'Back to life', Gsk sostiene il docufilm di Giovanni Allevi presentato alla Festa del Cinema di Roma

'Back to life', Gsk sostiene il docufilm di Giovanni Allevi presentato alla Festa del Cinema di Roma

Roma, 18 ott. (Adnkronos Salute) - "Un'azienda è fatta di persone, che non sono solo il loro lavoro, ma tutto ciò che le rende uniche: passioni, paure, sogni, fragilità. A volte anche una malattia oncologica". Così Fabio Landazabal, presidente e amministratore delegato di Gsk Italia spiega, in una nota, il motivo per cui la farmaceutica ha deciso di sostenere il progetto del docufilm 'Allevi Back to Life' del musicista Giovanni Allevi, che racconta il percorso di malattia e la rinascita dell'artista colpito da una patologia oncologica. La pellicola, per la regia Simone Valentini, presentata oggi, nella sezione ‘Special Screening', alla Festa del Cinema di Roma, sarà nelle sale cinematografiche il 17, 18 e 19 novembre prossimi. “In Gsk abbiamo costruito un ambiente che accoglie e sostiene chi attraversa momenti difficili - aggiunge Landazabal - Lo facciamo con progetti concreti, ma anche con il senso di appartenenza, l'amicizia e la cura reciproca. La speranza è un filo che non deve mai spezzarsi, e noi abbiamo il privilegio e la responsabilità di alimentarla, anche attraverso storie come questa”. Del resto, “il percorso di malattia di un paziente che riceve una diagnosi oncologica - afferma Barbara Grassi, vice president, direttore medico scientifico di Gsk Italia - ha un impatto enorme sulla persona e sui suoi affetti. A partire dalla diagnosi, che è un momento sconvolgente che segna un prima e un dopo. Un giorno non hai niente, quello dopo, tutto. Da quel momento diventano importanti gli attimi e le persone: i medici in primo luogo, ma anche la famiglia, gli amici, i colleghi di lavoro. Perché, per fortuna, il cancro non è più una sentenza senza appello - osserva - Per molte neoplasie la sopravvivenza è aumentata, ha raggiunto anni, e per alcune di queste - il tumore al seno, quello all'endometrio, il mieloma, per fare qualche esempio - gli oncologi e gli ematologi oggi si spingono dove mai erano arrivati: a parlare di guarigione. Il film non parla di guarigione ma ne è la grammatica, è un percorso che dimostra che si può fare: che al traguardo non mancano molti chilometri”. “Per noi - sottolinea Landazabal - sostenere questo progetto significa credere nel potere dei linguaggi che emozionano, parlano al cuore prima che alla mente. Il cinema ha la straordinaria capacità di raccontare la ricerca, la prevenzione, la forza della medicina in modo universale. È un ponte tra la scienza e le persone. La storia di Giovanni Allevi è una testimonianza di rinascita: la cura è fatta di farmaci, ma anche di parole, di abbracci, di coraggio condiviso”. Un'azienda farmaceutica “studia, fa ricerca e produce soluzioni terapeutiche dove c'è un bisogno per migliorare gli outcome di salute - evidenzia Grassi - Lo fa in maniera etica, responsabile con persone che vi lavorano con grande passione, impegno e determinazione". "Quello che mi conforta e mi rende orgogliosa di far parte di questa storia è la scelta di occuparci di mettere a punto soluzioni terapeutiche per tumori rari, quelli che oggi sono privi di risposta o non ne hanno ancora una adeguata. Ogni neoplasia - precisa Grassi - sono centinaia di volti che aspettano di tornare a sorridere. Negli ultimi anni ci siamo riusciti nel tumore dell'endometrio e nel mieloma e questa è la più grande soddisfazione professionale che si possa avere. Il sostegno al film prescinde la nostra attività. L'abbiamo sposato senza sapere nemmeno il contenuto, se non a grandi linee. Ci siamo solo assicurati che non si parlasse di alcun tipo di farmaco, perché in questa storia la cosa fondamentale è un'altra: la consapevolezza - conclude - che c'è un futuro, c'è una vita che ritorna e che non è mai finita, finchè non è finita”.

Il passo indietro del principe Andrea : "la cosa giusta" per i londinesi

Il passo indietro del principe Andrea : "la cosa giusta" per i londinesi

Londra, 18 ott. (askanews) - Giusto così, dice la gente per le strade di Londra. La casa reale di Windsor si è imposta: l'ultimo scandalo è stato fatale al principe Andrea, convocato dal fratello re Carlo III, che gli ha comunicato la necessità di rinunciare al titolo di Duca di York assegnatogli dalla madre, nonché di rinunciare a due onorificenze, quella di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Vittoriano e quella antica e prestigiosissima di Cavaliere Reale del Nobilissimo Ordine della Giarrettiera. Gli resta solo il titolo di principe che non può essergli revocato, essendo figlio della regina Elisabetta. Il 21 ottobre esce in libreria "Nobody's Girl", il libro con le memorie postume di Virginia Giuffre. Negli estratti pubblicati dal Guardian, la principale accusatrice nel caso del criminale sessuale Jeffrey Epstein, morta suicida lo scorso aprile, racconta i tre rapporti che avrebbe avuto con il principe quando aveva solo 17 anni. Lui, più che quarantenne, avrebbe indovinato la sua età aggiungendo di avere una figlia poco più giovane. Giuffre narra del giro di ragazze di Epstein, molte minorenni, sfruttate sessualmente a beneficio proprio e di amici vip e potenti. La frequentazione del principe Andrea con Epstein (non era il solo; fra gli altri, Donald Trump) aveva già spinto Elisabetta II cinque anni fa a imporgli di lasciare la vita pubblica e gli impegni reali ufficiali. "Dopo aver discusso con il re e con la mia famiglia abbiamo concluso che le accuse continue nei miei confronti distolgono l'attenzione dal lavoro di Sua Maestà e della famiglia reale" recita il comunicato firmato da Andrea. Tecnicamente, manterrà il ducato che può essere revocato solo con un atto del Parlamento, ma non ne farà uso. "E' il minimo" dice Juliette, "la famiglia reale ha talmente tanta influenza, non si può associare a queste cose. E' la decisione giusta". "La famiglia reale gode di alta considerazione nel Regno" dice Kat Sunnucks, interior designer. "Con tutto quello che è successo, mi sembra la cosa giusta e penso che tutti abbiano preso la notizia bene". "Non è una bella storia per la famiglia reale. Adesso direi che lo hanno espulso, per loro la cosa migliore" dice Tracey Champion.

Più di 200 chili di hashish in un deposito nel Milanese: la polizia arresta due uomini. Il video della scoperta

Più di 200 chili di hashish in un deposito nel Milanese: la polizia arresta due uomini. Il video della scoperta

Quasi 200 chili di hashish in un deposito di Robecchetto con Induno, nel Milanese, e altri 30 consegnati all’interno di due borse nel parcheggio di un locale a Turbigo. A sequestrarli sono stati gli agenti della squadra mobile di Milano, che coordinati dalla procura di Busto Arsizio, avevano individuato un 33enne marocchino, che spacciava tra […] L'articolo Più di 200 chili di hashish in un deposito nel Milanese: la polizia arresta due uomini. Il video della scoperta proviene da Il Fatto Quotidiano .

Sci, Brignone: guarire prima di tutto, poi penserò a tornare in pista

Sci, Brignone: guarire prima di tutto, poi penserò a tornare in pista

Milano, 18 ott. (askanews) - Al Media Day FISI dell'Apreski Milano Mountain Show, Federica Brignone parla con serenità del suo percorso. L'infortunio l'ha fermata, ma non ha intaccato la sua voglia di lavorare né la fiducia nel futuro. A novembre non sarà in gara: prima la guarigione, poi la neve. Le Olimpiadi di casa restano un sogno, ma la priorità è tornare a stare bene. "Ho ancora bisogno di lavoro, ancora bisogno di guarire, ancora bisogno di lavorare tanto e basta. Però io sto bene, non ho mai non ho mai perso la mia positività, non ho mai perso la mia voglia di lavorare, ovviamente ho avuto periodi più facili e un po' meno e un po' meno facili, un po' più difficili, dove stavo meglio, dove stavo un po' peggio. È normale in un percorso di questo tipo e e comunque sto bene, grazie mille" ha detto la sciatrice, tre medaglie olimpiche e cinque iridate, due Coppe del Mondo generali e cinque di specialità. "A novembre sicuramente non mi vedrete, quindi non ho idea come funzionino le regole, sinceramente. Finché non metto gli sci non so neanche se potrò, ne parlerò ovviamente con i responsabili, anche perché noi abbiamo una squadra fortissima, abbiamo delle ragazze comunque van forte e se loro si meritano il posto più di me si meritano posto più di me". "Mi dispiace, ma non è questa Olimpiade che mi cambia la vita e mi cambia della carriera. Quello che ho fatto l'ho fatto e anzi ho fatto ben di più di quello che mai avrei potuto sognare. Sarebbe un di più, sarebbe un bel sogno, è una cosa fantastica avere delle Olimpiadi in casa e ovviamente è qualcosa che mi sarebbe piaciuto fare perché altrimenti avrei già smesso e però questa energia positiva per guarire mi serve anche per tornare a una vita normale, perché con un infortunio così non è una cosa scontata, non è una roba che che passa così. Ci vuole duro lavoro e e non è scontato che io tornassi a stare a stare bene, a fare tutto quello che mi piace. Non sono ancora tornata a sciare, quindi finché non tornerò a sciare non sono tornata" conclude Brignone di fronte alle domande dei cronisti.

“Dopo la diagnosi del mieloma mi sono chiesto ‘cosa ne sarà di me’? Mi tremavano talmente le mani da pensare di non suonare più il pianoforte”: così Giovanni Allevi

“Dopo la diagnosi del mieloma mi sono chiesto ‘cosa ne sarà di me’? Mi tremavano talmente le mani da pensare di non suonare più il pianoforte”: così Giovanni Allevi

Il docufilm “Allevi – Back To Life” viene presentato, in anteprima assoluta, oggi sabato 18 ottobre come Special Screening alla Festa del Cinema di Roma, all’Auditorium Parco della Musica – Sala Sinopoli. Mentre il 17, 18 e 19 novembre sbarcherà nei cinema italiani. Giovanni Allevi, inoltre, a partire da dicembre, partire in tour nelle città […] L'articolo “Dopo la diagnosi del mieloma mi sono chiesto ‘cosa ne sarà di me’? Mi tremavano talmente le mani da pensare di non suonare più il pianoforte”: così Giovanni Allevi proviene da Il Fatto Quotidiano .