Connact, Scarfia (Confetra): contro approccio ideologico

Connact, Scarfia (Confetra): contro approccio ideologico

Roma, 11 nov. (askanews) - "Il nostro settore, il settore della logistica, non è contro la decarbonizzazione, è contro un approccio ideologico che cala target irrealistici dall'alto" ha detto Maria Cristina Scarfia, Responsabile Affari europei di Confetra, all'evento "Mobilità sostenibile: l'incontro tra le politiche industriali e quelle dei trasporti" organizzato da Connact, la piattaforma di eventi che favorisce il confronto tra soggetti privati e istituzioni attraverso momenti di incontro e networking, in collaborazione con il Parlamento europeo in Italia. L'evento è stato promosso da A2A, Autorità di sistema portuale per il Tirreno centro settentrionale, Autostrade per l'Italia, Confetra, Fincantieri, IP Gruppo api, Pirelli.

“Siamo ai titoli di coda. Questi tagli non sono un risparmio. Sono un atto di vandalismo culturale”: l’appello dagli Stati Generali dello Spettacolo

“Siamo ai titoli di coda. Questi tagli non sono un risparmio. Sono un atto di vandalismo culturale”: l’appello dagli Stati Generali dello Spettacolo

La terza edizione degli Stati Generali dello Spettacolo, promossi da Left Wing e Unita e curati da Annarita Masullo (operatrice culturale), si è chiusa sabato 8 novembre ospitati negli spazi di Officina Pasolini a Roma. L’appuntamento ha riunito per tre giorni artiste e artisti, lavoratrici e lavoratori, associazioni, imprese e rappresentanti istituzionali in un confronto […] L'articolo “Siamo ai titoli di coda. Questi tagli non sono un risparmio. Sono un atto di vandalismo culturale”: l’appello dagli Stati Generali dello Spettacolo proviene da Il Fatto Quotidiano .

Petrone Group celebra 60 anni: "Radici solide e visione globale"

Petrone Group celebra 60 anni: "Radici solide e visione globale"

Roma, 10 nov. (Adnkronos Salute) - "La nostra azienda oggi è integrata nei servizi, nella produzione e nella distribuzione lungo l'intera supply chain farmaceutica. Guardiamo al futuro partendo da radici profondamente solide, che affondano nell'esperienza maturata in sessant'anni". Lo ha detto Pierluigi Petrone, Ceo di Petrone Group, in occasione del 60esimo anniversario del gruppo: "Un traguardo importante, ma anche un bagaglio di cultura, di expertise e di know-how che abbiamo appreso e custodito grazie a chi è venuto prima di noi". "Il nostro compito - continua Petrone - è trasferire, rafforzare e innovare questo patrimonio" simbolo di eccellenza italiana che continua a investire in innovazione, sostenibilità e crescita internazionale. "Stiamo incentivando la terza generazione che si sta affacciando alla ribalta e vogliamo continuare nel processo di internazionalizzazione che ci ha trasformati. Siamo passati da un'azienda regionale a una realtà nazionale - sottolinea il Ceo - e negli ultimi 15 anni abbiamo sviluppato una presenza internazionale che ci ha permesso di valorizzare quanto costruito da chi ci ha preceduti, ottimizzando e portando sul mercato competenze sviluppate nel tempo". Sul risultato "conta non solo il legame con la nostra città e la nostra regione, ma con tutto il Mezzogiorno - evidenzia il Petrone - Siamo una famiglia di farmacisti orgogliosa delle proprie origini e abbiamo scelto di continuare a investire in un territorio che, nonostante le difficoltà, sta rispondendo nella giusta direzione". Napoli, osserva, "sta vivendo un momento molto bello, è una città che attrae talenti e trattiene risorse formate in un sistema universitario di grande valore. La Federico II ha appena celebrato gli 800 anni: è un patrimonio che vogliamo contribuire a valorizzare". Guardando al futuro, "la sfida è permettere alle eccellenze del territorio di restare e di sentirsi parte di un progetto che guarda ogni giorno non come punto di arrivo, ma come ripartenza. Oggi tanti giovani si affacciano con motivazione e orgoglio. A loro - conclude Petrone - vogliamo offrire opportunità concrete e una visione capace di guardare lontano".

**Depistaggio: ex compagna poliziotto Peluso, 'Giorno della strage Capaci non tornò a casa'**

**Depistaggio: ex compagna poliziotto Peluso, 'Giorno della strage Capaci non tornò a casa'**

Caltanissetta, 11 nov. (Adnkronos) - (dall'inviata Elvira Terranova) - “Giovanni Peluso mi diceva che faceva un lavoro particolare, che era al Sismi. Dopo un mese che era a casa, una mattina la macchina non partiva, lui aprì il cofano e mi disse che c'erano due 'ordigni bianchi'. Mi disse che in quel momento stava facendo delle indagini particolari. Poi mi raccontò anche di collaborare con Vincenzo Parisi e che lavorava per il Sisde”. A dirlo, deponendo in aula al Tribunale di Caltanissetta, nel processo a carico di due ex ufficiali dei Carabinieri accusati di depistaggio, è Maria Anna Castro, ex compagna del poliziotto Giovanni Peluso, accusato dal collaboratore di giustizia Pietro Riggio di aver partecipato alla strage di Capaci. Alla sbarra ci sono due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni. Per la Procura, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali, oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l'accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. La testimone ha conosciuto Peluso in Procura a Roma nel 1990 e lui era un agente di polizia. “Abbiamo avuto una relazione – ha detto – iniziata nel settembre del 1990 fino al 2001”. E ha spiegato che il giorno della strage di Capaci, il 23maggio del 1992, Peluso "Non era tornato a casa". Alla sbarra anche lo stesso Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 64 anni, difeso dall'avvocato Basilio Milio, e l'83enne Pellegrini, difeso dall'avvocata Oriana Limuti, hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone. Al centro della vicenda ci sono le dichiarazioni di Riggio, ex agente della Polizia penitenziaria, poi arrestato con l'accusa di essere legato ai clan mafiosi. Secondo i pm i due ex investigatori, che respingono le accuse, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio, all'epoca loro confidente, rivelazioni che, sempre a dire degli inquirenti, avrebbero potuto portare alla cattura del latitante Bernardo Provenzano e a scoprire un progetto di attentato all'ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Peluso, invece, avrebbe agevolato Cosa nostra, tra l'altro favorendo la latitanza del boss corleonese. La testimone ha parlato nella sue deposizione diversi episodi della sua relazione con Peluso. Ad esempio, ha raccontato anche i giorni antecedenti e successivi alla strage di Capaci, periodo in cui la donna lavorava al Consiglio superiore della magistratura. “Il venerdì prima del 23 maggio Peluso non tornò a casa e lo fece il lunedì dopo la strage e mi fece tantissime domande”, ha ribadito Maria Anna Castro nella sua deposizione in Tribunale. E ha ricordato che il sabato in cui fu ucciso il giudice Falcone la donna avrebbe ricevuto una telefonata al Csm "da un certo Gotti" che la "chiamava dall'America". E poi, una telefonata "strana" che le sarebbe arrivata il lunedì dopo la strage. “Erano telefonate che non passavano dal centralino del Csm”. Qualche giorno dopo lo stesso Peluso le disse “che era uno della Pizza Connection”. Un altro episodio raccontato da Maria Anna Castro riguarda il periodo antecedente le stragi di Firenze e Milano, quando l'ex compagno Peluso "si fece accompagnare al Raccordo anulare di Roma perché doveva andare con alcuni colleghi a svolgere delle indagini lontano dalla Capitale". Secondo il racconto di Castro "in macchina c'era lo zio Tony, il principe", cioè Tony Mazzei che nel frattempo è morto. La testimone ha poi raccontato anche dell'incontro che c'è stato a Resuttano tra Peluso, Riggio e Giovanni Aiello, l'uomo che era stato definito 'faccia da mostro' “hanno parlato nei pressi della macchina in cui c'ero io”. Ha poi ricordato che Peluso le ha detto che in carcere "era stata istituita una task force tra uomini detenuti che doveva essere impegnata nella cattura dell'allora latitante Binnu Provenzano", cioè "lo “zio” che Peluso vantava di conoscere". "Mi doveva aiutare a ottenere l'eredità di mia nonna", che era originaria di San Giuseppe Jato. La deposizione prosegue.

**Depistaggio: ex compagna poliziotto Peluso, 'Giorno della strage Capaci non tornò a casa'**

**Depistaggio: ex compagna poliziotto Peluso, 'Giorno della strage Capaci non tornò a casa'**

Caltanissetta, 11 nov. (Adnkronos) - (dall'inviata Elvira Terranova) - “Giovanni Peluso mi diceva che faceva un lavoro particolare, che era al Sismi. Dopo un mese che era a casa, una mattina la macchina non partiva, lui aprì il cofano e mi disse che c'erano due 'ordigni bianchi'. Mi disse che in quel momento stava facendo delle indagini particolari. Poi mi raccontò anche di collaborare con Vincenzo Parisi e che lavorava per il Sisde”. A dirlo, deponendo in aula al Tribunale di Caltanissetta, nel processo a carico di due ex ufficiali dei Carabinieri accusati di depistaggio, è Maria Anna Castro, ex compagna del poliziotto Giovanni Peluso, accusato dal collaboratore di giustizia Pietro Riggio di aver partecipato alla strage di Capaci. Alla sbarra ci sono due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni. Per la Procura, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali, oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l'accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. La testimone ha conosciuto Peluso in Procura a Roma nel 1990 e lui era un agente di polizia. “Abbiamo avuto una relazione – ha detto – iniziata nel settembre del 1990 fino al 2001”. E ha spiegato che il giorno della strage di Capaci, il 23maggio del 1992, Peluso "Non era tornato a casa". Alla sbarra anche lo stesso Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 64 anni, difeso dall'avvocato Basilio Milio, e l'83enne Pellegrini, difeso dall'avvocata Oriana Limuti, hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone. Al centro della vicenda ci sono le dichiarazioni di Riggio, ex agente della Polizia penitenziaria, poi arrestato con l'accusa di essere legato ai clan mafiosi. Secondo i pm i due ex investigatori, che respingono le accuse, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio, all'epoca loro confidente, rivelazioni che, sempre a dire degli inquirenti, avrebbero potuto portare alla cattura del latitante Bernardo Provenzano e a scoprire un progetto di attentato all'ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Peluso, invece, avrebbe agevolato Cosa nostra, tra l'altro favorendo la latitanza del boss corleonese. La testimone ha parlato nella sue deposizione diversi episodi della sua relazione con Peluso. Ad esempio, ha raccontato anche i giorni antecedenti e successivi alla strage di Capaci, periodo in cui la donna lavorava al Consiglio superiore della magistratura. “Il venerdì prima del 23 maggio Peluso non tornò a casa e lo fece il lunedì dopo la strage e mi fece tantissime domande”, ha ribadito Maria Anna Castro nella sua deposizione in Tribunale. E ha ricordato che il sabato in cui fu ucciso il giudice Falcone la donna avrebbe ricevuto una telefonata al Csm "da un certo Gotti" che la "chiamava dall'America". E poi, una telefonata "strana" che le sarebbe arrivata il lunedì dopo la strage. “Erano telefonate che non passavano dal centralino del Csm”. Qualche giorno dopo lo stesso Peluso le disse “che era uno della Pizza Connection”. Un altro episodio raccontato da Maria Anna Castro riguarda il periodo antecedente le stragi di Firenze e Milano, quando l'ex compagno Peluso "si fece accompagnare al Raccordo anulare di Roma perché doveva andare con alcuni colleghi a svolgere delle indagini lontano dalla Capitale". Secondo il racconto di Castro "in macchina c'era lo zio Tony, il principe", cioè Tony Mazzei che nel frattempo è morto. La testimone ha poi raccontato anche dell'incontro che c'è stato a Resuttano tra Peluso, Riggio e Giovanni Aiello, l'uomo che era stato definito 'faccia da mostro' “hanno parlato nei pressi della macchina in cui c'ero io”. Ha poi ricordato che Peluso le ha detto che in carcere "era stata istituita una task force tra uomini detenuti che doveva essere impegnata nella cattura dell'allora latitante Binnu Provenzano", cioè "lo “zio” che Peluso vantava di conoscere". "Mi doveva aiutare a ottenere l'eredità di mia nonna", che era originaria di San Giuseppe Jato. La deposizione prosegue.