Caffè, la follia: chi vuole che una tazzina costi 2,5o euro

Caffè, la follia: chi vuole che una tazzina costi 2,5o euro

Ultimamente a Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly, i grandi magazzini del lusso enogastronomico, gira male. Sembra avere perso il tocco di Mida. L’ultimo scacco è la chiusura di Eataly a Verona «per perdite insostenibili», che aveva aperto meno di tre anni fa, e con i trentatré dipendenti che non si sa che futuro lavorativo avranno. Lui non si perde mai d’animo, è un ottimista – anche la sua biografia su Wikipedia lo è, qualificandolo in primo luogo “scrittore” – è uno di quei fondatori di aziende progressisti che riesce a ammantare di hype (cioè fuffa mediatica, con frequenti ospitate in salotti televisivi abbastanza compiacenti) il fatto che, legittimamente, come tutti gli imprendirio» - mai fidarsi degli adulatori - ogni tanto si produce in esternazioni prolisse, vere affabulazioni in tema di “food” e affini, come si dice dalle sue parti, che hanno il doppio obiettivo di promuovere i suoi interessi e la sua immagine. INTUIZIONE Perché Farinetti, cui non si può negare una certa astuzia, è uno di quelli che ha sfruttato meglio una intuizione non sua, cioè che il marchio e il valore, oggi, li fa il personaggio, colui che guida l’azienda. Di recente Farinetti ha visitato la sede di Kimbo, l’azienda del caffè, su invito del suo presidente, Mario Rubino. Il “comunicato stampa” diffuso, che parla dell’incontro di questi due “visionari” in modo non meno pomposo di un vertice tra Trump e Xi Jinping, è stato “seguito dalle telecamere dell’agenzia ANSA”. Il tema dell’incontro è stato il seguente: «La qualità del caffè e il suo giusto prezzo». Abbiamo così appreso da Farinetti che è un grande esperto di caffè, giacché nel 1978 cominciò a lavorare nella torrefazione fondata dal padre. Lasciamo da parte, rispettosamente, il fatto che enfatizzi che suo padre era «partigiano e idealista», perché tutto questo fa parte della tecnica comunicativa del personaggio: mescolare valori e profitto, rischio d’impresa e narrazione politicamente corretta. LA SPARATA Se non che, proprio in linea con il tema dell’incontro, in coda a un profluvio di melassa pubblicitaria a base di “filiera”, “ultimo chilometro” e altri abracadabra alimentari, gentilmente concessa tanto dal presidente di Kimbo che da Farinetti, a proposito di questo benedetto “giusto prezzo” del caffè, Farinetti ha detto che generalmente paghiamo una tazzina di questo straordinario nettare (come emerge dalle dichiarazioni nel comunicato) troppo poco. La dovremmo pagare 2,50. Verrebbe, d’impulso, di rispondere a Farinetti che in molte località del nostro paese, soprattutto quelle ormai devastate dal turismo nelle sue espressioni più cafone e danarosamente sfacciate, il suo obiettivo non solo è stato raggiunto, ma largamente superato, come testimoniano certi scontrini che vengono poi fotografati e diffusi sui social. Ma anche in molti bar delle grandi città italiane, soprattutto quelli storici che sicuramente avranno costi di gestione particolarmente onerosi, la tazzina di caffè può uguagliare o superare il prezzo di Farinetti. Tuttavia, è vero, moltissimi, ovunque, continuano a servire ai clienti una tazzina di eccellente espresso a poco più di un euro, massimo 1,50. Secondo la stessa Ansa, il prezzo medio nel 2025 si attesta a 1,22 euro, con un aumento di oltre il 19% rispetto a quattro anni prima. Ma perché nel mondo ideale di Farinetti l’aumento dovrebbe schizzare oggi stesso a due euro e cinquanta? Il disco è rotto, conosciamo la canzone: il lavoro che c’è dietro, la qualità delle materie prime, il “caffè crudo”, il fatto che il barista è quasi un cuoco che “cucina il caffè” al cliente, insomma, non la legge basilare della domanda e offerta in un’economia di mercato, ma la fuffa enogastronomica che da anni ci affligge non per fornirci la consapevo.

Alessandro Venier, dov'è andata la mamma dopo averlo fatto a pezzi

Alessandro Venier, dov'è andata la mamma dopo averlo fatto a pezzi

Le indagini sono ancora in corso. Quanto accaduto ad Alessandro Venier è tutto da chiarire. In particolare il movente. La mamma di lui e la compagna, stando a quanto confessato, avrebbero ucciso il 35enne prima di farlo a pezzi, metterlo in un bidone e coprirlo con la calce viva. "Ho fatto una cosa mostruosa", ha detto Lorena Venier , mamma di Alessandro. La 61enne è un'apprezzata infermiera, anche con incarichi di coordinamento, in servizio al Distretto sanitario di Gemona (Udine), la cui sede è ubicata all'interno del locale ospedale. Dalla sera del delitto - avvenuto, come ha confessato lei stessa, lo scorso 25 luglio - si è sempre presentata regolarmente al lavoro , senza destare sospetti. A dover essere sentita, anche Mailyn Castro Monsalvo , cittadina colombiana accusata anche lei dell'omicidio del compagno Alessandro. La donna di 30 anni ha però avuto un malore all'interno del carcere di Trieste che ha costretto i sanitari a chiedere l'intervento di un'ambulanza. La donna è stata quindi condotta in ospedale per una visita urgente: le sue condizioni non sarebbero gravi. Lo ha reso noto il suo avvocato di fiducia, Federica Tosel , all'uscita dal penitenziario. "Di comune accordo con il pm è stato deciso di rimandare l'interrogatorio - ha aggiunto il legale udinese - prima ancora che i medici della struttura chiedessero l'intervento del 118, la mia assistita era apparsa confusa e spaesata, una condizione che avrebbe reso comunque impossibile un interrogatorio, anche perché nemmeno a noi aveva riferito alcunché di utile alla sua difesa". [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43577067]] Nel frattempo Lorena Venier avrebbe detto che "Mailyn è la figlia femmina che non ho mai avuto". "Forse in questo legame eccezionale - ha fatto sapere l'avvocato difensore della Venier, Giovanni De Nardo - può esserci la base e la spiegazione di ciò che è accaduto, anche se non intendo specificare altri particolari, che appartengono al segreto istruttorio".

Garlasco? No: la vergogna di Nichi Vendola

Garlasco? No: la vergogna di Nichi Vendola

Diamo a Nichi Vendola il beneficio del dubbio: d’estate la cronaca nera funziona, le storiacce di sangue attirano l’attenzione anche dei lettori più distratti, diventano oggetto di discussione anche al tavolino di un bar in piazzetta o sul lettino in spiaggia, sotto l’ombrellone. E così anche il gergo più crudo può diventare moneta corrente nel dibattito. Da qui all’insulto politico, tuttavia, il passo è lungo. E l’ex governatore della Puglia e nome forte della sinistra-sinistra di una ventina d’anni fa è uomo di cultura ed eloquio forbito. Difficile, insomma, pensare che quanto detto a In Onda , su La7, riguardo a Matteo Salvini possa essere derubricato semplicemente alla voce “scivolone”. Negli studi del talk dell’access prime time di La7, Marianna Aprile, Luca Telese e i loro ospiti affrontano i temi della più stretta attualità. In particolare, all’ordine del giorno c’è il nuovo attacco di Mosca al presidente della Repubblica Mattarella, al ministro degli Esteri Tajani e quello della Difesa Crosetto. «Gli autocrati hanno sempre il vizietto delle liste di proscrizione, questa volta hanno messo Sergio Mattarella e Antonio Tajani tra i “russofobi”, ma non Salvini - attacca Vendola, che oggi è presidente nazionale di Sinistra italiana -. Abbiamo questa memoria incancellabile di Salvini con il volto di Putin. Le opere complete di Salvini saranno veramente un giorno oggetto di antropologia criminale». Eccallà, «antropologia criminale». Roba da Garlasco, Cogne, Avetrana. Il leader della Lega, insomma, è assimilabile a un delinquente, forse addirittura un killer. I progressisti parleranno di “iperbole”, ovviamente, come sempre avviene quando nel mirino ci finisce un nemico. Pardon, avversario. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43556348]] Il buon Nichi esonda anche quando si passa a parlare di Medio Oriente: «Ha detto le parole necessarie il presidente Mattarella, dopo che il Pontefice ha espresso con una durezza estrema un giudizio, dopo che il cardinale Parolin ha rifiutato l’argomento giustificazionista sull'errore del bombardamento della chiesa cattolica a Gaza. Mi è piaciuto particolarmente Pizzaballa, che ha detto «non è che le vittime cristiane valgono più delle altre vittime». È complessivamente indecente ciò che sta avvenendo a Gaza e in Cisgiordania, si è consentito a Israele di mettere in mora il diritto internazionale, le corti penali internazionali, l’organizzazione delle nazioni unite, chi le presiede, di fare campagne di killeraggio nei confronti di quelle autorità che possono soltanto garantire l'equilibrio e la pace nel mondo». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43543809]]

Paolo Mieli "condanna" Elly Schlein: "Che fine farà"

Paolo Mieli "condanna" Elly Schlein: "Che fine farà"

Piovono critiche sul segretario del Partito Democratico, Elly Schlein , e arrivano da una firma importante come quella di Paolo Mieli sulle pagine del Corsera , che fa una precisa analisi politica dell’opposizione a meno di due anni dalle elezioni politiche che sanciranno la legislatura che dovrà poi eleggere, a sua volta, il successore di Sergio Mattarella . A oggi, con il centrodestra saldamente al comando del Paese, il nome in cima alla lista dei desiderata del governo sarebbe quello di Giancarlo Giorgetti . Mieli, in sostanza, ritiene che la leader del Pd dovrebbe intanto smarcarsi dal M5s pur restandone alleato (ha, secondo i sondaggi attuali, quasi il doppio dei consensi rispetto a Conte ) e creare un gruppo dirigente più compatto e circondarsi di personalità forti, per evitare di perdere ancora il confronto con Giorgia Meloni . [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43574101]] Mieli scrive: "Giorni fa anche Aldo Cazzullo su queste pagine ( Corriere , ndr ) si è mostrato oltremodo perplesso circa la possibilità che, date tali premesse, Pd e M5s possano correre assieme alle prossime elezioni politiche. A meno che il partito di Schlein scavalchi quello della Meloni e sia in grado di dettar legge come accade nel centrodestra". [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43569586]] Quindi, l’ex direttore del Corriere impartisce dei consigli al capo del Pd: "Forse gioverebbe che Schlein sapesse integrare in tempi rapidi il gruppo dirigente del suo partito. Con personalità (prevalentemente femminili) più forti, più simili a lei quantomeno per determinazione, pur eventualmente con opinioni diverse dalle sue. Gioverebbe altresì che Conte, dimostrata la sua indiscutibile abilità, rinunciasse a vincere qualche mano della complicata partita in atto. Lasciasse a Bonelli e Fratoianni il compito di rappresentare la sinistra-sinistra – spiega Mieli - e tornasse a essere il duttile capo di governo che seppe accettare più di un compromesso . Quel che è certo è che, a furia di mettere nel sacco i Ricci , i Sala , i Giani e forse anche i De Luca , farà (forse) aumentare i voti del movimento di cui si è conquistato l’eredità, ma si ritroverà alla prossima legislatura sui banchi dell’opposizione . A festeggiare, assieme ai compagni di cordata, quello che, a questo punto, passerebbe alla storia come il decennio meloniano". [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43566391]]