L’Europa e l’aguzzino Trump, il nodo delle riforme e il coraggio di essere impopolari. Parla Monti

L’Europa e l’aguzzino Trump, il nodo delle riforme e il coraggio di essere impopolari. Parla Monti

Abbiamo incontrato Mario Monti, ex presidente del Consiglio, sabato scorso alla festa del Foglio . Con lui abbiamo discusso del futuro dell’Europa e del rapporto asimmetrico con l’America di Trump, del pericolo dei populismi e delle lezioni che l’Italia può trarre dalla crisi francese. Questo è il dialogo con Michele Masneri. Michele Masneri : Buonasera professor Monti, dopo questi racconti di pesti bubboniche alla Festa dell’ottimismo e il quadro che ha dato il ministro Crosetto forse è ancora peggiore, vogliamo cominciare dalla situazione Europa e Ucraina, per la quale il ministro Crosetto ha dato questa definizione di “27 paesi europei come 27 nani sullo scenario”. Che ne pensa lei? (segue nell’inserto VIII) Mario Monti : Vorrei fare una premessa. Io sono vecchio, ma molto molto di più di quanto possa apparire. Perché ho mandato la guardia di finanza a Cortina non nel 2011, ma nel 536 d.C. E siccome questo non era molto servito nel 2011 abbiamo fatto un rabbocco. Masneri : Stavano già facendo i lavori per le Olimpiadi Monti : Circa. Il ministro Crosetto, ho ascoltato la sua perorazione per il superamento della regola dell’unanimità a livello di Unione europea. Ha detto delle cose molto importanti, molto concrete il ministro Crosetto. Io vorrei che il ministro Crosetto e il ministro Tajani, cioè due pezzi fondamentali del governo italiano, alla Difesa e agli Esteri, ingaggiassero un dibattito con la presidente del Consiglio ovviamente ancora più fondamentale sulle regole di decisione in Europa. Il ministro Tajani che appartiene idealmente, forse anche formalmente, al Partito popolare europeo, è d’accordo con la proposta, fatta dal governo tedesco già tempo fa, di avviare il superamento del diritto di veto nelle decisioni di politica estera a livello comunitario. Il ministro Crosetto, non so se abbia mai dichiarato questo, ma oggi ci ha spiegato che con 27 gruppi di ricercatori ecc. ecc. non si va da nessuna parte. Allora a me è capitato in Senato di chiedere alla presidente del Consiglio la sua posizione sulla materia della regola dell’unanimità nella politica estera comune, mi ha detto in due occasioni che lei è a favore del mantenimento dell’unanimità, e quindi del diritto di veto, non solo oggi, ma anche quando gli stati membri saranno ancora più numerosi dopo il futuro allargamento. Quindi, anche se passiamo dalle manifestazioni verbali ai fatti, noi abbiamo da una parte la presidenza Trump che dà una forzatura allo stato di diritto, e dall’altra parte abbiamo un’Europa che assomiglia all’Italia dei comuni, ma non della magnificenza medicea che qui vediamo, ma quell’Italia dei comuni, dove l’uno contro l’altro armato, si risolvevano di tanto in tanto a chiamare il podestà forestiere. Quindi il destino dell’Europa è legato al fatto che il ministro degli Esteri, il ministro della Difesa argomentino con la presidente del Consiglio e riescano a farle cambiare opinione, sennò ogni parola sull’Europa è carta straccia. Masneri : Ecco, sull’Europa recentemente, in un suo articolo su Politico, lei ha detto che i leader europei rispetto a Trump hanno una specie di sindrome di Stoccolma - che adesso sembrerebbe che abbia qualcosa a che fare col Nobel - ma in realtà è un’altra cosa. Quindi che abbiano quasi piacere, lei dice quasi testualmente “a essere maltrattati” da questa personalità maligna americana. Anche Giorgia Meloni ha la sindrome di Stoccolma? Monti : No, non credo. Questo è un suo titolo di merito. Credo che in lei il problema non si ponga, perché seguire gli orientamenti del presidente Trump, credo che per lei sia politicamente psicologicamente meno costoso e meno scomodo che per tanti leader europei che non sono inscritti nella corrente ideologica e politica di Trump, e che vorrebbero potersi battere per un’Europa più efficace. La manifestazione più attuale di rischio è che nella visione del presidente Trump, che sta facendo anche cose buone e che speriamo diano frutti (vedi in medio oriente), l’accordo commerciale di quest’estate è un accordo asimmetrico e aperto, nel senso che lui lo vede solo come una chip di ingresso in un gioco molto più complesso nel quale, se con il trascorrere del tempo ci sono alcune cose che gli europei fanno che non piacciono all’Amministrazione americana o alle imprese americane, lui chiede che vengano cambiate o revocate o abrogate e sennò “state attenti”. E quindi è un modo per perpetuare nel tempo l’intimidazione, ma lasciatemelo dire, la colpa ultima è di noi europei che abbiamo per tanti anni discusso su come essere sicuri che nessun paese vivesse al di sopra delle proprie risorse –  patto di stabilità, eccetera, cosa sacrosanta – senza accorgerci che l’intera Europa viveva al di sopra delle proprie risorse perché non calcolava il costo della propria Difesa, che ha appaltato a un’altra entità a basso prezzo, e questa entità si è stufata di difenderci a basso prezzo. E quindi può, volendo, estorcere quasi qualsiasi cosa da un’Europa che si è voluta ahimè cacciare in questa situazione. Masneri : Ecco ma un anno fa lei disse che, in caso estremo, l’Italia avrebbe potuto mandare delle forze armate sul teatro di guerra ucraino. Lo ridirebbe oggi, dopo un anno? Monti : In linea di principio ovviamente sì, se l’Europa avesse una politica estera comune e una politica di difesa comune, l’uso delle forze armate europee, che in quel caso esisterebbero, deciso da una politica estera comune, che esisterebbe, che potrebbe esistere se non ci fosse il diritto di veto, beh sarebbe un uso delle forze armate deciso dall’Europa come entità sovrana, che si tratti di fare interposizione nel medio oriente, che si tratti di fare un’azione voluta dall’Europa in Ucraina, che si tratti di un’azione di difesa contro un assalitore esterno dell’Europa. Non può esistere uno stato come vorremmo che l’Europa un giorno fosse senza una politica estera comune e una politica di difesa comune. Masneri : Ecco un altro campo in cui c’è in atto un forte scontro con l’America di Trump è quello dei monopoli. Lei diventò super Mario perché vent’anni fa aveva preso quella decisione contro Microsoft che fece la storia. Appunto qualche giorno fa la Commissione europea ha inflitto una multa ancora più grande a Google, di 3 miliardi, e Trump ha detto che l’Europa è una persecutrice degli Stati Uniti a livello commerciale. Monti : Che è assolutamente non vero. L’Europa applica nella materia dell’antitrust e della concorrenza - così come le autorità che tutt’ora esistono negli Stati Uniti in materia di antitrust, lo fanno nel loro mercato - le regole che non hanno inventato gli europei, ma gli americani alla fine del 19esimo secolo con lo Sherman Act e che poi hanno voluto, essendo potenza occupante in Germania dopo la guerra, che fossero trasposte in Germania e in Europa. L’Europa fa diligentemente quello che gli Stati Uniti ci hanno insegnato a fare. E visto che lei cita la decisione presa nel 2004 dalla Commissione europea su Microsoft, io ricordo bene che molte società nascenti americane nel mondo dell’internet allora vennero a Bruxelles per incitarci a guardare la posizione, a loro giudizio e alla fine anche a nostro giudizio, di abuso di posizione dominante. Masneri : Tra cui proprio Google, no? Monti : Il più grande incoraggiatore dell’azione che la Commissione europea faceva all’epoca su Microsoft era Eric Schmidt, il capo di una startup che aveva tre o quattro anni e che si chiamava Google. Adessi si trova nella posizione di essere criticato lui per abuso di posizione dominante. Così gira il mondo, ma guai se l’Europa, per paura di Trump, si mettesse a chiudere uno o due occhi sulla vigilanza alle imprese, di qualsiasi nazionalità siano, che abusano di posizione dominante. Si bloccherebbe l’innovazione tecnologica in Europa e negli Stati Uniti. Masneri : Passiamo dall’Europa alla Francia, perché dalla Francia arrivano scenari interessanti. Governi che cadono uno dietro l’altro, ieri è stato nominato per la seconda volta un primo ministro che solo qualche giorno fa aveva dato le dimissioni, debito pubblico alle stelle, pensioni pericolanti, ricorda molto certi anni della nostra Repubblica. Monti : Che vagamente mi ricordo anche io Masneri : Lei se li ricorda, aveva qualche ruolo forse in quell’epoca, l’hanno chiamata per fare il primo ministro francese? Ci andrebbe? Monti : No perché non c’è ancora un vero mercato unico dei protagonisti della politica, quindi si preferisce che sia di nazionalità francese, ma molti ci hanno pensato. No, le lezioni da trarre da questa drammatica, e tuttavia ridicola, esperienza francese sono due. La prima è che bene ha fatto la premier Meloni, con grande atto di trasformismo, ad abbandonare le sue posizioni ostili alla disciplina di bilancio – con le quali aveva crocifisso in passato più di un governo – e ad essere oggi la fautrice della disciplina di bilancio accanto al ministro Giorgetti. Ma molto male farebbero il Parlamento e il popolo italiano se recepissero la proposta della presidente Meloni, su cui sembra essere meno calda ormai, del premierato, perché con il premierato si avrebbe in Italia una specie di Repubblica presidenziale, nel senso che il capo del potere esecutivo, chiamato premier in Italia, sarebbe eletto direttamente dal popolo, cosa che è in apparenza la quintessenza della democrazia, ma che inchioda il sistema a non avere quel minimo di flessibilità che in situazioni di emergenza si è dimostrato essenziale. Grazie alla Costituzione della Repubblica italiana, quando il meccanismo politico si inceppa e non è più capace di produrre decisioni che siano nell’interesse generale, esiste il presidente della Repubblica, che non ha poteri, ma che, non essendo stato eletto direttamente dal popolo, ha la capacità di essere considerato al di sopra delle parti e può proporre al Parlamento e al paese soluzioni – come di tanto in tanto sono state praticate in Italia con qualche risultato – che possano (vorrei dire “rassembler”, perché il verbo è proprio francese) riunire, dietro a un progetto di superamento di una emergenza, tutte, o quasi, le forze politiche. Questo in Francia è letteralmente impossibile. E stiamo vedendo – e pensiamoci bene prima di, con tardiva e senescente imitazione, volere farci noi una parvenza di repubblica presidenziale – le due storiche, autorevolissime repubbliche presidenziali più note al mondo, che io ho studiato a scuola con grande ammirazione, che sono in crisi: in una, una spallata del presidente legittimamente eletto sta mandando in crisi lo stato di diritto, nell’altra l’incapacità di azione di un presidente legittimamente eletto in Francia non riesce a trovare rimedio, perché dopo quattro o cinque tentativi è impossibile formare una coalizione che possa consentire a tutti di fare un po’ di sacrificio per salvare il paese. E dietro tutto questo, parliamo di formule politiche, istituzionali elettorali, io credo che la cosa più importante è quella di cui non parliamo mai: chi è in posizione di potere, perché è stato eletto o legittimamente nominato, è disposto davvero a fare l’interesse generale anche quando questo è in contrasto col proprio interesse personale o di partito? Nella generalità dei casi no. Tutti giuriamo di essere fedeli alla Costituzione e di operare nell’interesse esclusivo della Repubblica, ma tutti come cittadini siamo pronti a chiudere un occhio perché sappiamo che la politica non fa così. E però, se non si cambia questo, è inutile che facciamo salotti sulle riforme istituzionali o costituzionali, vuol dire che il sistema ci va bene così e allora è meglio se non parliamo più. Masneri : Le faccio un’ultima domanda. Il parlamento ha approvato una legge per istituire una giornata di festività per san Francesco il 4 ottobre, perché ricorrono gli 800 anni del santo. So che lei era un devoto di san Francesco e anche nel suo governo c’erano ben quattro ministri devoti di san Francesco all’epoca. Cosa ne pensa? Monti : Questo io non lo sapevo, li ho nominati indipendentemente da questo, che sicuramente è un ulteriore connotato che nobilita ex post il governo “che ha venduto l’Italia alle potenze straniere”. Masneri : Ecco. Però oggi il Centro studi di Confindustria ha quantificato a 4 miliardi di euro il costo che questa giornata festiva avrebbe, con un effetto sul pil del -0,008, e così diventerebbero dodici i festivi. Lei da francescano convinto cosa dice di questa giornata? Monti : Di vedere la cosa in una prospettiva un po’ più storica e ampia. Abbiamo avuto tempi difficili, non come quelli che io e pochi altri dei presidenti abbiamo vissuto nel 536 d.C., ma difficili. Ricordo il primo oil shock, quando il presidente del Consiglio Andreotti seguì la strada di eliminare alcune festività, ma con grande pudore, che io che non mi occupavo di politica condivisi pienamente, salvò la festa dell’Immacolata concezione. Masneri : Quindi bene san Francesco. Grazie!

“Vietato adottare gatti neri prima di Halloween, dobbiamo evitare che il loro sangue sia usato per invocare gli spiriti maligni”: l’ordinanza del sindaco di Terrassa

“Vietato adottare gatti neri prima di Halloween, dobbiamo evitare che il loro sangue sia usato per invocare gli spiriti maligni”: l’ordinanza del sindaco di Terrassa

Una decisione che sembra uscita da un’altra epoca, ma che – se è stata presa – risponde evidentemente a timori molto attuali. Il comune di Terrassa, in Catalogna, ha emesso un’ordinanza municipale che vieta temporaneamente l’adozione di gatti neri. Il provvedimento, in vigore dal 1° ottobre al 1° novembre, mira a proteggere questi animali da […] L'articolo “Vietato adottare gatti neri prima di Halloween, dobbiamo evitare che il loro sangue sia usato per invocare gli spiriti maligni”: l’ordinanza del sindaco di Terrassa proviene da Il Fatto Quotidiano .

Il cestista Luca Vildoza arrestato con la moglie per aver aggredito l’equipaggio di un’ambulanza dopo la vittoria in Eurolega

Il cestista Luca Vildoza arrestato con la moglie per aver aggredito l’equipaggio di un’ambulanza dopo la vittoria in Eurolega

Luca Vildoza, cestista della Virtus Bologna, è stato arrestato dalla polizia nella notte assieme alla moglie, la pallavolista serba Milica Tasic, dopo aver aggredito una sanitaria della Croce Rossa presente su un’ambulanza. Il playmaker argentino aveva da poco terminato di giocare nel match di Eurolega con la Virtus Bologna contro i francesi del Monaco, segnando […] L'articolo Il cestista Luca Vildoza arrestato con la moglie per aver aggredito l’equipaggio di un’ambulanza dopo la vittoria in Eurolega proviene da Il Fatto Quotidiano .

La credibilità che manca al Pd. Dialogo con Paolo Gentiloni

La credibilità che manca al Pd. Dialogo con Paolo Gentiloni

Abbiamo incontrato Paolo Gentiloni sabato scorso, alla festa del Foglio . Ne è venuta fuori una conversazione interessante sul futuro dell’Europa, sui confini delle democrazie, sui problemi dell’Italia e sui deficit del Pd. Questo è il dialogo con Luciano Capone. Luciano Capone : Già presidente del Consiglio e commissario europeo. Partirei dai temi europei. Come vede l’Europa in questa fase? Diciamo è molto schiacciata da blocchi. Gli Stati Uniti con Trump, la Cina e la Russia. Sembra il classico vaso di creta in mezzo a vasi di ferro. L’Europa mostra segnali di capacità di resistenza, di dare risposte nuove o si è un po’ impallata? Paolo Gentiloni : E’ sempre un piacere essere qui alla Festa dell’ottimismo a Palazzo Vecchio. Partirei da questo. Il cancelliere tedesco Merz quindici giorni fa ha detto: “Non siamo in guerra, ma non siamo neppure in pace”. E questa frase, secondo me, riassume bene il contesto in cui ci troviamo. Poi lo possiamo spezzettare tra mille episodi di test della nostra sicurezza, della nostra unità da parte di minacce esterne più o meno riconducibili alla Russia di Putin. Però questa condizione un po’ grigia, non pace, non guerra, è una condizione completamente nuova che dovrebbe, secondo me, spingerci, piuttosto che a moltiplicare le lagne sull’Unione europea, a capire che questa frontiera, la frontiera dell’Europa, diventerà nei prossimi anni sempre più la frontiera della politica. Attraversa tutti gli schieramenti, chi è per dare forza all’Europa, chi è per indebolirla da dentro. Non è un tema di centrodestra/centrosinistra, è un tema molto trasversale, ma sarà la questione dei prossimi anni. Quindi non va bene chi pensa di metterla un po’ di lato – “vabbè è un tema di politica estera” – come fosse l’indipendenza del Sahara occidentale. Da che cosa pensi, da che cosa vuoi fare sull’Unione europea, da quanto sostieni l’Unione europea in questo momento dipenderà – scusate se uso parole forti – la prospettiva di essere liberi e forti nel corso dei prossimi anni. Se sei o non sei dalla parte dell’Europa. Il confine sarà sempre più questo anche per noi in Italia. L.C .: Mi corregga se sbaglio. Sul recente voto di sfiducia alla Commissione europea, tra i partiti di sinistra, l’unico che ha votato la mozione di sfiducia della destra dei cosiddetti patrioti è un partito italiano, il Movimento 5 stelle, che è in un’alleanza ormai consolidata con il Partito democratico. Questo è un problema secondario, perché comunque riguarda questioni europee e quelle italiane sono diverse, o c’è bisogno di un chiarimento su questo? P.G. : Naturalmente c’è bisogno di un chiarimento, ma non è un chiarimento sul campo largo o campo non largo perché riguarda tutti gli schieramenti politici. E in che misura questa consapevolezza esiste? Il Parlamento europeo, che è un parlamento particolare, riflette benissimo questa situazione. E’ la seconda volta in tre settimane che ci sono mozioni di sfiducia nei confronti della presidente della Commissione. La presidente forse non è popolarissima, soprattutto tra i suoi commissari, perché si dice che è molto accentratrice, però alla fine rappresenta l’Unione europea. E se foste andati per le strade di Budapest, non adesso, ma qualche mese fa, avreste visto i manifesti con Ursula von der Leyen travestita da gerarca nazista. Quella è la discriminante tra chi vuole l’Europa, la libertà, i diritti e chi non li vuole. Non se von der Leyen è più o meno accentratrice. Ma il Parlamento europeo plasticamente ha un pezzo di estrema destra ormai molto consistente e un pezzo di estrema sinistra che fanno delle mozioni e se le votano spesso l’uno con l’altro. Prima citavi i 5 stelle, ma credo che anche Vannacci le abbia votate entrambe, per fare un esempio dall’altra parte. Quindi è a rinforzo di quello che dicevo prima. La discriminante alla fine è lì, e quella discriminante si giocherà su due parole, Difesa comune e Ucraina. E le due cose ovviamente sono molto collegate. Ne vogliamo parlare con la nostra opinione pubblica? Vogliamo parlarne con i nostri cittadini? Perché richiede delle scelte, perché Kyiv è più vicina a Milano di Atene, non stiamo parlando di una guerra nell’emisfero australe, stiamo parlando di una guerra ai confini dell’Europa, vicino al nostro paese. E questa guerra, se finisce in un modo o finisce nell’altro, deciderà le sorti del nostro futuro. E quindi io credo che mettere questo al centro anche delle discussioni politiche sia sempre più rilevante, dirimente. Non possiamo considerarlo un appendice di politica estera per esperti. Difesa e Ucraina sono il cuore delle scelte politiche dei prossimi anni. L.C. : Prima c’era il commissario Raffaele Fitto che diceva che l’Est europeo, la Finlandia e i paesi baltici sono i nostri confini europei. Però non c’è, mi sembra, questa piena consapevolezza in Europa, cioè da questa parte, l’ex Europa occidentale, c’è quasi l’idea che questo Est sia arrivato dopo, che non sia proprio Europa come come la nostra. Sì, loro hanno un rischio maggiore, però perché dovremmo pagare noi? In questa legge di Bilancio che è in discussione il governo prevede di aumentare un po’ le spese in Difesa e militari, ma il ministro Giorgetti è molto cauto anche su questo fronte, ci sono i vincoli di bilancio, il costo del debito. L’opposizione ha presentato un documento comune in cui punta molto sulla spesa su tanti fronti, ma vuole fare austerity solo sulle spese militari. E’ un problema delle forze politiche, ma forse anche del senso comune, delle persone che non percepiscono questo rischio per la sicurezza e per la democrazia europea. P.G. : Certo, è una cosa di cui dobbiamo discutere con i nostri concittadini, con gli elettori, sapendo che l’equazione è un po’ più complicata di “l’Italia aumenta la sua quota di spese militari”. Perché io ero ministro degli Esteri nel 2014 quando prendemmo l’impegno di portare al 2 per cento del pil le spese militari, undici anni fa, e in undici anni onestamente non ci siamo arrivati. Poi negli ultimi mesi abbiamo fatto qualche aggiustamento contabile mettendoci le pensioni dei pompieri e siamo arrivati forse a questo 2 per cento, ma nelle statistiche ufficiali non ci siamo. Quindi non immaginiamo che quel vertice dell’Aia, in cui l’obiettivo principale era tenere il presidente Trump a bordo sul tema dell’Ucraina, e in cui quindi sono state spese parole e presi impegni molto rilevanti, di per sé cambi le cose. E se le cambiasse in modo automatico solo aumentando le spese militari di ciascun paese, io non sarei contrario, ma non risolverebbe i nostri problemi. Qualcuno di voi che ha più di 50 anni ricorderà un paese che si chiamava Cecoslovacchia che si è poi divisa tra Repubblica Ceca e Slovacchia. I due paesi hanno dei sistemi di carri armati incompatibili tra loro. Cioè negli ultimi 20-30 anni la divisione della Cecoslovacchia ha prodotto dei sistemi militari diversi, non compatibili. Quindi il punto è che per invertire la tendenza di ciascun paese a farsi la propria Difesa, siccome il procurement militare è una cosa molto insediata e molto rilevante, servono difesa europea, regole comuni e fondi comuni. Sono stati fatti dei piccoli passi in questa direzione: c’è un fondo di 150 miliardi di prestiti. Non è molto onestamente, penso che se ne debbano fare molti di più e vedo una timidezza imbarazzante anche da parte delle autorità italiane, che forse non credono del tutto a una difesa comune integrata, nel chiedere che per questa difesa integrata ci siano dei finanziamenti comuni. Noi abbiamo rotto un po’ il muro degli Eurobond, dei finanziamenti comuni in seguito alla pandemia, per l’emergenza sanitaria, per il rilancio dell’economia dei paesi. Ma su che cosa potremmo di nuovo romperla se non sulla difesa dell’indipendenza dell’Europa, dei suoi valori e dei suoi confini? Lasciamo che un paese, la Germania, spenderà nei prossimi dieci anni mezzo trilione, cioè 500 miliardi, 50 all’anno, per rafforzare la propria Difesa. Dice il cancelliere Merz: “Avremo l’esercito più forte d’Europa”. A me verrebbe da dire che l’esercito più forte dell’Europa ce l’ha l’Ucraina, ma di gran lunga. Negli anni 70-80 andava forte la legge di Moore secondo cui i computer ogni 18 mesi raddoppiavano la loro potenza di calcolo. Oggi gli ucraini cambiano l’evoluzione tecnologica dei loro droni ogni due mesi, ogni sessanta giorni hanno una tecnologia di droni più forte. Però la Germania che dice “avremo l’esercito più forte d’Europa” a me onestamente fa piacere a condizione – come si domandava Thomas Mann – che stiamo parlando di una Germania europea e non di un’Europa tedesca. E per sciogliere questo interrogativo, bisognerebbe che un paio di paesi che talvolta si guardano in cagnesco, come la Francia e l’Italia, avessero la forza di fare fronte comune. Non credo che la Germania potrebbe opporsi a un finanziamento europeo comune della Difesa. I paesi baltici non sarebbero contrari e neanche i paesi scandinavi, tutti paesi di solito riluttanti. L.C. : Anche perché c’è questa asimmetria che i paesi che hanno debito basso, come quelli dell’Est, hanno un rischio molto elevato di essere invasi per primi e i paesi che hanno un rischio più basso come i nostri, hanno un debito più elevato. Quindi l’idea di avere un debito comune risolverebbe questa asimmetria tra rischi e capacità di finanziamento. Non c’è tema più importante della difesa. P.G. : Sì, non c’è dubbio, anche se qualche paese come la Lettonia non è perfetto dal punto di vista degli equilibri di bilancio, però il quadro è così. Occhio che questo quadro sta cambiando, nel senso che, in parte grazie al Next Generation Eu, cioè la grande operazione di finanziamento comune, quei paesi – come Portogallo, Italia, Grecia e Spagna – che qualcuno definiva “Pigs”, con un acronimo abbastanza orrendo in inglese,  adesso volano. O almeno una parte dei pigs vola, sospendiamo il giudizio sull’Italia. L.C. : Secondo me, lei da ex commissario europeo agli Affari economici non può che promuovere la politica di bilancio di Giorgetti: sta rispettando l’indicatore della spesa netta, sta riducendo il deficit in maniera anche migliore delle aspettative, lo spread scende, c’è una certa solidità riconosciuta da agenzie di rating, mercati e Commissione Europea. Però, mi pare, c’è un problema di economia reale sul lato dell’industria: il settore automotive, la crisi dell’Ilva, dove questo governo ha dei problemi seri, la trasformazione 5.0, gli incentivi che non funzionano. Mi sembra che l’opposizione sia molto concentrata sul bilancio, sullo spendere di più, sull’austerity, che è un vincolo politico economico reale, che non  alla critica della politica industriale di questo governo. P.G. : Ma io penso che la prudenza nei conti è senz’altro una cosa da apprezzare e fa parte di alcune scelte mainstream che ha fatto l’attuale governo di centrodestra in politica estera. Prima abbiamo parlato dell’Ucraina, ma credo anche le opposizioni farebbero bene a valorizzare la serietà dei conti. Non c’è da vergognarsi di dire che è positivo se l’Italia ha dei conti pubblici in ordine, però c’è un’altra parte di questo discorso e cioè che la media della crescita europea è un po’ più del doppio della crescita italiana. Noi cresciamo, dice il governo, di 0,5 per cento. L’Unione europea crescerà di 1,2 per cento. Siamo meno della metà della media europea e attenzione, questa media europea è influenzata dal fatto che le due maggiori economie, Germania e Francia, sono messe molto male, perché se la Germania invece di zero crescesse l’1,2, il ritardo italiano sarebbe ancora più evidente. Vi ricordate la parodia che Corrado Guzzanti faceva di Prodi? “Siamo fermi. Noi siamo fermi. Fermi”. E il fatto di essere fermi è particolarmente grave su due cose. Per prima cosa, sulle politiche di sostegno all’innovazione. I piagnistei sull’intelligenza artificiale sono inutili, credo che lascino il tempo che trovano, nel senso che non recupereremo molto e molto rapidamente. Tuttavia non credo che Henry Ford fosse giapponese o tedesco e ciò nonostante l’industria dell’auto in Germania e in Giappone ha avuto degli sviluppi enormi. Quindi noi possiamo incorporare l’intelligenza artificiale nelle nostre imprese senza soffrire il ritardo. Come seconda cosa, sul potere d’acquisto. Oggi lo spiega molto bene Federico Fubini sul Corriere della Sera: il potere d’acquisto e quindi il livello degli stipendi e dei salari dovrebbe essere centrale per il nostro governo e dovrebbe essere anche centrale per le forze di opposizione, per la sinistra, per i sindacati. Questa dovrebbe essere la questione fondamentale oggi: come recuperiamo potere d’acquisto per gli stipendi e per i salari, senza i quali in un mondo in cui l’export rallenterà o abbiamo i consumi interni che possono recuperare oppure l’economia italiana, nonostante ci siamo vantati per due o tre anni dopo la pandemia di essere meglio degli altri, andrà sempre peggio. Dobbiamo muoverci sul sostegno alle imprese e sul sostegno al potere d’acquisto degli stipendi e dei salari. L.C. : Sulle regionali se tutto va bene il centrosinistra vincerà in tre regioni, quelle che aveva già prima. Il presidente De Luca prima segnalava che, in questo accordo fatto col centrosinistra, il Pd ha ceduto al Movimento 5 stelle la Campania che era la regione più grande e più importante. Alla fine di questa tornata elettorale, se tutto va bene, il Pd perderà il governo di una regione su tre. E’ andato proprio bene questo accordo? Funziona bene questa alleanza o c’è qualcosa che non va? P.G. : Ma io sulle sulle regionali mi limito a dire “forza Eugenio Giani” e che vinca le elezioni, merita di rivincere e credo che abbia l’abbraccio della maggioranza dei toscani, anche se non tutti. E se siamo più forti o più deboli, onestamente non dipenderà dal pallottoliere delle regioni, dipenderà dalla credibilità, dalla capacità di costruire un’alternativa di governo credibile per il centrosinistra, e su questo c’è molto molto lavoro da fare ancora. Moltissimo.

Premio Galeno 2025, osimertinib vince nella categoria Real world evidence

Premio Galeno 2025, osimertinib vince nella categoria Real world evidence

Roma, 16 ott. (Adnkronos Salute) - È la terapia a bersaglio osimertinib ad aggiudicarsi il Premio Galeno 2025 per la ‘Categoria Real World Evidence'. La molecola - si legge in una nota - ha "cambiato la pratica clinica del trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule (Nsclc) con mutazione di Egfr". In Italia, il cancro del polmone resta la principale causa di morte per tumore. Solo nel 2024 sono stati diagnosticati 44.831 nuovi casi, un dato che evidenzia l'impatto di questa patologia. Osimertinib ha introdotto "un approccio terapeutico innovativo, mirato e centrato sul singolo paziente". Diversi studi scientifici hanno evidenziato un miglioramento degli esiti clinici in tutte le diverse fasi della malattia (da quella precoce fino all'avanzata/metastatica). In particolare, è stata riconosciuta alla terapia la reale efficacia e il buon profilo di tollerabilità già emersi dagli studi registrativi. Nel corso degli anni si è quindi confermato come un pilastro terapeutico lungo tutto il percorso clinico del paziente con tumore Nsclc con mutazione di Egfr. "Questo riconoscimento conferma il valore di un percorso scientifico e collaborativo che non si è mai fermato – afferma Francesca Patarnello, Vice President Market Access & Government Affairs di AstraZeneca Italia – Con osimertinib abbiamo continuato a generare evidenze anche dopo la rimborsabilità, dimostrando come i dati real-world possano consolidare e ampliare i risultati dei trial clinici. I benefici osservati nella pratica, anche in popolazioni più complesse, confermano e superano le aspettative di clinici, payers e pazienti, ribadendo il valore che l'innovazione farmaceutica produce per il sistema. Per il futuro - aggiunge - sarà sempre più importante sviluppare modelli di rimborsabilità che valorizzino le evidenze durante il ciclo di vita del farmaco, integrando in modo strutturato le valutazioni regolatorie e di Hta", Health technology assessment . "Premiare la Rwe - conclude - manda un messaggio forte: l'innovazione non termina con l'approvazione del farmaco, ma continua attraverso la generazione di nuove evidenze".

Fao a Roma, Mattarella e Papa Leone scuotono il mondo: "Una colpa storica"

Fao a Roma, Mattarella e Papa Leone scuotono il mondo: "Una colpa storica"

"Assistiamo a nuovi scenari di carestia, a inaccettabili sperequazioni e a un regresso di quel sistema multilaterale , unico paradigma in grado di dare vere risposte a questi bisogni". Nel giorno dell'inaugurazione del Museo e rete per l'alimentazione e l'agricoltura della Fao a Roma, è questo il passaggio più forte dell'intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un evento significativo anche dal punto di vista politico, alla presenza della premier italiana Giorgia Meloni e delle più alte cariche istituzionali ma soprattutto con le parole del Capo dello Stato e di Papa Leone XIV . Mattarella definisce "un triste paradosso " le crisi alimentari "proprio mentre crescono le conoscenze, le risorse e le potenzialità tecnologiche, anche con rilevanti applicazioni al settore agricolo". Riguardo alla crisi del multilateralismo, ha proseguito, "si tratta di un’inversione di rotta incomprensibile e inaccettabile. Le istituzioni multilaterali più direttamente impegnate nella lotta all’insicurezza alimentare sono strumenti preziosi ed esprimono consapevolezza della indivisibilità dei destini umani. Perché questo impegno risulti più efficace e costante nel tempo, esso deve trovare alimento in un’adeguata sensibilizzazione su tematiche tanto rilevanti quanto spesso relegate ai margini del dibattito pubblico". Nel suo intervento il presidente della Repubblica ha ricordato come il percorso per raggiungere gli obiettivi delle Nazioni Unite sulla lotta alla fame "resta in gran parte purtroppo ancora da attuare" e ha concluso sottolineando il valore dell’iniziativa della Fao, che coincide con l’80esimo anniversario dell’organizzazione: "Per poter essere protagonisti i cittadini devono essere informati. La conoscenza rimane il primo motore per stimolare un maggiore impegno, orientando le energie, soprattutto delle nuove generazioni, per raccogliere le sfide e rendere possibile la costruzione di un futuro più equo. La felice intuizione del Museo e rete per l’alimentazione si inserisce pienamente in questa logica, costruendo consapevolezza per meglio comprendere le sfide che abbiamo dinanzi". Dello stesso tenore il discorso, molto duro, di Papa Prevost: "Mentre lo sviluppo tecnologico progredisce sempre più, 673 milioni di persone vanno a casa senza mangiare, sono numeri che non possiamo derubricare a statistiche" ma sono "il segnale evidente di una insensibilità imperante , un’economia senz’anima e un sistema di distribuzione delle risorse ingiusto e insostenibile". In un momento in cui la scienza ha allungato la speranza di vita, la fame nel mondo "è una colpa storica ", ha aggiunto, "che richiede la risposta di tutti". Inoltre, "gli scenari dei conflitti attuali hanno fatto riemergere l’uso del cibo come arma di guerra , contraddicendo tutta l’opera di sensibilizzazione portata avanti dalla Fao in questi 8 decenni. Sembra allontanarsi sempre più quel consenso tra gli Stati che considera la fame un crimine di guerra", ha detto sottolineando l’importanza del multilateralismo di fronte alla rinascita delle tentazioni autocratiche .