Toro fin troppo internazionale. Al Fila solo 14
Sono 12 i granata in giro per il mondo. Baroni si consola con Simeone, Zapata e Ngonge
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La gazzarra parlamentare sul ministro Giuseppe Valditara e l’educazione affettiva nelle scuole è un caso da manuale di allergia alla libertà da parte della sinistra. Chiedere il consenso delle famiglie su un tema così delicato - in un sistema educativo che le ha coinvolte perfino in maniera eccessiva su scelte che invece riguardano l’autonomia degli insegnanti e degli istituti - è un ottimo esercizio di responsabilità, per i genitori e per le scuole. Il problema della sinistra è la sua deriva verso lo Stato etico, un sistema totalitario che non ammette opzioni, ma solo l’adesione acritica a un blocco di “valori” che in questi anni sono stati stravolti dalla cultura woke. Mentre vedevo scorrere sullo schermo del computer i lanci d’agenzia dell’opposizione scatenata contro Valditara - con un crescendo di decibel direttamente proporzionale all’assenza di un pensiero compiuto - il titolo del nuovo libro di Nicola Porro mi è sembrato un’eccellente sintesi della situazione: «L’inferno è pieno di buone intenzioni». Porro è un giornalista liberale, ha lavorato con Antonio Martino (di cui tutti noi abbiamo una grande nostalgia), è un uomo brillante che non ha bisogno di andare controcorrente, non deve cercare una posizione da “contrarian” perché lo è naturalmente per disposizione di cultura e esposizione delle idee, non essendosi mai confuso e mimetizzato come tanti nella confortevole camarilla del pensiero unico progressista. Il suo ultimo libro è un pamphlet abilmente costruito: in undici capitoli e 208 pagine Porro ci ricorda «i danni del buonismo», alla fine di ogni capitolo il lettore trova un’ampia bibliografia, le “fonti” di riferimento per continuare a esplorare nel libro e oltre il libro. È un viaggio nella contemporaneità, un perfetto antidoto al conformismo che non scade mai nelle copiose idiozie di quelli che a destra scambiano la Lombardia con il Wisconsin, Meloni con Trump e il centrodestra italiano con il Partito repubblicano. Noi viviamo in un altro mondo e la crisi è nella decadenza della sinistra, nella sua bancarotta culturale. Negli undici capitoli di «L’inferno è pieno di buone intenzioni» ci sono passaggi esilaranti, come quello (per restare all’assalto a Valditara) in cui Porro racconta come il femminismo abbia finito per divorare se stesso, in un testacoda dove «la vera genialità diabolica del sistema è la sua auto-legittimazione morale. Chi resiste viene automaticamente marchiato come oppressore, chi dissente diventa complice del nemico, chi dubita tradisce le vittime. È un sistema perfetto di controllo sociale che rende impossibile qualsiasi forma di resistenza: criticare il femminismo diventa automaticamente un atto antifemminista, mettere in discussione l’ortodossia equivale a schierarsi con il patriarcato». La scomunica è automatica, solo che nel frattempo sono successe molte cose: in America la cultura woke, la cancel culture e tutto l’ambaradan ideologico che aveva impedito di chiamare le cose con il loro nome, è imploso quando Trump ha vinto le elezioni, rivelando di essere una tigre di cartapesta. La cagnara sull’educazione affettiva nasconde questo fallimento titanico e il tentativo estremo di imporre senza discutere, addirittura negando al genitore di essere presente con la sua voce. Dietro l’obbligatorietà si cela un tentativo maldestro di imporre una visione del mondo che ha come obiettivo quello di cancellare il canone occidentale. Quello di Porro è un metodo di esposizione mutuato dal giornalismo e dalla saggistica anglosassone e l’editore Piemme (gruppo Mondadori) ha fatto un lavoro eccellente nell’interesse del lettore, «L’inferno è pieno di buone intenzioni» è una guida per orientarsi nel presente, un libro per sapere, per capire. Nel capitolo intitolato «Ambientalismo ideologico e i suoi disastri (quanto inquina il green)», facciamo un giro di giostra nella folle corsa nell’ecologismo scagliato come una clava dalle classi colte (con casa nella Ztl) contro il ceto medio-basso, è quello che «non serve a salvare il pianeta, ma funziona benissimo per pulire le coscienze». Sono temi che il lettore di Libero conosce a memoria, come quelli descritti nel capitolo sullo «Stato d’eccezione permanente» dove i governi pensano di salvare tutti da tutto e il risultato è che nessuno si salva dal diventare un automa privo di coscienza critica. Così «lo Stato ha sostituito Dio» e attenzione: «Vuoi opporre resistenza? Sei un untore, un complotti sta, un automobilista col Suv diesel. Hai un’opinione? La verifichiamo prima noi. Poi, forse, la pubblichi». Cosa che nel giornalismo si traduce in giornali tutti uguali, con gli stessi titoli, il pilota automatico, il ciclostile delle opinioni e la gerarchia delle notizie pre -compilata. Quando la sera vado a dormire, so già cosa faranno «gli altri». Non è un sollievo, è l’inizio della fine di questo mestiere. L’individuo sommerso dalle buone intenzioni, diventa una specie di 'collettivo’ che impone cattive soluzioni, cronache fallimentari che pagano di solito quelli che hanno meno, i poveri e il ceto medio. Tra il buonista globale che pensa alle tribù dell’Amazzonia mentre fa il pieno di cherosene sul suo jet meravigliosa definizione del filosofo Jean-Claude Michéa, la «gauche kérosène»- e il “cattivista” che ricorda le virtù dell’utile come sistema per distribuire un dividendo (economico e sociale), qui stiamo tutta la vita con il “cattivista”, perché senza l’utile sappiamo che prende il sopravvento nel dibattito quello che Fruttero e Lucentini avevano già visto in anticipo in un loro libro intitolato «La prevalenza del cretino». E come insegnava Ennio Flaiano «non discutere con gli imbecilli, ti porterebbero al loro livello e ti batterebbero con l’esperienza». Siamo circondati.
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