"Signora in giallo" in buone mani: tocca a Jamie Lee Curtis

"Signora in giallo" in buone mani: tocca a Jamie Lee Curtis

Ebbene sì, torna La signora in giallo. A raccogliere l’eredità di Angela Lansbury, mitica signora Fletcher scomparsa nel 2022 a 96 anni, sarà un altro mito del cinema, Jamie Lee Curtis. La notizia girava da tempo e ora è stata confermata dalla stessa attrice sul red carpet di Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo, commedia in cui sarà protagonista accanto a Lindsay Lohan. Non si tratterà di una serie tv ma di un film. «Sta per accadere - ha detto la Curtis- Manca ancora un pochino, ma siamo molto eccitati, davvero molto». E ancora: «Sto frenando il mio entusiasmo finché non cominciamo a girare. Ho un paio di altre cose da sbrigare e poi potrò godermi questo lavoro». Il film sarà scritto da Lauren Schuker Blum e Rebecca Angelo e prodotto da Lord Miller e Amy Pascal. La signora in giallo è andata in onda dal 1984 per ben dodici stagioni sulla CBS per un totale di 264 episodi, a cui vanno aggiunti quattro film per la tv realizzati tra il 1997 e il 2003, ma è diventata un grande classico anche da noi, replicata negli anni fino a oggi e sempre con grande risposta da parte del pubblico. Per la serie Angela Lansbury ha ricevuto la bellezza di dodici nomination consecutive agli Emmy Awards, pur senza vincere nemmeno un premio. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43529804]] Quanto a Jamie Lee Curtis, sappiamo che si tratta di una delle attrici più amate di Hollywood. Protagonista di numerosi film di successo come Una poltrona per due, Un pesce di nome Wanda, True Lies e Cena con delitto-Knives Out, ha ottenuto diversi riconoscimenti prestigiosi, arrivando a vincere la statuetta d’oro come Miglior attrice non protagonista peril ruolo di Deirdre Beaubeirdre nel film Everything Everywhere All at Once alla 95ª edizione degli Oscar. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43531490]]

Giuseppe Conte "flirta" coi rivali di Elly Schlein: verso la rottura

Giuseppe Conte "flirta" coi rivali di Elly Schlein: verso la rottura

La coppia non piace alla gente che piace. Elly Schlein e Giuseppe Conte sono da due anni i promessi sposi di un matrimonio sul quale in tanti hanno da ridire. Da quando è esploso il caso Marche, con l’inchiesta per corruzione che coinvolge il candidato del campo largo, Matteo Ricci, non passa giorno senza che un raffinato analista si esibisca in un elenco delle ragioni per cui l’unione non s’ha da fare. Marco Travaglio, il grande influencer dei grillini, ha scritto ripetutamente che sostenere un indagato di quel tipo sarebbe un suicidio per i suoi beniamini. Per una volta il direttore del Fatto Quotidiano è d’accordo con la grande stampa progressista, che lui sbeffeggia per professione. Sui giornali è tempo di retroscena sulle ambizioni di Giuseppi a sgambettare Elly, facendola perdere nelle Marche per farle perdere poi il partito e presentarsi quindi a tutte le sinistre come l’unico credibile sfidante di Giorgia Meloni, in vista Politiche 2027. D’altronde, nell’ottica dell’avvocato pugliese, il candidato grillino Roberto Fico in Campania è sacrificabile, casomai il suo passo indietro ad Ancona dovesse far saltare tutta l’alleanza per le Regionali. Certo è più sacrificabile l’ex presidente della Camera del rapporto di assistenza che l’ex premier ha con Travaglio. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43529796]] Il fatto è che nessuno sa se Conte alla fine spaccherà il campo largo sul caso Marche, per il semplice fatto che al momento non lo sa neppure lui. Per ora è più no che sì, ma quella verso Ricci è una fiducia d’ufficio. Finché l’impianto accusatorio resta quello emerso, va bene, però l’ex premier teme che la situazione del candidato del campo largo possa complicarsi dopo l’interrogatorio di mercoledì prossimo. In tal caso, restare potrebbe essere più difficile che rompere. Quindi il fidanzamento al momento tiene, ma richiede sforzi quotidiani. Sono cambiati i tempi e ora è lei la cacciatrice e lui la preda. La leader del Pd non perde occasione per inviare rose e fare dichiarazioni d’amore al capo di M5S. L’avvocato però fa il prezioso, pone condizioni, ostenta scarso entusiasmo, flirta anche con i rivali della Nazarena, come in Campania con il governatore uscente, Vincenzo De Luca. La segretaria dem tuttavia è una corteggiatrice tenace. Anche ieri è arrivato il suo appello: «Siamo al lavoro per chiudere alleanze competitive e inclusive nelle Regioni per battere le destre. Dialoghiamo per tenere insieme tutti». La Nazarena fa bene a spendersi, perché più d’uno nel Pd non ragiona poi tanto diversamente dal leader pentastellato ed è pronto con la bottiglia di champagne, da stappare casomai egli annunciasse che lascia ancora una volta i dem da soli. Far fuori Schlein è un potenziale collante del campo largo che Elly sogna. Certo, rompere l’alleanza giallorossa sarebbe un suicidio per il leader di M5S, se davvero egli, come si dice, sogna un ritorno a Palazzo Chigi, perché la sinistra può vincere solo se unisce tutti, ma proprio tutti. Però mancano ancora due anni, se si strappa oggi c’è tempo per ricucire, magari con una figura a guida del Pd meno simile a quella di Conte e in attesa di una possibile nuova legge elettorale. Tra i dem c’è la convinzione che, qualsiasi cosa dovesse decidere nelle Marche il leader di M5S adesso, la scelta definitiva sul campo largo la farà solo in prossimità delle Politiche: se la sinistra avrà una possibilità concreta di vittoria, e quindi di garantirgli un incarico molto pesante al governo o in Parlamento, l’accordo si troverà, con Schlein o con chiunque nel frattempo l’abbia sostituita alla segreteria. Scenari troppo lontani, conviene rifocalizzarsi sulle Marche, in particolare sulla procura di Pesaro, città dove Ricci è stato apprezzato sindaco. La vicenda è nota: il Comune ha dato appalti senza gara attraverso due associazioni gestite da fedelissimi dell’ex sindaco, che lui ha voluto fortemente e che ora ripudia. I magistrati parlano di corruzione, per lucrare consenso con i soldi pubblici a carico del candidato governatore, per mettersi in tasca anche qualche centinaio di migliaia di euro per quel che riguarda i suoi ex fidati. A cambiare il quadro, e spingere Conte a lasciare il tavolo, potrebbe essere qualche novità. Ricci ha detto di non occuparsi degli affidi nella sua città, e non è una gran difesa per un sindaco vantarsi di disinteressarsi di come viene amministrato il denaro pubblico. Però una cosa il candidato governatore non può negare: le lettere con le quali chiedeva agli imprenditori locali di sponsorizzare eventi e opere: gradito contributo volontario, minimo quarantamila euro, era il tenore della richiesta. In quanti hanno versato? E quanti soldi sono stati effettivamente raccolti? È avanzato qualche quattrino dai lavori, e in tal caso, dov’è finito o a cosa è servito? Sono le domande che oggi probabilmente i magistrati faranno a Massimiliano Santini, l’alter ego di Ricci per gli eventi e alle quali non ha voluto rispondere, sabato, Stefano Esposto, l’altro uomo di fiducia del sindaco, presidente delle due associazioni che gestivano tutto. Conte aspetta, dubbioso se i conti del suo candidato torneranno. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43529802]]

Romano Prodi, la sparata: "Guerre, la destra identitaria è pericolosa"

Romano Prodi, la sparata: "Guerre, la destra identitaria è pericolosa"

"Parlare di Gaza? È un dovere morale". A dirlo è Romano Prodi , che torna sulle parole di Emmanuel Macron. Per l'ex presidente della Commissione europea e due volte presidente del Consiglio quanto fatto dal presidente francese è "quasi non dico una riparazione, ma una presa d’atto che bisogna in qualche modo decidersi se vogliamo trovare una soluzione, concordata o meno, nella tragedia che si sta consumando". Intervistato dal Giorno , Prodi non ha dubbi su quanto sta accadendo: "Non c’è solo il dramma di Gaza. La Cisgiordania ormai è ridotta a piccole enclave di palestinesi che non hanno più libertà di movimento. Il governo israeliano comanda direttamente o attraverso i coloni, approfittando della debolezza e anche della corruzione che l’Autorità Nazionale Palestinese ha avuto nel tempo. Ma stavolta indubbiamente Netanyahu vuole farla finita". Un parere non in linea con quello di Giorgia Meloni . Il premier italiano si è detto sì d'accordo con la soluzione dei due Stati, ma non in un momento del genere. Quanto basta a scatenare le reazioni della sinistra. Prodi compreso. E, in barba agli elogi internazionali alla leader di Fratelli d'Italia, il fu premier arriva a dire che "l'Italia ha perso il suo ruolo. Non può più esercitare quell’influenza per la quale ha lavorato tanti anni e che ci è sempre stata riconosciuta da tutti. Mi ricordo i colloqui che ho avuto con i vari leader in Medioriente. Abbiamo perduto un grande patrimonio, non è tutta responsabilità dell’attuale governo, ma di certo ha impresso un’accelerazione al processo". Ma l'Ue a suo dire non è da meno: "Dobbiamo ritornare a decidere. La prima cosa è fare un referendum europeo per l’abolizione dell’unanimità che ci sta paralizzando". [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43197465]] La colpa? Anche di Donald Trump . "È cambiato il mondo - prosegue Prodi -. Trump ha inaugurato e ha messo il sigillo su una tendenza che già c’era: l’indebolimento delle democrazie e l’aumento dell’autoritarismo. Dialoga solo con Putin e Erdogan. E forse con Xi. Trump disprezza la democrazia e il significato profondo della democrazia. Ritiene che la democrazia non sia capace di decidere. Di conseguenza, disprezza l’Europa". Se a questo poi si aggiunge il fatto che per l'economista "la nuova destra europea è sempre più identitaria. Ed è una china pericolosa. Basti ricordare i conflitti scoppiati nei secoli scorsi". In tutto questo dove si posiziona Meloni? "Sta con Trump senza poter rompere con l’Europa. Mantiene una posizione ambigua senza poter mettere in atto una mediazione attiva. Firma un contratto di assicurazione per il suo futuro, ma rende l’Italia periferica", conclude.

Papillon, Steve McQueen tira ancora (e Rai 3 gode)

Papillon, Steve McQueen tira ancora (e Rai 3 gode)

Vi proponiamo "Tele...raccomando", la rubrica di Klaus Davi dedicata al piccolo schermo CHI SALE ( Papillon / Rai 3) Rai 3 ha trovato un modo originale per “cavalcare” il tema carceri. A poche ore dall’annuncio della premier che ha pianificato un investimento importante per edificare nuove strutture, dall’archivio Rai spunta l’evergreen “Papillon”, film del 1973 che racconta il tentativo di due galeotti, Papillon appunto (interpretato da Steve McQueen) e il falsario Louis Dega (Dustin Hoffman), di evadere da un carcere durissimo della Guyana francese in cui erano condannati ai lavori forzati. Per i critici di allora più che un’inchiesta sulle condizioni dei detenuti, il lungometraggio rappresentava un atto d’accusa contro il conformismo, i pregiudizi e i poteri precostituiti da cui ci si doveva “liberare” mentalmente. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43511659]] Oggi è una narrazione ancora attuale delle condizioni non sempre umane della vita carceraria. Mala sensibilità è cambiata, il tema non è più la “fuga” dalle prigioni, ma il fatto che siano efficaci dal punto di vista della rieducazione. Rai 3 supera il 5% con quasi 600mila spettatori sabato in prime time e tiene testa a Rete 4 che invece puntava su Pieraccioni. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43529804]]

Max Verstappen "ha deciso: ecco dove correrà l'anno prossimo"

Max Verstappen "ha deciso: ecco dove correrà l'anno prossimo"

Nonostante un weekend agrodolce a Spa-Francorchamps, con la vittoria nella Sprint del sabato e un quarto posto nella gara principale, Max Verstappen è tornato al centro delle voci di mercato che lo vogliono in Mercedes per la prossima stagione. Per la terza gara consecutiva l’olandese è rimasto fuori dal podio — una rarità che non si verificava dal 2019 — ma secondo Erik van Haren del De Telegraaf , voce autorevole nel paddock, c’è motivo per festeggiare in casa Red Bull . Secondo il giornalista olandese, Verstappen avrebbe ormai deciso di restare a Milton Keynes anche nel 2026, anno di debutto del nuovo regolamento tecnico. La sua permanenza rappresenterebbe un importante segnale di fiducia nel progetto Red Bull, che affronterà quella stagione con un motore costruito in casa. Il risultato di Spa — quarto posto per Max, quinto per Russell — ha inoltre rafforzato la sua posizione in classifica , allontanando ogni rischio di sorpasso in ottica pausa estiva e, con questo, la possibilità di attivare la clausola di uscita dal contratto, che scade nel 2028. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43531345]] La cosiddetta “exit clause”, collegata a risultati e posizioni in classifica, sembra dunque destinata a rimanere solo sulla carta . Ma anche al di là dei vincoli contrattuali, Verstappen appare intenzionato a restare: il nuovo management tecnico, guidato da Laurent Mekies, sembra aver convinto il campione di Hasselt a non forzare alcuna decisione. Il 2026 resta un punto di svolta : sarà allora, dopo aver valutato i nuovi equilibri tecnici, che Verstappen potrà considerare eventuali alternative, magari in Mercedes, Ferrari o Aston Martin. Ma se Red Bull dovesse presentarsi ancora con una monoposto vincente, la sua prima scelta potrebbe restare e non cambiare. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43519929]]