Landini, stoccata di Gianfranco Pasquino: "Dovrebbe solo scusarsi"

Landini, stoccata di Gianfranco Pasquino: "Dovrebbe solo scusarsi"

Maurizio Landini ? "Dovrebbe solo scusarsi. Non basta ammettere l’errore". A dirlo non è un esponente di destra, ma Gianfranco Pasquino . Il politologo torna sul "cortigiana" dato dal segretario della Cgil al premier Giorgia Meloni . Un insulto che la stessa sinistra, invece di censurare, giustifica. "Il vero problema è quando si esagera o meglio si abusa di affermazioni azzardate. Preferivo, ad esempio, il sindacato che si esprimeva sui temi a quello che utilizza parole poco eloquenti negli studi televisivi. Se Landini pensava che la premier fosse troppo servile nei confronti di Trump, doveva argomentare e non utilizzare epiteti - tuona intervistato dal Tempo -. Per dire io non la penso come Ranucci o come il Tempo, occorre farlo con delle tesi, non minacciando o peggio ricorrendo alle vie legali. Certe materie si possono risolvere solo attraverso un dibattito aperto e plurale". Una difficoltà, quella nel confrontarsi, che a detta del professore emerito di scienza politica nell'Università di Bologna, risiede nel fatto che "molti di coloro che oggi sono in politica sono abbastanza approssimativi, superficiali o peggio ignoranti . Pensano che un’iperbole, un superlativo o un’accusa fuori luogo sia l’unico modo per ritagliarsi spazio sui giornali". [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44496034]] E il caso di Landini sembra l'esempio più lampante. Durante un suo intervento a DiMartedì, il programma condotto da Giovanni Floris , il sindacalista ha definito la presidente del Consiglio una "cortigiana di Donald Trump", accusandola di non "aver mosso un dito" per fermare Israele. Solo sollecitato dal conduttore, ha provato a correggere il tiro: "Intendevo ‘stare alla corte di Trump’". Ma tutto questo non è bastato.

Portogallo, il parlamento vieta il velo islamico. Ma la Sinistra si oppone

Portogallo, il parlamento vieta il velo islamico. Ma la Sinistra si oppone

Burqa vietato in Portogallo ma la Sinistra vota contro. Il parlamento ha approvato il disegno di legge che proibisce il velo che coprono il viso usato per "motivi religiosi". Non potranno essere più indossati burqa, niqab, chdor che coprano interamente la testa della donna oltre che il corpo. Nessun movimento invece per l'hijab, il tradizionale fazzoletto utilizzato per coprire i capelli ma che lascia scoperto il viso. "È una legge che libera che donne musulmane", spiega Chega, il partito che ha promosso l'iniziativa. Che, però, è "di destra". Così quando il disegno di legge è andato in aula per il voto, la Sinistra socialista più che la battaglia in favore dell'emancipazione femminile, ha preferito lo scontro con la Destra. Con l'appoggio della maggioranza, che in Portogallo è formata da partiti conservatori, la proposta del Chega è divenuta legge. Che ora dovrà essere promulgata dal presidente della Repubblica per essere applicata. Una conquista di civiltà, secondo i moderni canoni occidentali, che non ha mancato di attirare l'attenzione del mondo arabo. Perché la nuova legge prevede anche delle multe, da 200 a 4.000 euro per chi indossa burqa e niqab in pubblico. E costringere qualcuno a indossarne uno è punibile con pene detentive fino a tre anni.

La vera sfida è su chi è riformista. Il commento di Merlo

La vera sfida è su chi è riformista. Il commento di Merlo

Un tempo la chiamavano cultura di governo. È quella postura, e quello stile, che avevano caratterizzato per quasi 50 anni la cosiddetta prima repubblica con il ruolo politico decisivo e determinante della Democrazia Cristiana. Cultura di governo che, però, coincideva con l’altro pilastro che storicamente caratterizza le società democratiche e plurali: ovvero, la prassi e […]

Caso-Landini, così se sei di destra per i compagni sei meno donna

Caso-Landini, così se sei di destra per i compagni sei meno donna

Ve la ricordate la morra cinese? Certo che sì: carta batte sasso, sasso batte forbice, forbice batte carta. Ecco, nella morra woke della sinistra, l’essere “di destra” (stigma negativo incancellabile) prevale come maledizione sulla benedizione dell’esser donna. Morale? Giorgia Meloni , essendo donna ma pure di destra, è per così dire “un po’ meno donna”, e dunque a lei - in quanto di destra - può esser detto di tutto, e anche l’insulto greve e gratuito di Maurizio Landini è già oggetto di amnistia e di amnesia. E allora eccoli lì (ed eccole lì) a fare le capriole, ad arrampicarsi su specchiere scivolosissime, quelli e quelle che urlavano contro il sessismo e contro il patriarcato. Oplà, stavolta il problema non sussiste più. Impagabile, in primissima fila, c’è Laura Boldrini , una che ha costruito mezza carriera politica sulla battaglia delle desinenze, che dichiara a Repubblica che il povero Landini è stato frainteso, che si è trattato di un equivoco: lui intendeva “cortigiana” nel senso di “cortigiano” (però al femminile), quindi persona alla corte di Trump. Mica voleva offendere. Ah sì? Ecco a ruota tutta una schiera di giustificazionisti che spiegano che il Landini, forse lessicalmente disagiato, anzi linguisticamente svantaggiato, non ha saputo scegliere bene la parola. Devono essere gli stessi che nelle scorse settimane sentenziavano che Beatrice Venezi non avrebbe le competenze per dirigere alla Fenice di Venezia. Virtuosi del doppio standard, poeti dell’autogol, esteti della contraddizione. Non poteva mancare Elly Schlein. Pure lei ieri si è precipitata a difendere Landini, come vi racconta l’edizione di stamattina di Libero. Insomma (sintetizzo con parole mie) il segretario della Cgil ha già chiarito, basta con questa Meloni che fa la vittimista. Va bene, ce ne ricorderemo la prossima volta a parti invertite. Per il momento, diciamo che con difensori di questo tipo - metaforicamente parlando - l’imputato Landini rischia l’ergastolo. Sarebbe in mani migliori se si facesse assistere dal mitico avvocato Lovati. Si scherza, naturalmente. Ma - a ben vedere - sia l’infortunio landiniano sia il goffo e controproducente soccorso che gli è giunto dal fronte progressista pongono un problema più generale, e cioè quello della sinistra e della destra alla guerra delle parole, cioè alle prese con la sfida della dialettica. Da questo punto di vista, per la seconda volta in quattro anni, campeggia in libreria (oltre che da Fabio Fazio e in tutti gli altri salotti progressisti chicchissimi) un saggio di Gianrico Carofiglio che si dedica più o meno a questo tema. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44604582]] Nel 2021 il titolo era La nuova manomissione delle parole, mentre in questo 2025, per le edizioni Feltrinelli, il titolo è Con parole precise. Manuale di autodifesa civile. Con abilità, compiacendo il pubblico di sinistra, Carofiglio lascia intendere che la destra oggi tenda a vincere perché manipola il discorso pubblico, perché intorta gli elettori, perché gli orridi sovranisti/populisti/fascisti sono capaci di distorcere una comunicazione onesta e trasparente. Capite bene che - da una strillata landiniana a un elegante saggio carofigliesco - la sinistra si mette sempre in una situazione che il grande Karl Popper avrebbe definito “non falsificabile”. Occhio, perché nel linguaggio di quel pensatore non si tratta di un complimento, ma della denuncia di un modo di procedere non scientifico, dolosamente sottratto alla controprova e alla dimostrazione, fatto appositamente per sottrarsi a qualunque verifica razionale. Ecco qua: se Landini insulta, è solo un equivoco, una svista lessicale. Se invece è la destra che parla, o offende o manipola. Se la sinistra vince, il popolo è saggio. Ma se è la destra a prevalere, allora il popolo è tonto o ingannato. Se un programma tv è gestito da un conduttore di destra, è macchina dell’odio. Se invece è gestito da un conduttore di sinistra, è controinformazione. Se un giornale è nell’area culturale di centrodestra, allora manganella. Se invece sta a sinistra, allora fa resistenza. Questo generatore automatico di doppi standard è sempre operativo, non conosce soste né pause, è tecnicamente inesauribile. C’è solo un problema. Che, pur senza essere semiologi o esperti di comunicazione, gli italiani questi giochetti li hanno già ampiamente capiti e smascherati. Serve a poco fare i finti tonti (come il Landini che non saprebbe scegliere le parole) o fare i troppo furbi (come il Carofiglio che analizza le presunte manipolazioni della perfida destra). Compagni, sveglia: gli elettori non ci cascano più.

Sci, Sofia Goggia: Cortina è casa, la poesia delle Tofane all'alba

Sci, Sofia Goggia: Cortina è casa, la poesia delle Tofane all'alba

Milano, 18 ott. (askanews) - Sofia Goggia parla di Cortina come di un luogo dell'anima. Al Media Day FISI di Apreski Milano Mountain Show la campionessa di sci alpino ne racconta la magia quotidiana: la seggiovia che sale nel silenzio, la luce dell'alba che accende le Tofane, il boato del pubblico del traguardo. Un legame che intreccia sport, bellezza e appartenenza. "Quando mi chiedono di Cortina io dico sempre che c'è un'immagine di quel posto che indelebile nella mia testa e che nulla al mondo, un'Olimpiade andata bene, un Olimpiade andata male, potrà scalfire. È che quella seggiovia vecchia a tre posti che dalla duca d'Aosta ci porta alla partenza e quando la prendiamo d'inverno nel silenzio di quella conca, quando il sole sta sorgendo, illumina con i primi raggi sole Tofane che diventano arancione, poterlo vivere da quella seggiovia sulla neve con una pista preparata perfettamente è pura poesia. Quindi Cortina per me sarà sempre questo, indipendentemente dalle gare che sono riuscita a vincere, da quelle dove sono andata peggio e da quelle che mi aspettano ancora in quella località" ha detto Goggia. "Poi per me Cortina è sempre stata un po' casa, è un posto magico, basta guardarsi attorno che ti senti circondato dalla bellezza del creato. Quindi per me è qualcosa che emoziona, solo il pensiero di quel posto. E poi le persone spesso, io ho vinto quattro discese, ho fatto comunque altri poi eh sia in super G che in discesa e quando arrivi in fondo che senti il boato delle persone è qualcosa, mi viene una pelle d'oca, è qualcosa è qualcosa di speciale, che va oltre l'aspetto sportivo, è qualcosa che ti entra, un'emozione fortissima che ti entra dentro ed è bellissimo."

Gaza, il presidio a Milano coi portuali di Genova: “La mobilitazione deve continuare. Antisemitismo? Panzane” – Video

Gaza, il presidio a Milano coi portuali di Genova: “La mobilitazione deve continuare. Antisemitismo? Panzane” – Video

Davanti a Palazzo Marino, a Milano, si è svolta un’assemblea in sostegno della Palestina, convocata per tradurre in azione le mobilitazioni cittadine e mettere a punto metodi efficaci di ascolto e contestazione. Tra i partecipanti è intervenuto Romeo Pellicciari, portuale di Genova, che ha rivendicato la continuità dell’iniziativa al grido di “blocchiamo tutto”. “La movimentazione […] L'articolo Gaza, il presidio a Milano coi portuali di Genova: “La mobilitazione deve continuare. Antisemitismo? Panzane” – Video proviene da Il Fatto Quotidiano .

Festa Roma, Fiorella Infascelli: racconto i giurati del maxiprocesso

Festa Roma, Fiorella Infascelli: racconto i giurati del maxiprocesso

Roma, 18 ott. (askanews) -Presentato in anteprima fuori concorso nella sezione Freestyle alla Festa del Cinema di Roma, "La camera di consiglio", il nuovo film di Fiorella Infascelli (poi nelle sale dal 20 novembre), affronta l'episodio giudiziario che ha cambiato il Paese, il Maxiprocesso di Palermo contro la mafia, riflettendo sull'esperienza umana e civile di chi ha dovuto decidere il destino di 460 imputati. La regista: "Quello che io volevo raccontare era cosa accadeva in questi 35 giorni dentro un appartamento blindato in cui non si poteva scrivere e praticare, non c'era televisione, non c'era la radio, completamente isolati, con la paura, perché erano due anni che partecipavano al maxiprocesso, scortati, con molte minacce. E quindi volevo raccontare la storia di questi otto giurati, sei popolari e due togati, e capire cosa succedeva, oltre al loro coraggio, molto importante oggi, secondo me. Il coraggio per il bene comune, per gli altri". Sergio Rubini e Massimo Popolizio sono rispettivamente il presidente della giuria e il giudice a latere, che nella realtà fu Pietro Grasso. "Ho avuto la consulenza di Grasso ma è stato anche altrettanto importante avere avuto un rapporto molto stretto con le due giurate e ringrazio ancora Francesca Vitale che purtroppo è morta cinque giorni fa, sono state fondamentali anche perché per me era fondamentale che c'erano quattro donne nella giuria quando tutto il maxiprocesso era fatto da uomini, avvocati, mafiosi, giornalisti". Sergio Rubini: "Siamo stati una sera a cena con Grasso, ci ha raccontato che la moglie una volta, una mattina si è svegliata e scesa di sotto, ha trovato la sua macchina segata in due, perfettamente segata in due". "Grasso ha anche fatto a meno della scorta per un periodo, non girava armato mentre io interpreto un personaggio diverso, che ha una 'paura fottuta', che gira armato, ma non che questo mi abbia dato un'idea di pavidità. Mi sembra che reagire con la paura al pericolo sia una peculiarità umana. Gli eroi hanno paura, altrimenti sarebbero degli incoscienti".