Paolo Mieli, il retroscena su Landini: "Qualcuno al Nazareno dice che..."

Paolo Mieli, il retroscena su Landini: "Qualcuno al Nazareno dice che..."

Paolo Mieli è un fiume in piena. Il giornalista, di fronte alla 'cortigiana' data da Maurizio Landini a Giorgia Meloni , non riesce a trattenersi. "Landini ha dato della 'cortigiana' a Meloni, poi si è corretto ha detto che voleva dire 'portaborse', e allora dici portaborse no?". In onda a 24mattino , Mieli imputa quanto accaduto "alla conoscenza incerta dell'italiano". Eppure, di fronte a tutto questo "i 5 Stelle silenti, solidarietà da due donne: Pina Picierno ed Elena Bonetti ". Il resto della sinistra, da Laura Boldrini a Elly Schlein , si è limitata a giustificare parlando di equivoco. Ma Mieli racconta anche un retroscena, perché lontano dalle telecamere, qualche dem ha storto il naso. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44580873]] "Leggo che qualcuno del PD al Nazareno dice lontano dai microfoni: 'Maurizio Landini ha perso la testa ...', perché lo dicono lontano dai microfoni?", si domanda prima di continuare: "Anche Boldrini dice che è un 'equivoco', cara presidente Boldrini non sottostimi quando la gaffe è dalla sua parte". L'ex presidente della Camera era arrivata addirittura a puntare il dito contro il governo: "Direi alla maggioranza - aveva affermato - di non strumentalizzare le parole di Landini, per nascondere altro, perché è evidente che c'è stato un equivoco. Non bisogna fare vittimismo". . @paolomieli : "Landini ha dato della "cortigiana" a Meloni, poi si è corretto ha detto che voleva dire "portaborse", e allora dici portaborse no? E' attribuito alla conoscenza incerta dell'italiano, i 5 Stelle silenti, solidarietà da due donne: Pina Picierno ed Elena Bonetti" — 24 Mattino (@24Mattino) October 17, 2025 . @paolomieli : "Leggo che qualcuno del PD al Nazareno dice lontano dai microfoni: "Maurizio Landini ha perso la testa...", perchè lo dicono lontano dai microfoni? Anche Boldrini dice che è un "equivoco", cara presidente Boldrini non sottostimi quando la gaffe è dalla sua parte" — 24 Mattino (@24Mattino) October 17, 2025

“Nazionalizzare l’Ilva”: la versione di DecarUrss per mettere al sicuro lo stabilimento di Taranto

“Nazionalizzare l’Ilva”: la versione di DecarUrss per mettere al sicuro lo stabilimento di Taranto

Da Decaro a DecarUrss è un attimo. “Nazionalizzare l’Ilva”: con ritmo quasi tarantolato, il candidato governatore per la Puglia del campo progressista invoca ogni giorno la statalizzazione dell’acciaieria di Taranto. Antonio Decaro sta diventando un vero novello Giano bifronte, per metà un redivivo nostalgico dell’Iri dei tempi di Romano Prodi e per l’altra metà un metalmeccanico, un Cipputi con caschetto d’ordinanza, replicando le posizioni del leader Fiom Michele De Palma sulla statalizzazione dell’acciaio. La questione industriale pugliese, con il passare delle settimane, può però diventare il luogo di imprevedibili sintesi tra le anime progressiste o lo spazio fatale per nuove lacerazioni. Dopo aver accuratamente evitato di affrontare il dossier Taranto nella giornata dedicata alla “condivisione” del programma nella Fiera del Levante, nel giro di tre giorni è tornato per due volte a reclamare l’intervento dello Stato per salvare la fabbrica. Prima da Bruxelles, a margine dell’incontro con il Jrc (Joint Research Centre) sul futuro della siderurgia in Europa, ha inquadrato la partita per l’acciaio pulito in un quadro neostatalista dove questione sanitaria e occupazionale sono connesse e ha rilanciato: “La gara per la vendita dell'Ilva, finalizzata alla decarbonizzazione non è andata a buon fine e ci sono migliaia di persone che rischiano di perdere il lavoro. L’Ilva non è e non può essere un tema da campagna elettorale”. In realtà l’orizzonte dell’insediamento industriale ionico è al centro di una vertenza nella quale il governo, il centrodestra, il Pd nazionale e il governatore Michele Emiliano stanno tentando di mettere insieme le condizioni per una transizione, dall’iter complesso, con un partner internazionale, mentre gli enti locali frenano e hanno chiuso (con il sindaco di Taranto Piero Bitetti in prima linea) all’arrivo della nave rigassificatore che potrebbe consentire di attuare il piano di trasformazione green. DecarUrss è per la decarbonizzazione ma con una guida neo dirigista: “L’Ilva è una questione nazionale. È lo Stato che nel 1960 ha portato l’Italsider a Taranto, e oggi, se considera l'acciaio un settore strategico per il Paese, è lo Stato che deve assumersi fino in fondo la responsabilità di quella scelta. Non sembrano esserci altre strade. Lo Stato deve nazionalizzare l’Ilva, facendosi carico del percorso di decarbonizzazione. Altrimenti l’Ilva sarà destinata a chiudere. In quel caso lo Stato dovrà comunque intervenire, per evitare due bombe. Quella sociale, attirando nuovi investimenti per insediare grandi aziende e tutelare i posti di lavoro. E quella ecologica, bonificando un territorio grande dieci volte Bagnoli”. Anche in queste ore, dopo l’incontro con Confindustria a Bari, è tornato a rimarcare questa posizione (pur non usando la parola magica “nazionalizzazione”): “Se l'Ilva è un settore strategico per il Paese, perché produce acciaio che serve al settore manifatturiero e per renderci autonomi, allora deve intervenire lo Stato”. Decaro, nella versione neo keynesiana, dovrà - appena “smarcata” la pratica elettorale che lo vede con un larghissimo vantaggio sul centrodestra - definire le politiche sul futuro dell’Ilva trovando un punto d’incontro in una coalizione che va da Rifondazione comunista ad Azione e alla Casa riformista renziana, e acquisendo così una leadership politica in grado di rilanciarne il ruolo anche fuori i confini della Puglia.

PiazzaPulita, da Formigli tutti muti davanti ai deliri pro-Pal

PiazzaPulita, da Formigli tutti muti davanti ai deliri pro-Pal

Negli ultimi mesi di guerra il giustificazionismo del 7 ottobre si è manifestato in modo sfacciato. Non serviva neppure ricorrere a un giro di parole, alla patina del pensiero forbito: si inizia a parlare diffusamente di «resistenza», di «data da celebrare». Si pensi agli indegni vessilli dalle frange pro-Pal in corteo. Parimenti - mentre lo stigma colpiva i pochi che non ricorrevano con disinvoltura al termine «genocidio» - in tv si affacciava un giustificazionismo del 7 ottobre meno poliedrico, dunque più orribile. Il pogrom come inevitabile carneficina. Fenomeno inquietante di fronte a cui restava - all’ospite, al conduttore - almeno la possibilità di eccepire. Il punto è che dopo la pace, precaria quanto volete, pare essere interdetta anche la possibilità di eccepire. Forse per tenere alta l’attenzione, forse perché una “pax” trumpiana, indigeribile, legittimerebbe l’estremizzazione dell’aberrazione. Di certo c’è solo che si tratta di orrore in purezza: si assiste inermi al revisionismo televisivo della carneficina compiuta da Hamas. Prendiamo ciò che è successo giovedì sera da Corrado Formigli , a PiazzaPulita. In studio Maya Issa , leader del Movimento Studenti Palestinesi, 25 anni, nata in Italia, figlia di profughi palestinesi. Alle spalle una corposo repertorio giustificazionista: nel novembre 2023 (il pogrom storia recentissima) riferendosi ad Hamas spiegava che «è umano vendicarsi». All’epoca però non lo diceva in tv. E qualcuno eccepiva. Ora la ritroviamo in prima serata su La7. «Quando si parla del 7 ottobre spesso si vuole attribuire le colpe ad Hamas. Invece le responsabilità non sono di Hamas, ma della comunità internazionale che non ha fatto nulla per impedirlo», conciona con enfasi che tradisce una certa ingenuità (la banalità del male). «Se ai palestinesi venivano dati (sic, ndr) gli stessi diritti che hanno i cittadini in Israele non ci sarebbe mai stato un 7 Ottobre. La condizione dei palestinesi che vivono a Gaza è catastrofica sin da prima del 7 ottobre. Quando viene detto che Gaza viene amministrata da Hamas è una menzogna: Israele controlla gli ingressi via cielo, terra e mare». Ergo esecuzioni sommarie, smembramenti, bimbi bruciati, seni affettati e il resto del campionario demoniaco, semplicemente, pareggerebbero i piatti della bilancia. In studio c’è anche Mauro Mazza: «Questo giustifica il 7 ottobre?». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44595778]] «Io non giustifico il 7 ottobre, ma lo comprendo, che è una questione ben diversa», ribatte Maya. Ma l’applicazione del dispositivo verbale «comprendo ma non condivido» di fronte al pogrom è una degenerazione inaccettabile. O meglio, lo era. In collegamento c’è Emanuele Fiano, ebreo, critico con Netanyahu. E scuote la testa, così come la scuote un politico per marcare le distanze dalla fazione opposta. Non è un’accusa a Fiano: è una descrizione dell’orribile stato delle cose di cui lui stesso è vittima. Scuotere la testa pare il massimo di cui disporre per dissentire senza correre il rischio di essere etichettato come “complice del genocidio”. Se Fiano, urlando, si fosse strappato la camicia per la rabbia non avrebbe avuto un briciolo di torto E Formigli? Di fronte a Maya e al «comprendo il 7 Ottobre» neppure scuote il capo. Ma prende la parola: «Maya, calma...». Eccepisce? No. «L'ipotesi di uno stato binazionale può sembrare particolarmente utopistica, ma ce l'ha anche lo storico israeliano Ilan Pappè». Tutto in cavalleria, il giustificazionismo del 7 Ottobre è sdoganato. Silenti ad ascoltare il verbo di Maya, secondo cui «bisogna avere uno stato unico in cui possano convivere ebrei, arabi e cristiani». D'altronde, puntella Formigli, lo pensa anche Pappè...

Malattie rare, Borzaga: "Ascolto è la prima forma di cura"

Malattie rare, Borzaga: "Ascolto è la prima forma di cura"

Roma, 18 ott. (Adnkronos Salute) - “L'ho visto in prima persona con la malattia di mio padre: l'ascolto migliora la cura del paziente ma anche quella di chi gli sta intorno, un approccio fondamentale per sopportare meglio il calvario di questa malattia". Lo ha detto Anna Borzaga, volontaria di Aisla Trentino e figlia dell'economista trentino Carlo Borzaga, intervenendo durante il seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con Arisla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla) e i centri clinici NeMo. Raccontando con commozione la malattia del padre, ripercorrendo anche il ruolo di chi gli è stato vicino, dai medici agli amici, Borzaga ha ricordato che dietro la ricerca ci sono sempre persone. “L'esperienza individuale diventa gesto collettivo e costruisce fiducia, senso e prossimità”, ha spiegato.