeno così sembra. Perché è qui che l’agenzia cambia missione. I picchiatori si improvvisano psicologi e scoprono che il cliente, volendo, potrebbe rendere più della vittima. E decidono di monetizzare di nuovo le debolezze dell’uomo. Parte la seconda fase, quella dell’estorsione. Il bersaglio non è più l’albanese, ma chi ha pagato per colpirlo e restituire l’onore alla sua “bambina”. Il teatro è un ristorante di Valle Martella, sempre in zona Castelli. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45459410]] Qui lavora la ragazza, ignara di quel che le sta accadendo alle spalle. Qui entra in scena Leonardo B., 40 anni, ex pugile professionista, soprannominato “Er Meraviglia”, già noto come “Bruno lo zingaro”. Uno che sul ring alzava le braccia al cielo per esultare e che, nella vita reale, le usa per fare male. Aveva annunciato il suo riscatto, era tornato ad allenarsi a Tor Bella Monaca, sognava il titolo italiano. Intanto però arrotondava con spedizioni punitive. Nel locale, Leonardo appoggia una mano sulla spalla della ragazza. Un gesto minimo, calibrato. Malizioso. Basta quello. Il padre osserva e reagisce, il fidanzato pure. Scatta la colluttazione col pugile. Ed è l’occasione perfetta. L’offesa è servita, la provocazione ha funzionato. Ora si può presentare il nuovo conto. La cifra lievita: 37mila euro per chiudere “bonariamente” la questione. Dentro c’è tutto. L’affronto subito, i danni morali, quelli materiali. Perfino l’incidente stradale di Mario I., che, dopo la scazzottata tra padre e boxeur, corre a casa per recuperare una pistola, detenuta illegalmente, e nel tragitto si schianta. Anche il sinistro diventa una voce di spesa. Cominciano le consegne di contanti. Diecimila euro passano di mano tra gli autogrill del Raccordo anulare, quello di Vermicino, e le stazioni della metro C, soprattutto Pantano. Luoghi anonimi, rapidi, senza testimoni fissi. Le telefonate si moltiplicano. Le minacce pure. Al fidanzato promettono la gambizzazione se non la smette di fare resistenza. In un’occasione gli puntano una pistola in faccia. A quel punto il padre capisce di essere entrato in un gioco senza uscita. E fa l’unica cosa che può rompere il meccanismo: va in Procura. Racconta tutto ai magistrati. I pagamenti, i luoghi, i nomi, le frasi in codice usate al telefono per scambiarsi le informazioni. I carabinieri incrociano le sue parole con intercettazioni, celle telefoniche, tracciati. Il quadro si chiude, il papà della ragazza tira un sospiro di sollievo. Scattano gli arresti. In carcere finiscono Leonardo B., Mario I. e Rocco A. Ai domiciliari Ivan S. Sequestrati cellulari, contanti, armi. L’«agenzia dei mazzieri» chiude. Il tariffario sparisce dal mercato. Ora gli investigatori cercano altri clienti, altre vittime, altri contratti non scritti. Perché il sospetto è che questo non fosse un episodio isolato, ma un modello offerto sul mercato. Violenza a chiamata, pagamento anticipato, estorsione finale. Un ciclo perfetto. Il problema è che, come sempre, quando compri illegalità, il reso non è mai previsto. E il conto arriva sempre dopo. Ed è pure salato. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45469623]]