Col machete in metro: "Vedrete l'inferno"

Col machete in metro: "Vedrete l'inferno"

Barona, Giambellino, Corvetto, Quarto Oggiaro, Bicocca, San Siro. Ma anche attorno alle stazioni, come Centrale e Garibaldi, o ancora nei grossi snodi logistici come Loreto, CityLife, Porta Genova e persino in Duomo. A Milano i cosiddetti “maranza” sono ormai ovunque, si muovono in “branco” e fanno delle vere e proprie guerre a suon di coltelli e pistole per spartirsi il territorio. Territorio sul quale poi operano - principalmente scippi e spaccio di strada - stracciando la percezione di sicurezza di chiunque si trovi malauguratamente sulla loro strada. L’identikit è ormai noto: giovani, spesso minorenni di prima o seconda generazione, di origini nordafricane (più raramente latinoamericani o est europei, ma alcuni anche italianissimi), tute in triacetato, sneakers bianchissime e t-shirt false delle squadre di calcio internazionali come Psg o Real Madrid. D’inverno prediligono i piumini, magari un Blauer nero smanicato dalla dubbia provenienza, e il cappellino marrone cognac con la banda verde e rossa di Gucci. Un completo iconico che li rende riconoscibili ovunque. Ma se questo non bastasse per notarli e starne alla larga, sono loro stessi che sui social network ci tengono a specificare la loro presenza: «No parla parla, ancora siamo qui, questa è Loreto, casa nostra, se hai problemi vieni qua», minacciano la telecamera due giovani egiziani all’inizio di via Padova. Poi le foto con i pitbull che abbaiano e ringhiano ai passanti sul trafficato marciapiede. La cronaca di queste strade, infatti, racconta di come giusto poche settimane fa, proprio qui, un 34enne di origini spagnole, di ritorno da una discoteca alle 7 del mattino, è stato accerchiato mentre entrava in metropolitana, malmenato e rapinato per un Rolex che aveva al polso. Discorso simile in Bicocca, dove il culto della musica trap (da qui provengono alcuni dei rapper “maranza” più famosi) ha reso questa estetica culto, facendola diventare un vero e proprio trend da seguire. Ma oltre che il vestiario, anche la criminalità viene emulata, e infatti ci sono punti critici da evitare nel nuovo quartiere universitario. Come la fermata sotterranea del 7 ad esempio, dalla quale è difficile uscire incolumi nelle ore notturne. Caldissima Garibaldi e la zona che gravita attorno a corso Como, piazza Gae Aulenti e Porta Nuova: immagini scioccanti sui social ritraggono il “branco” che, dopo aver scavalcato i tornelli della metropolitana, tira fuori due grossi machete e inizia a farne risuonare il tintinnio metallico strisciandoli sul pavimento: “L’Italia è loca”, scrivono. Qui la presenza è piuttosto concentrata a causa dei diversi locali notturni che popolano il quartiere e rendono più semplice lo spaccio e, perché no, uno scippo di fine serata. Discorso simile per i Navigli, dove i gruppi di maranza spesso si ritrovano per passare la notte nei weekend. Non è raro, come si può vedere anche dai social, trovare giovanissimi “in divisa” che consumano varie droghe, alcune anche inusuali, come ad esempio il gas esilarante (ovvero ossido di di azoto), che viene inalato da grossi palloncini che passano di mano in mano e causano euforia e un senso di leggerezza diffuso in tutto il corpo. Ma basta una scintilla per far scoppiare la bomba, come il selvaggio caso di poche settimane fa che ha visto un giovanissimo egiziano accoltellato senza apparente motivo da un rivale lungo la Darsena, poi inseguito e malmenato dagli amici della vittima in quella che si configura in tutto e per tutto come una spedizione punitiva. Nelle periferie come Bonola, Baggio, Barona, Quart’Oggiaro, San Siro e Corvetto, ovviamente, la situazione è fuori controllo. Attorno a piazzale Cuoco, ad esempio, non è raro trovare chiazze di sangue a terra: «Volete che torniamo a trattare con la mentalità cattiva?», si minaccia sui social da Corvetto. E ancora: «Entra nella mia strada e ti farò conoscere l’inferno», scrive un giovane con gli occhiali da sole mentre spara un colpo di pistola in aria. «Questo fenomeno è un evidente indicatore di fallimento delle politiche di inclusione, qualora ci siano state», commenta Fabiola Minoletti,vicepresidente del Coordinamento comitati milanesi, «altrimenti non ci sarebbe questa deriva comportamentale evidente conseguenza del non essere riusciti a inserirsi nel tessuto sociale. Sono giovani molto irrispettosi delle regole, delle forze dell’ordine e dello Stato italiano: un atteggiamento che non può far altro che creare insicurezza tra la gente per bene che vive in quei quartieri». Ma se i maranza all’apparenza possono sembrare un problema relegato ai margini della metropoli, o comunque a certe zone specifiche, si sprecano gli esempi di bande di giovani criminali che operano proprio sotto il Duomo, approfittando del grosso traffico di persone per rubacchiare nella folla. «Siamo gli unici maranza “halal” in Duomo», scrivono tre giovanissimi dalle facce pulite davanti alle guglie gotiche. A dimostrazione del fatto che ormai i maranza non sono solo più delinquenti, ma anche semplici ragazzini che, affascinati dall’estetica, salgono sul carro della “moda”. Perché essere maranza a Milano è ormai diventato pop.

Col machete in metro: "Vedrete l'inferno"

Col machete in metro: "Vedrete l'inferno"

Barona, Giambellino, Corvetto, Quarto Oggiaro, Bicocca, San Siro. Ma anche attorno alle stazioni, come Centrale e Garibaldi, o ancora nei grossi snodi logistici come Loreto, CityLife, Porta Genova e persino in Duomo. A Milano i cosiddetti “maranza” sono ormai ovunque, si muovono in “branco” e fanno delle vere e proprie guerre a suon di coltelli e pistole per spartirsi il territorio. Territorio sul quale poi operano - principalmente scippi e spaccio di strada - stracciando la percezione di sicurezza di chiunque si trovi malauguratamente sulla loro strada. L’identikit è ormai noto: giovani, spesso minorenni di prima o seconda generazione, di origini nordafricane (più raramente latinoamericani o est europei, ma alcuni anche italianissimi), tute in triacetato, sneakers bianchissime e t-shirt false delle squadre di calcio internazionali come Psg o Real Madrid. D’inverno prediligono i piumini, magari un Blauer nero smanicato dalla dubbia provenienza, e il cappellino marrone cognac con la banda verde e rossa di Gucci. Un completo iconico che li rende riconoscibili ovunque. Ma se questo non bastasse per notarli e starne alla larga, sono loro stessi che sui social network ci tengono a specificare la loro presenza: «No parla parla, ancora siamo qui, questa è Loreto, casa nostra, se hai problemi vieni qua», minacciano la telecamera due giovani egiziani all’inizio di via Padova. Poi le foto con i pitbull che abbaiano e ringhiano ai passanti sul trafficato marciapiede. La cronaca di queste strade, infatti, racconta di come giusto poche settimane fa, proprio qui, un 34enne di origini spagnole, di ritorno da una discoteca alle 7 del mattino, è stato accerchiato mentre entrava in metropolitana, malmenato e rapinato per un Rolex che aveva al polso. Discorso simile in Bicocca, dove il culto della musica trap (da qui provengono alcuni dei rapper “maranza” più famosi) ha reso questa estetica culto, facendola diventare un vero e proprio trend da seguire. Ma oltre che il vestiario, anche la criminalità viene emulata, e infatti ci sono punti critici da evitare nel nuovo quartiere universitario. Come la fermata sotterranea del 7 ad esempio, dalla quale è difficile uscire incolumi nelle ore notturne. Caldissima Garibaldi e la zona che gravita attorno a corso Como, piazza Gae Aulenti e Porta Nuova: immagini scioccanti sui social ritraggono il “branco” che, dopo aver scavalcato i tornelli della metropolitana, tira fuori due grossi machete e inizia a farne risuonare il tintinnio metallico strisciandoli sul pavimento: “L’Italia è loca”, scrivono. Qui la presenza è piuttosto concentrata a causa dei diversi locali notturni che popolano il quartiere e rendono più semplice lo spaccio e, perché no, uno scippo di fine serata. Discorso simile per i Navigli, dove i gruppi di maranza spesso si ritrovano per passare la notte nei weekend. Non è raro, come si può vedere anche dai social, trovare giovanissimi “in divisa” che consumano varie droghe, alcune anche inusuali, come ad esempio il gas esilarante (ovvero ossido di di azoto), che viene inalato da grossi palloncini che passano di mano in mano e causano euforia e un senso di leggerezza diffuso in tutto il corpo. Ma basta una scintilla per far scoppiare la bomba, come il selvaggio caso di poche settimane fa che ha visto un giovanissimo egiziano accoltellato senza apparente motivo da un rivale lungo la Darsena, poi inseguito e malmenato dagli amici della vittima in quella che si configura in tutto e per tutto come una spedizione punitiva. Nelle periferie come Bonola, Baggio, Barona, Quart’Oggiaro, San Siro e Corvetto, ovviamente, la situazione è fuori controllo. Attorno a piazzale Cuoco, ad esempio, non è raro trovare chiazze di sangue a terra: «Volete che torniamo a trattare con la mentalità cattiva?», si minaccia sui social da Corvetto. E ancora: «Entra nella mia strada e ti farò conoscere l’inferno», scrive un giovane con gli occhiali da sole mentre spara un colpo di pistola in aria. «Questo fenomeno è un evidente indicatore di fallimento delle politiche di inclusione, qualora ci siano state», commenta Fabiola Minoletti,vicepresidente del Coordinamento comitati milanesi, «altrimenti non ci sarebbe questa deriva comportamentale evidente conseguenza del non essere riusciti a inserirsi nel tessuto sociale. Sono giovani molto irrispettosi delle regole, delle forze dell’ordine e dello Stato italiano: un atteggiamento che non può far altro che creare insicurezza tra la gente per bene che vive in quei quartieri». Ma se i maranza all’apparenza possono sembrare un problema relegato ai margini della metropoli, o comunque a certe zone specifiche, si sprecano gli esempi di bande di giovani criminali che operano proprio sotto il Duomo, approfittando del grosso traffico di persone per rubacchiare nella folla. «Siamo gli unici maranza “halal” in Duomo», scrivono tre giovanissimi dalle facce pulite davanti alle guglie gotiche. A dimostrazione del fatto che ormai i maranza non sono solo più delinquenti, ma anche semplici ragazzini che, affascinati dall’estetica, salgono sul carro della “moda”. Perché essere maranza a Milano è ormai diventato pop.

Adescato e pestato fino a svenire

Adescato e pestato fino a svenire

Credeva di incontrare la ragazza dei suoi sogni, scambiare due chiacchiere, fare due passi con lei. Da cosa nasce cosa, magari sarebbe pure sbocciato l’amore. Invece è finito in una trappola di violenza cieca e aggressività che l’hanno lasciato inerme su un marciapiede della periferia di Milano, ormai privo di sensi. È accaduto tutto nel dicembre del 2024, pochi giorni prima del Natale. Atmosfera frizzantina di luci e festeggiamenti. Lui è un ragazzo sudamericano di solo 17 anni. Cerca amici e forse un po’ di amore. Conosce una ragazza sui social, si piacciono, c’è sintonia. Non si sa quanto duri la frequentazione virtuale ma ben presto lei gli dà un appuntamento vero, vuole incontrarlo e parlargli. Il luogo prescelto è il parco dei fontanili in zona Bisceglie. Il ragazzo si presenta puntualissimo, è ben vestito, ha messo anche la collanina argentata cui tiene tanto. La zona è isolata, pochi passanti, qualche padrone di cane che cammina in fretta e se ne va. All’improvviso i due ragazzi vengono circondati dal resto della banda. Ci vuole poco per capirlo, sono complici della ragazza. E lo accerchiano come nella migliore delle tradizioni delle baby gang. Calci e pugni come in una scena da arancia meccanica. Usano tutto quello che hanno a portata di mano per colpirlo, comprese alcune bottiglie di vetro e un bidone dell’immondizia. Il ragazzo cerca di difendersi ma viene colpito violentemente alla testa. Si accascia e perde i sensi. Mentre i sei, cinque peruviani e un venezuelano, gli portano via tutto quello ha, il cellulare, il portafoglio coi pochi soldi che aveva dentro e appunto la catenina d’argento, e si danno alla fuga. Il ragazzo viene soccorso medico e riesce a sporgere denuncia. Ma individuare il gruppo non è facile. Decisiva l’attività di indagine svolta dal commissariato di polizia di stato di Lorenteggio. Vengono visionati i filmati delle telecamere di zona. E gli investigatori riescono a risalire alla loro identità: sono cinque peruviani e un venezuelano di età compresa tra i 19 e i 23 anni, due con precedenti penali. Ieri la Polizia di Stato, coordinata dalla procura ha arrestato i sei giovani. Un’operazione che riaccende i riflettori sul tema della sicurezza. E del fenomeno allarmante della bande criminali giovanili, spesso composte da straniero e italiani di seconda generazione. «Ringrazio la Procura di Milano per l’arresto di cinque giovani peruviani e un venezuelano, autori di una grave rapina con aggressione avvenute in zona Baggio il 17 dicembre dello scorso anno dove, la povera vittima, aveva perso i sensi, era stata derubata del telefono, del portafogli e della collana d’argento», ha detto Riccardo de Corato, deputato di Fratelli di Italia. «Ormai i sudamericani hanno eguagliato, se non superato, la criminalità araba-africana che rappresenta già un grave pericolo in città. Per l’ennesima volta, le periferie milanesi sono prese d’assalto dalla malavita e criminalità straniera». Il trend è una conferma dei dati sulla criminalità cittadina pubblicati dal Sole 24 Ore pochi giorni fa, in cui emerge che a Milano «oltre sei arrestati su 10 sono stranieri e siamo anche, in Italia, la città al 1° posto per furti e rapine. Ormai, questi tristi record vanno avanti da anni e vedono ancora una volta il capoluogo lombardo, primo in Italia nell’indice della Criminalità 2024». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44898534]] Parla di episodi in pericoloso aumento anche il presidente dei City Angels Mario Furlan, conoscitore di Milano e della realtà di strada. «E’ un fenomeno che ci preoccupa moltissimo», dice. «Bande giovanili composte da ragazzi che si sentono forti facendosi vedere feroci coi loro compagni», spiega Furlan. «Non è un caso che il leader di queste gang sia sempre il più violento del gruppo. L’auspicio è che in galera possano capire i loro errori e diventare persone migliori». «Episodi così gravi» aggiunge «devono essere colpiti con durezza. In questo caso gli autori della violenza sono ragazzi grandi quasi tutti ventenni. Ma assistiamo di frequente ad aggressioni violentissime commesse da ragazzini 14enni che si sentono impuniti. Se li rimproveri te lo dicono in faccia. “Faccio quello che voglio tanto non mi fanno niente”. Su questo occorre fare un’attenta riflessione». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44908953]]