Al via dal 16 ottobre

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Padova, 14 ott. (askanews) – Palazzo Zabarella a Padova presenta una mostra realizzata in collaborazione con il LaM, Lille Métropole Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut, dedicata ai protagonisti delle avanguardie storiche intorno ai nomi di due giganti […] L'articolo Picasso e Modigliani, a Padova vanno in scena le avanguardie sembra essere il primo su iO Donna .

Da Sting a Beyoncé: le star del pop fuggono dalle band

Da Sting a Beyoncé: le star del pop fuggono dalle band

Damiano lo corteggiano anche durante i concerti. L'altra sera a Roma si sono presentati gli altri Måneskin al gran completo: Victoria, Ethan e Thomas erano tra il pubblico del PalaEur. Chissà se basterà per farlo tornare sui suoi passi. D'altronde Damiano l'ha già spiegato in tutte le salse: la vita da band non gli basta più. Gli va stretta. È arrivato il momento di dimostrare qualcosa di più. Qualcosa di diverso. Ma è solo l'ultimo di una lunga serie di musicisti in fuga dalle band che li hanno portati al successo. Sir Paul McCartney, ad esempio, non aveva bisogno di dimostrare nulla dopo i Beatles. Eppure, quando la band si sciolse, molti pensavano che fosse finita un'era. McCartney rispose con la sola lingua che conosceva: la musica. «Non ho mai smesso di scrivere canzoni», disse nel 1970. Con i Wings e poi da solista firmò successi come «Live and let die», ancora oggi tormentone a decenni dalla sua pubblicazione. Il suo vecchio sodale, John Lennon, scelse, invece, l'introspezione. «Imagine» non fu solo una canzone ma divenne una preghiera laica. Lennon trasformò la vulnerabilità in forza e la sua arte in messaggio universale prima che la sua vita venisse tragicamente interrotta dagli spari di Mark Chapman. Negli anni '70 Peter Gabriel abbandonò i Genesis tra lo stupore generale. «Volevo respirare», spiegò. Da allora iniziò a sperimentare con suoni e immagini, portando nel pop una teatralità visionaria. Il videoclip di «Sledgehammer» con le animazioni in stop-motion è ancora oggi una lezione di arte visuale. Un altro frontman in fuga fu Sting che lasciò i Police per reinventarsi come autore sofisticato. «Non potevo restare intrappolato in tre accordi e un ritmo reggae», raccontò. Da solista abbracciò jazz, folk e musica classica diventando uno degli artisti più poliedrici della sua generazione. Più discreto ma altrettanto influente, Bryan Ferry portò la sua eleganza fuori dai Roxy Music. Dandy per vocazione, fuse pop e arte contemporanea creando un suono sofisticato e uno stile che ha segnato per anni l'estetica del cool britannico. Con George Michael, il passaggio dagli Wham! a solista fu un'evoluzione naturale ma anche una liberazione. «Faith» lo trasformò da idolo teen a icona globale. «Volevo scrivere canzoni che avessero un'anima», spiegava. Dietro i ritmi accattivanti, c'era sempre una vulnerabilità autentica, la vera chiave del suo fascino. Anche Boy George, frontman dei Culture Club, divenne un simbolo non solo musicale ma culturale. Lo stile androgino e le provocazioni aprirono una breccia nel mainstream. «Essere se stessi è l'unico modo per sopravvivere», diceva. Da solista, portò avanti la stessa battaglia di libertà e identità. Con l'arrivo del nuovo millennio la scena pop cambiò volto ma non dinamiche. Dopo le Destiny's Child, Beyoncé dominò il mondo con «Crazy in love» e un carisma travolgente. «Il potere non ti viene dato, devi prendertelo», dichiarò in un'intervista. E lei l'ha preso diventando una regina indiscussa. Justin Timberlake, partito dagli 'N Sync, fece un salto ancora più audace. «Justified» e «FutureSex/LoveSounds» lo consacrarono come il nuovo re del pop contemporaneo. Collaborando con Timbaland e Pharrell unì funk, R&B e innovazione. «Non voglio solo far ballare», promise, «voglio far dimenticare tutto mentre lo fai». Robbie Williams, invece, uscì dai Take That tra polemiche e scommesse. Nessuno immaginava che il «ragazzo difficile» sarebbe diventato la più grande popstar britannica degli anni Duemila. Con «Angels» e «Rock dj» conquistò pubblico e critica, alternando autoironia e fragilità. «Sono metà leggenda e metà disastro», scherzava. Anche in Italia, il fenomeno ha i suoi indiscussi protagonisti. Max Pezzali, lasciati gli 883, ha continuato a raccontare la vita di provincia, le notti in motorino e l'amicizia con la stessa sincerità di sempre. «Il mondo insieme a te» e «Lo strano percorso» hanno dimostrato che il suo linguaggio, semplice ma universale, apparteneva più a lui che al marchio 883. «Ho solo cambiato compagnia, non direzione», ha detto con la sua ironia. Infine, Tommaso Paradiso, volto e penna dei Thegiornalisti, ha scelto di lasciare la band all'apice del successo per seguire un istinto più personale. «Avevo bisogno di essere libero», spiegò. La sua carriera solista, tra malinconia e pop cinematografico, ha mantenuto intatto quel senso di nostalgia che lo contraddistingue e continua a farlo amare. E poi chissà. Parafrasando Califano, il ritorno non è mai davvero escluso.