Banksy, la street-art diventa un museo

Banksy, la street-art diventa un museo

L'arte di Banksy torna in Italia. Sarà in mostra dal prossimo autunno alla primavera 2026 a Conegliano. E il dibattito sul “tradimento” della street art si infiamma. Centro propulsore è proprio il Veneto. La grande esposizione dedicata al misterioso artista britannico, organizzata da Artika in collaborazione con Deodato Arte, si terrà, infatti, al chiuso di Palazzo Sarcinelli dal prossimo 15 ottobre con ben 80 opere che, invece, per la loro stessa natura, erano nate e destinate a “battere” le strade delle città del mondo. Obiettivo dell’esposizione, L’ curata da Daniel Busa, è proprio quello di raccontare la street art, la sua sorprendente parabola che da forma espressiva marginale e spesso illegale la vede ormai assimilata a linguaggio globale, riconosciuto, studiato e persino celebrato nelle sedi istituzionali. Non senza continuare ad animare un dibattito anche dentro lo stesso movimento artistico. Basti pensare al caso recentissimo di Venezia dove, proprio pochi giorni orsono, è stato completato il discusso salvataggio del Bambino migrante , il murale realizzato da Banksy nel maggio del 2019 sulla facciata di Palazzo San Pantalon a Venezia. Si tratta di una delle due sole opere ufficialmente attribuite in Italia all’artista inglese che ha lavorato in laguna in una notte di maggio del 2019 alla realizzazione dell’immagine del piccolo straniero, non casualmente dipinto a pelo d’acqua. Una scelta simbolica e artistica che nei sei anni trascorsi ha visto, però, l’opera deteriorarsi di giorno in giorno, letteralmente consumata dalla salsedine. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:40063382]] L’intervento di recupero, curato dal restauratore Federico Borgogni, ha avuto inizio lo scorso 3 giugno 2025 e si è concluso nella notte tra il 23 e il 24 luglio scorso con il distacco della porzione di muro su cui è raffigurato il bambino. Un’operazione promossa e accolta con entusiasmo dalle istituzioni, ma sottolineata anche dalle critiche del mondo degli street artists più ortodossi, convinti che le opere di Banksy, come di tutti gli altri artisti murali, debbano essere lasciate dove sono, con tutte le conseguenze del caso. Un autentico bivio che, tuttavia, sembra volgere verso una direzione pressoché segnata, visto il coinvolgimento ormai in tutta Italia delle istituzioni pubbliche che hanno riconosciuto e si sono schierate in difesa di un’arte che - almeno tra i duri e puri- vorrebbe continuare ad essere di nicchia e di protesta ma che, avvicinandosi al grande pubblico pop, tende invece inevitabilmente verso una omologazione che stadi fatto trasformando i geni di una street art ormai sempre più “messaggera” di autentici tributi. Singolare e particolarmente bella, in tal senso, è la storia di Satriano di Lucania dove il trionfo dell’arte di strada è coinciso con la volontà di rinascita di una comunità colpita duramente, nei primi anni Ottanta, dal distruttivo terremoto dell’Irpinia. I cittadini di Satriano non si sono limitati a ricostruire ma hanno iniziato a tingere di identità locale e tradizioni storiche le facciate delle loro case. Tutto in un unico grande bagno di colore che, con oltre 500 opere, ha reso il piccolo centro lucano, capitale della pittura murale, seguita poi, nei decenni, da tantissimi altri borghi semidisabitati in tutta Italia che, proprio attraverso l’arte, hanno ritrovato una ragione per continuare a esistere. I tributi della “nuova” street art non riguardano tuttavia solo luoghi e costumi tradizionali ma anche grandi personaggi, pronti a diventare “icone” da dipingere. E se a Milano, in zona San Siro, il progetto Talking Walls (Muri Parlanti ndr) grazie all’impegno comune del Collettivo artistico Orticanoodles, di Fondazione Cariplo e due scuole superiori, assieme alla Fondazione Arrigo e Pia Pini ha riqualificato ben 800 mq di superfici murarie, omaggiando grandi medici e ricercatori come Fleming, Patch Adams, Rita Levi Montalcini e altri; a Torino in occasione dell’ultima edizione del Prix Italia, nello scorso ottobre, il giovane architetto e street artist Francesco Persichella in arte PISKV ha realizzato il primo murales celebrativo di Piero Angela sul Centro Produzione Rai di via Verdi. Titolo dell’opera Sapere Aude, ovvero «Osa essere saggio» con il grande divulgatore scientifico che, dal palazzo dove è nata la televisione italiana, saluta la sua città natale e i suoi concittadini. Anche quelli che, come paradossale omaggio alla natura murale dell’opera, circa un mese fa hanno pensato male di gettare sull’immagine di Angela vernice e oli esausti. Destino delle opere d’arte di strada che in qualche caso, però, come quello dell’artista Maupal si tingono addirittura di santità. E’ stato lui, infatti, a trasformare il pontificato di Bergoglio nell’epopea di SuperPope, con Francesco trasformato in un Supereroe e sempre lui è stato il primo street artist a celebrare il nuovo Papa Leone XIV nel murale inaugurato lo scorso 7 luglio a Roma dal titolo San Pietro delle Periferie che si trova al Villaggio Breda, borgata della periferia est di Roma. Tra i writers che, invece, mantengono la loro natura di impegno mirato alla satira c’è un altro artista romano Laika, uomo mascherato che negli anni scorsi ha rappresentato l’ex sindaca capitolina Virginia Raggi in tenuta antisommosa. Mentre ci ha abituato a immagini d’amore (a modo suo) il 45enne street artist palermitano TvBoy che ha immaginato grandi e famosi tributi come quello dedicato a Nelson Mandela nelle strade di Torino, disegnando anche un Giovanni Falcone che ci invita ad andare avanti. E forse proprio questo è il messaggio definitivo dell’arte di strada che, dall’epoca della protesta scarabocchiata a quella attuale, più prossima alla celebrazione, non ha perso la speranza, da sempre insita in ogni opera d’arte (forse ancor di più in quelle di strada) che qualcuno, camminando, doni uno sguardo e magari accenda un ricordo o una riflessione da portare con sé nel cammino. Nella magia che si eterna coi tratti di un disegno. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:40140156]]

Alessandro Venier, fatto a pezzi da mamma e compagna. L’ipotesi: “Non aveva apparecchiato la tavola per cena”

Alessandro Venier, fatto a pezzi da mamma e compagna. L’ipotesi: “Non aveva apparecchiato la tavola per cena”

Continuano le indagini per ricostruire la dinamica e il movente dell'omicidio di Gemona, dove Alessandro Venier è stato ucciso e fatto a pezzi dalla mamma e dalla compagna. In attesa degli interrogatori delle due donne e dell'autopsia, tra le ipotesi c'è quella della lite per futili motivi alla base del delitto: la vittima non avrebbe apparecchiato la tavola per cena. Continua a leggere

Gaza, le foto dei finti denutriti smascherate dalla stampa Usa

Gaza, le foto dei finti denutriti smascherate dalla stampa Usa

All’inizio di agosto il New York Times ha pubblicato un articolo dominato dalla foto straziante di un bambino emaciato in braccio a sua madre. La didascalia diceva che si trattava di Mohammed Zakaria al-Mutawaq, bimbo nato sano 18 mesi fa ma ora affetto da una grave malnutrizione dovuta alla guerra. Come dice il vecchio proverbio americano secondo cui «una bugia può viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta mettendo le scarpe», quella foto rilanciata dagli account ufficiali del prestigioso giornale newyorkese e ripresa da tutte le testate è diventata in breve tempo il simbolo delle sofferenze di Gaza a causa di Israele e nulla è valso scoprire la verità, cioè che il povero Mohammed soffre in realtà dalla nascita di gravi disfunzioni neurologiche che gli impediscono di mangiare propriamente e che Israele non c’entra nulla. Il NYT si è limitato a una precisazione su X attraverso l’account secondario di pubbliche relazioni @NYTimesPR seguito da appena 90mila persone, mentre su quello ufficiale seguito da milioni di follower non ha detto nulla. La Cnn ha fatto lo stesso, riportando fuggevolmente la verità durante una trasmissione. Altre foto pubblicate successivamente mostrano il piccolo Mohammed con la madre e il fratello, che a differenza di lui appaiono ben nutriti e per nulla emaciati. Il NYT è recidivo: su X aveva postato le fotografie della piccola Sila Rabah in teoria colpita da grave malnutrizione e atrofia muscolare, almeno fino al confronto con risultati di un’indagine di Rebuilding Alliance, che rivelavano come la bambina sia affetta in realtà da un disturbo cronico allo stomaco. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43567469]] In un articolo sull’utilizzo a scopi propagandistici da parte di Hamas e dei pro-Pal di fotografie raccapriccianti che nulla hanno a che vedere con le presunte responsabilità di Israele e di come gran parte della stampa internazionale stia seguendo colpevolmente a ruota, il Wall Street Journal cita anche il caso di Osama al-Raqab le cui fotografie sono state utilizzate per denunciare la presunta politica deliberatamente affamatoria di Netanyahu. Anche il piccolo Osama, che ha 5 anni, appare fortemente denutrito e sofferente, ma anche lui è gravemente ammalato, soffrendo di fibrosi cistica. «Le immagini strazianti toccano il cuore, ma quando vengono distorte per alimentare l’odio contro Israele, diventano strumenti di disinformazione», ha dichiarato il portavoce del Cogat, l’ente israeliano per il coordinamento nei territori, che ha diffuso anche una foto di Osama sorridente, in ospedale, con indosso un camice. Nonostante Osama si trovi da oltre un mese in Italia e sia in condizioni stabili, il giorno successivo alla pubblicazione della sua immagine è stata rilanciata la storia secondo cui il bambino si trovasse ancora all’ospedale Nasser di Khan Younis, «sofferente e in attesa di cure». Il WSJva anche oltre, testimoniando come a Gaza vi siano «enormi quantità di aiuti umanitari che le Nazioni Unite si rifiutano di distribuire», in quanto non vuole ricevere la protezione delle Forze di difesa israeliane. Tutto questo dimostra, se ancora ce ne fosse il bisogno, che quello che vi stanno raccontando su Gaza è in gran parte falso e che i media istituzionali, la sinistra e i progressisti di tutto il mondo sono anche loro colpevolmente caduti nella trappola dei terroristi di Hamas. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43569291]]

Trump firma l'ordine esecutivo ma i dazi slittano al 7 agosto

Trump firma l'ordine esecutivo ma i dazi slittano al 7 agosto

Milano, 1 ago. (askanews) - Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo sui dazi nella notte che ufficializza i suoi accordi con importanti partner commerciali come l'Unione Europea, il Giappone, la Corea del Sud, il Regno Unito e le Filippine. Il decreto stabilisce unilateralmente anche le aliquote per i partner commerciali che non hanno raggiunto accordi con lui, ad esempio Israele, Svizzera e Taiwan. L'aliquota della Svizzera sarà fissata al 39%, più alta di quanto precedentemente minacciato, mentre quella di Taiwan sarà fissata al 20%. L'ordinanza di Trump di giovedì afferma che i nuovi dazi non entreranno in vigore prima del 7 agosto. Fa eccezione il Canada con tariffe al 35% per la sua "inazione e ostilità" e per la scelta di voler riconoscere lo stato palestinese. "Beh, devono pagare una tariffa equa. Tutto qui. È molto semplice. Hanno applicato tariffe molto, molto alte ai nostri agricoltori, alcune oltre il 200%, e li hanno trattati molto male. Hanno trattato molto male il nostro Paese per anni", ha spiegato Trump. Confermati i dazi al 15% con l'Unione Europea, mentre per il Messico, il principale partner commerciale degli Stati Uniti, Trump ha accettato una proroga di 90 giorni per i colloqui con la presidente Claudia Sheinbaum.